Tre nuove sfide per l’innovazione

Il rapporto IDC segnala le luci e ombre del Sistema Italia: il progresso del Paese passa per infomobilità, efficienza energetica e made in Italy

L’innovazione in Italia passa per tre grandi sfide: Infomobilità, efficienza energetica e potenziamento del made in Italy. Lo scenario è stato delineato dal terzo Rapporto del Forum dell’Innovazione Digitale, presentato in occasione dell’inaugurazione di Innovation Forum 2008 – Orizzonte 2015, l’evento organizzato dalla società di analisi IDC.

Le criticità del Sistema Italia
Il Rapporto, che analizza criticità e opportunità del sistema dell’innovazione italiano, mette ancora una volta in evidenza il gap di innovazione digitale nel nostro Paese sulla base dell’incidenza della spesa IT sul PIL. Questo valore si rivela nettamente inferiore alla media UE (1,71% contro 2,71%) ed è dovuto non tanto al minore utilizzo dell’IT da parte delle imprese e delle famiglie, quanto piuttosto all’utilizzo riduttivo che sistemi produttivi e sistema sociale fanno delle infrastrutture dell’informazione, tale da non permettere l’emergere di modelli organizzativi più moderni e integrati. Il Rapporto fotografa inoltre un Paese in cui, a fianco di eccellenti esperienze pilota di innovazione, convive un sistema essenzialmente statico, caratterizzato da insufficiente spesa in ricerca e ICT e da un capitale umano poco adeguato, sia quantitativamente che dal punto di vista della formazione permanente. A questo deficit, seganala l’Indice del Sistema dell’Innovazione Regionale di IDC, si aggiunge la profonda differenza tra Nord e Sud del Paese. Lombardia, Piemonte e Lazio, da sole, concentrano il 50% dell’intero valore aggiunto del comparto dei Servizi Innovativi e Tecnologici, a conferma della frammentazione del sistema produttivo italiano.

Buono l’andamento dell’export
Allo stesso tempo però, il Sistema Italia presenta una serie di dinamiche positive: prima fra tutte la buona performance fatta registrare dalle esportazioni nazionali negli ultimi due anni. Secondo gli ultimi dati Eurostat, l’Italia è al secondo posto nell’Unione Europea per l’export verso i paesi extra-Ue, per un totale di 104,7 miliardi di euro nel periodo compreso tra gennaio e settembre 2007. Il dato positivo è da attribuire al forte recupero di competitività da parte di quella minoranza significativa di imprese dinamiche, inserite nelle supply chain globali, che si sono affermate come leader mondiali nei settori del made in Italy inteso ormai in senso allargato (agroalimentare, moda, beni per la casa, ma anche meccanica, mezzi di trasporto e meccatronica). E’ interessante notare come a questo successo partecipino anche molte piccole e medie imprese, la cui capacità innovativa è sostenuta da un investimento in ricerca “sommerso”, che sfugge alle statistiche. In questo recupero di competitività evidenziato dalle esportazioni gioca un ruolo rilevante l’innovazione digitale, intesa come capacità di utilizzare l’ICT sia per l’innovazione di prodotto e processo, sia soprattutto nel sistema di relazioni con clienti e fornitori, rinnovando la catena del valore.

Tre proposte per accellerare l’innovazione
Per accelerare il cammino verso l’innovazione, lo studio IDC indica tre priorità per lo sviluppo: infomobilità, efficienza energetica e sviluppo del made in Italy. Per quanto riguarda l’infomobilità, si fa riferimento a un tema di massima importanza per lo sviluppo sostenibile delle aree urbane: la Commissione Europea ha calcolato che la congestione cronica dei centri cittadini faccia perdere ogni anno all’economia europea qualcosa come 100 miliardi di euro, ossia l’1% del Pil del Vecchio Continente. L’Italia ha lanciato negli ultimi anni numerose iniziative di buon livello (Car sharing, zone a traffico limitato, ecc.), spesso però ostacolate dalla mancanza di standard condivisi tra gli attori coinvolti, dalla frammentazione degli operatori e da vuoti normativi. Altro tema importante per l’innovazione del tessuto economico italiano è quello dell’efficienza energetica: secondo uno studio del Politecnico di Milano, se l’Italia riuscisse a promuovere in maniera concreta questa possibilità, nel 2020 il settore industriale potrebbe risparmiare un 47% rispetto ad oggi, il terziario il 33%, i servizi pubblici il 7%. È perciò fondamentale che le nostre aziende comprendano al più presto che gli elevati consumi e la scarsa attenzione all’ecosostenibilità del ciclo di vita delle apparecchiature Ict, si riflettono in costi che influiscono negativamente sul potenziale di sviluppo. Infine, per quanto riguarda il Made in Italy, i buoni risultati ottenuti in questi anni non devono far abbassare la guardia sulla necessità di insistere nella ricerca e sviluppo e nelle tecnologie: alcune tra le migliori performance di questi ultimi anni (nomi del calibro di Ducati, Dainese, Fiat) sono dovuti proprio alla capacità di utilizzare la leva dell’Ict per innovare, in alcuni casi in modo radicale, i prodotti tipici del Made in Italy.

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