Un argine agli affidamenti in house

Un articolo della voce.info spiega come la Corte di giustizia europea abbia già fissato dei paletti

“Un argine per gli affidamenti in house”. E ‘ il
titolo di un articolo pubblicato dal sito degli economisti www.lavoce.info che riprende le tesi del documento
Aitech-Assinform sul piano dei cento giorni presentato recentemente ai due
schieramenti in vista delle elezioni politiche di aprile. L’associazione di
Confindustria che raccoglie i produttori del mondo Ict si chiede infatti
se sia opportuna una presenza pubblica
fatta di oltre un centinaio di
imprese in settori come informatica, consulenza, ingegneria e marketing.


L’articolo realizzato da Marco Boccaccio e Ginevra Buzzone spiega come “in Italia il fenomeno della costituzione di società controllate da regioni ed enti locali si sia allargato a macchia d’olio.

Se a questa evoluzione (la nascita di queste società, ndr) si accompagna l’elusione
delle regole sulle gare e, quindi, la creazione di nicchie protette dalla
concorrenza vi sono seri pericoli
, osserva lavoce.info, secondo la quale esiste qualche rischio per quanto riguarda l’efficienza delle politiche di spesa delle amministrazioni locali. Con il rischio di una nuova ingiustificata espansione della presenza pubblica nelle attività economiche”.


Per questo il fenomeno degli affidamenti in house “va circoscritto entro stretti limiti”. La strada è già
stata tracciata dalla Corte di giustizia europea secondo la quale l’affidamento
in house deve essere caratterizzato come una modalità eccezionale che può
avvenire solo “a favore di una società sulla quale l’amministrazione
aggiudicatrice esercita un controllo analogo a quello da essa esercitato sui
propri servizi” .



Tale requisito va inteso in senso
sostanziale
. Non si tratta della nozione di controllo societario:
occorre che il soggetto pubblico abbia un potere assoluto di direzione,
coordinamento e supervisione dell’attività della società, tanto che questa sia
una vera e propria manus dell’ente pubblico. “La partecipazione di un
privato, anche minoritaria, al capitale della società partecipata dall’ente
locale contraddice tale condizione. Nemmeno la proprietà interamente pubblica è
condizione sufficiente: occorre verificare in concreto i poteri dell’organo di
amministrazione e l’assenza di una
“vocazione commerciale” della società”.




La Corte di giustizia chiede inoltre che la società
pubblica svolga la parte prevalente della propria attività in favore
dell’amministrazione. Se non si verificano tali condizioni
, l’attività deve essere appaltata a privati secondo le regole procedurali e sostanziali degli appalti pubblici.
“Questi principi comunitari – osservano gli autori dell’articolo – dovrebbero essere incorporati nella normativa nazionale, in materia sia di appalti sia di gestione dei servizi pubblici locali”.

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