La trasformazione digitale è il trend che ha guidato lo sviluppo del business negli ultimi anni. Sono proprio le aziende che hanno impreso da tempo il loro percorso di digitalizzazione ad averne raccolto per prime i frutti. Ottimizzando grazie al digitale processi e workflow, ottimizzando la produzione, trasformando la catena di approvvigionamento in tempi non sospetti. Le tecnologie alla base di questa rivoluzione sono parecchie: cloud ed edge computing, IoT e Industrial IoT, digital twin, sistemi evoluti per la produzione (Mom, Mes, Plm). Integrando in maniera efficace queste soluzioni le imprese hanno potuto ottimizzare i processi, ridurre il più possibile l’utilizzo della carta, con evidenti benefici sull’ambiente, ridurre i tempi di fermo macchina grazie alla manutenzione predittiva.
Il percorso di trasformazione però non si esaurisce qui e oggi sempre più imprese stanno adottando soluzioni di intelligenza artificiale, anche generativa. Sia chiaro, l’IA non è una novità assoluta: viene utilizzata da parecchio tempo, soprattutto nel manifatturiero. La manutenzione predittiva, per esempio, si basa proprio su sistemi di machine learning e deep learning, che sono alla base delle piattaforme di IA. Ma l’intelligenza artificiale è da tempo adottata anche in settori come quello finanziario e assicurativo, per prevedere sviluppi futuro partendo dai dati storici. Quello che cambia è che oggi c’è una grandissima spinta verso l’adozione dell’intelligenza artificiale, in particolare quella generativa. Da quando OpenAI ha reso pubblico ChatGPT è stato subito evidente come questa tecnologia può aiutare a risolvere una serie di problemi, a partire dalla carenza di competenze, e a portare più efficienza in azienda, automatizzando compiti ripetitivi e a minor valore aggiunto.
L’impatto reale? Secondo uno studio di Ambrosetti – The European House e Microsoft, la produttività del Sistema-Italia potrebbe aumentare fino al 18% grazie all’adozione dell’IA Generativa. A parità di ore lavorate, si potrebbe arrivare fino a 312 miliardi di euro di valore aggiunto annuo, pari al 18% del pil italiano, adottandola in maniera massiva. O, vedendo il problema in altri termini, a parità invece di valore aggiunto generato, l’uso di strumenti di IA Generativa libererà un totale di 5,4 miliardi di ore, corrispondenti alla totalità delle ore lavorate in un anno da 3,2 milioni di persone.
Se teniamo conto del fatto che l’Italia deve affrontare due importanti sfide – l’invecchiamento della popolazione e la scarsità di competenze – l’intelligenza artificiale generativa potrebbe dare un forte stimolo all’economia del Bel Paese. Ma la strada è ancora lunga: per quanto la GenAI sia al centro di svariate discussioni, solo poche aziende hanno iniziato a introdurla. E, secondo l’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, il 90% di queste sono grandi aziende. Ma l’adozione cresce con percentuali a doppia cifra di anno in anno. Secondo Aws, nel 2023 l’incremento del valore del mercato dell’IA in Italia è stato del 52% rispetto al precedente anno, raggiungendo quota 760 milioni di euro. Una crescita superiore alla media europea, cresciuta del 32% rispetto al 2022.
Gli scogli all’adozione dell’intelligenza artificiale
Due i principali scogli all’adozione dell’IA in Italia. Uno è infrastrutturale. Il cloud è alla base dello sviluppo dell’IA. Impossibile per la maggior parte delle imprese pensare di dotarsi di una propria infrastruttura di supercalcolo interna: i costi e la complessità sarebbero inaffrontabili. Il cloud, invece, permette di appoggiarsi a infrastrutture già esistenti e progettate per questi specifici utilizzi con un modello di tipo pay per use, che abbatte le spese di capitale (Capex), trasferendole verso l’Opex. Il secondo problema, invece, è comune anche ad altri Paesi, soprattutto nel Vecchio Continente: la scarsità di competenze. Per questo motivo colossi come Aws e Microsoft stanno investendo miliardi per programmi di upskilling e resklling dei lavoratori, così da aiutare le imprese a non rimanere indietro e a cogliere i vantaggi delle nuove tecnologie. Ma anche per cercare di limitare una delle principali preoccupazioni: l’impatto sull’occupazione. Come già accaduto con l’introduzione dell’automazione, infatti, il rischio è che le mansioni a minor valore aggiunto possano venire sostituite dall’IA. E se non si provvede a formare adeguatamente i lavoratori, alcuni di questi rischieranno di essere tagliati fuori dal mercato del lavoro. Che, di contro, è alla costante ricerca di nuove figure dotate di competenze specifiche, prevalentemente Stem.
