Twitter vero e finti follower: tra ingenuità e truffa

Il furbo è un fesso che non se ne è accorto. Ma se trova qualcuno poco avveduto, scatta la truffa.

Sarà capitato anche a voi, di avere un bugiardo in famiglia.
Tante volte ci chiediamo come abbiano fatto alcune persone ad avere ampie audience digitali, intese come numero di follower o simili metriche. Chi è del settore sa bene che le misurazioni non sono cose semplici e le valutazioni vanno fatte accortamente, ma anche che basta incrociare due dati per “tanare” coloro i quali si ritengono furbi.
Davanti all’accorto il furbo fa la figura che gli spetta, quella del fesso: ma davanti ai non accorti, aumentare il proprio set di follower fa una gran figura. Anche a noi, confessiamo, è capitato di essere scartati da un cliente perché “non c’era abbastanza seguito su Twitter” o perché “quell’altro ha like a badilate”, punto e basta.
Questa introduzione serve a commentare una cosiddetta notizia degli ultimi giorni: si possono acquistare fan e follower a un dollaro al migliaio.
Averne interazioni sarà impossibile, ma tant’è, a qualcuno basta così.
La “cosiddetta” è conseguenza dello scandalo causato da alcune affermazioni di Marco Camisani Calzolari, figura ben nota alla comunità digitale.
Riassumiamo i fatti con le parole raccolte dal nostro Michele Nasi: “l’80% dei fan e dei followers delle aziende italiane” sarebbe fasullo, dichiara Calzolari. Esistono siti web che danno la possibilità, per pochi dollari, di acquistare qualche migliaio di “mi piace” su Facebook o di “seguaci” su Twitter.
Il prezzo?
Un affarone, diceva alcuni decenni fa un faccendiere a fumetti che, forse in maniera premonitrice, si chiamava Bing: appena 20 dollari per avere ben 50mila follower su Twitter e 30 dollari in cambio di 6mila “mi piace” su di una pagina Facebook.
L’articolo di Michele lo trovate qui.
La “cosiddetta” ha provocato un elevato numero di commenti, stavolta di persone reali, per lo più di due categorie: quelli a favore della scoperta (tanti) e quelli che già la sapevano (non tanti).
Basta così?
No: apparentemente si è andati oltre. Sempre sul suo profilo, già il 17 maggio Marco aggiunge: “sto ricevendo minacce più o meno esplicite a causa del coperchio che ho aperto sul mercato dei finti fans. C’è chi mi ha giurato vendetta e che mi guarderà a vista facendo il possibile per diffamare ogni mia futura attività…”. E questo va condannato.

Opinioni sul doping
Insomma si tratta di doping socialnettivo. In un approfondimento di Michele Ficara, Marco ha precisato che la percentuale dell’80% è una sua valutazione e non il frutto di una vera ricerca. “L’uso corretto e non dopato di strumenti come i social network da parte delle aziende è un argomento di cui mi interesso da molto tempo”, ha poi aggiunto.
Sarà per questo annuncio che la Ipo dell’azienda di Zuckerberg ha vissuto un lancio non esplosivo e adesso viaggia con pochi scambi sotto il prezzo di lancio?
Forse no.
Però, sempre con pochi dollari e anche dal sito citato da Marco, è possibile farsi vedere su molti altri siti e ranking, Google compreso.
Ma di quello non ne parla nessuno.
Ipo-vedenti?
Immagino poi che tra qualche mese uscirà un’altra notiziona: “Scoperta tecnica di accrescimento del set di follower in modo indistinguibile da una crescita vera. Basta acquistare follower a migliaia, un po’ ogni 15 gg, e contemporaneamente seguire a caso alcune decine di persone reali; se poi queste operazioni vengono svolte il giorno stesso di un proprio, insulso post da qualche parte, neanche Silvano il mago di Milano riuscirà a scoprire il trucco!”.
Lanciarsi contro queste cose non è una notizia. Ci sarebbe invece da chiedersi altre cose, ma la rete è come una famiglia con persone a carico, e se la famiglia è numerosa, diceva più o meno Totò, “ci carichiamo e scarichiamo a vicenda” (Totò truffa ’62, titolo non a caso).
In questo mondo interconnesso devo svolgere, anche in questo editoriale, un disclaimer: pur senza averli mai incontrati in questa veste, condivido con Marco e con Michele un posto nel comitato scientifico dell’associazione Nord-Est Digitale, comitato che conta ormai svariate decine di membri. L’ultima volta che ho incontrato Marco risale al 2009, in occasione di un convegno all’interno di Omnicom Expo.

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