Come introdurre l’IA in azienda: l’analisi del contesto aziendale
Per introdurre l’IA in azienda, il primo passo è fare una valutazione dello stato attuale della digitalizzazione dell’azienda. Questa valutazione deve considerare diversi aspetti, tra cui la maturità dei processi e delle funzioni aziendali in termini di integrazione, automazione e standardizzazione, la disponibilità e la qualità dei dati, che sono la materia prima per alimentare i modelli di IA. Bisogna tenere conto anche della cultura e dell’atteggiamento verso l’innovazione e il cambiamento, sia a livello di management che di dipendenti. Questa valutazione permette di individuare le opportunità e i rischi legati all’introduzione dell’IA, nonché di stabilire gli obiettivi e le priorità da perseguire. Bisogna evitare di farsi trascinare dall’entusiasmo e puntare su una nuova tecnologia solo perché è di tendenza. Molto meglio cercare di capire come inserirla in modo che sia efficace da subito. Tenendo a mente che richiederà uno stravolgimento degli attuali flussi di lavoro. In pratica, bisogna essere pronti ad affrontare anche un importante cambio di mentalità. Cosa non sempre banale.
Il secondo passo è identificare le aree chiave che possono beneficiare dall’implementazione dell’IA. Queste aree possono essere quelle che hanno un impatto diretto sul core business dell’azienda, come il miglioramento dei prodotti e dei servizi, l’ottimizzazione della catena del valore, l’aumento della soddisfazione e della fidelizzazione dei clienti, oppure quelle che hanno un impatto indiretto sulle performance dell’azienda, come il miglioramento dell’efficienza e della qualità dei processi interni, la riduzione dei costi operativi, la gestione dei rischi e la conformità alle normative, o ancora quelle che hanno un impatto sulle persone e sull’organizzazione, come il supporto alla decisione, la formazione e lo sviluppo, il benessere e la motivazione dei dipendenti. L’identificazione delle aree chiave deve basarsi su una analisi delle esigenze e delle sfide specifiche di ogni area, nonché sulle soluzioni di IA disponibili o sviluppabili.
Il terzo passo è analizzare le competenze interne e identificare le lacune da colmare. Le competenze necessarie per implementare l’IA riguardano le competenze tecniche, come la conoscenza degli algoritmi, dei linguaggi di programmazione, delle piattaforme e degli strumenti di IA, le competenze funzionali, come la comprensione dei processi, dei dati, dei problemi e delle soluzioni di ogni area di applicazione dell’IA, e le competenze trasversali, come la capacità di comunicare, collaborare, apprendere e innovare in un contesto di IA. L’analisi delle competenze permette di definire le azioni da intraprendere per sviluppare o acquisire le competenze mancanti, come la formazione, l’assunzione, la consulenza o la partnership con soggetti esterni.
Il quarto passo è creare o rafforzare la base di dati che alimenterà le soluzioni di IA. Senza dati, le IA non possono fare molto, così come se hanno a disposizione una grande quantità di dati di bassa qualità. I dati sono la materia prima per allenare, testare e validare i modelli di IA, nonché per implementarli e monitorarli in fase operativa. I dati devono essere raccolti, organizzati, puliti, integrati, annotati, conservati e protetti secondo criteri omogenei e standardizzati, in modo da garantire la loro affidabilità, completezza, consistenza, pertinenza, accessibilità e sicurezza. I dati devono anche rispettare le normative e le regole etiche sulla privacy e sull’uso dei dati personali, evitando discriminazioni, manipolazioni o violazioni dei diritti delle persone coinvolte. La gestione dei dati richiede un’infrastruttura adeguata, come server, cloud, reti, hardware e software, che supporti le esigenze di capacità, velocità, scalabilità e interoperabilità delle soluzioni di IA.
Intelligenza artificiale nei processi aziendali: l’importanza di porsi degli obiettivi (e di misurare i KPI)
Per realizzare una trasformazione digitale guidata dall’IA, le aziende devono porsi degli obiettivi chiari e misurabili che orientino le loro scelte e le loro azioni. Gli obiettivi devono essere allineati alla visione e alla strategia dell’azienda, nonché alle esigenze e alle aspettative delle parti interessate, ovvero tutti i soggetti che possono influenzare o essere influenzati dall’implementazione dell’IA, come i clienti, i fornitori, i partner, i dipendenti, i manager, i sindacati, i regolatori, i concorrenti, e così via. Secondo uno studio di McKinsey, le aziende che hanno definito degli obiettivi chiari e misurabili per l’IA hanno ottenuto una maggiore crescita del fatturato e una maggiore efficienza operativa rispetto a quelle che non lo hanno fatto.
Un approccio utile a definire gli obiettivi è il criterio Smart: specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti e temporizzati. Gli obiettivi specifici descrivono in modo preciso cosa si vuole ottenere con l’IA, evitando formulazioni vaghe o generiche. Gli obiettivi misurabili quantificano i risultati attesi e i criteri di successo, permettendo di monitorare i progressi e di valutare l’impatto dell’IA. Gli obiettivi raggiungibili sono realistici e fattibili con le risorse e i tempi disponibili, evitando di creare false aspettative o di scoraggiare gli sforzi. Gli obiettivi rilevanti sono coerenti con le priorità e i valori dell’azienda, contribuendo al suo sviluppo e alla sua competitività. Gli obiettivi temporizzati definiscono le scadenze e le tappe intermedie per il raggiungimento degli obiettivi, creando un senso di urgenza e di responsabilità.
Un esempio pratico di obiettivo di tipo Smart per l’IA potrebbe essere “Aumentare il tasso di conversione dei clienti del 10% entro il 31 dicembre 2021, utilizzando un sistema di raccomandazione personalizzato basato sull’analisi dei dati di acquisto e di navigazione“. Questo obiettivo è specifico, perché indica cosa si vuole ottenere con l’IA, misurabile, perché stabilisce una percentuale di miglioramento e un indicatore di performance, raggiungibile, perché è in linea con le capacità e le risorse dell’azienda, rilevante, perché contribuisce alla crescita del fatturato e alla fidelizzazione dei clienti, e temporizzato, perché indica una data entro cui raggiungere l’obiettivo.
Per garantire un consenso e un supporto adeguato alla trasformazione digitale guidata dall’IA, le aziende devono coinvolgere le parti interessate in ogni fase del processo, dalla definizione degli obiettivi alla valutazione dei risultati. Un coinvolgimento che richiede una comunicazione efficace e trasparente sui benefici e i rischi dell’IA, una consultazione e una partecipazione ai processi decisionali, una gestione del cambiamento e una risoluzione dei conflitti. Riuscire a far sentire tutti gli stakeholder parte del processo di trasformazione consente di creare fiducia, legittimità e sostenibilità per l’uso dell’IA, evitando resistenze, opposizioni o conflitti che potrebbero compromettere il successo del progetto.
Per dare la priorità agli obiettivi in base alle esigenze aziendali e alle opportunità di miglioramento, le aziende dovrebbero valutare i costi e i benefici di ogni obiettivo, considerando sia gli aspetti economici, come il ritorno sull’investimento, la redditività, la competitività, sia gli aspetti sociali, come l’impatto sull’occupazione, sulla qualità del lavoro, sulla soddisfazione dei clienti, sulla responsabilità sociale. La prioritizzazione degli obiettivi permette di allocare le risorse in modo efficiente ed efficace, di focalizzarsi sulle aree più critiche e strategiche, e di monitorare i progressi e i risultati. Un metodo per capire la giusta priorità gli obiettivi è la matrice di Eisenhower, che classifica gli obiettivi in quattro categorie in base alla loro urgenza e importanza: da fare subito, da pianificare, da delegare, da eliminare.
Un esempio concreto di come è stata utilizzata la matrice di Eisenhower arriva da Netflix, che ha utilizzato l’IA per migliorare la sua offerta di contenuti e la sua esperienza utente. Tra i vari obiettivi che si è posta l’azienda, quelli prioritari erano quelli relativi alla personalizzazione delle raccomandazioni e alla creazione di trailer personalizzati. Questo perché erano urgenti e importanti per aumentare la fidelizzazione e la soddisfazione dei clienti. Quelli da pianificare erano quelli relativi alla produzione di contenuti originali basati sull’analisi dei dati e delle preferenze degli utenti, perché erano importanti ma non urgenti, e richiedevano una maggiore pianificazione e investimento. Quelli da delegare erano quelli relativi all’ottimizzazione della qualità dello streaming e alla riduzione del consumo di banda, perché erano urgenti ma meno importanti, e potevano essere affidati a partner esterni. Quelli da eliminare erano quelli relativi all’introduzione di pubblicità mirate basate sull’IA, perché erano poco importanti e poco urgenti, e avrebbero potuto danneggiare l’immagine e la reputazione di Netflix. Si tratta solo di un esempio, non necessariamente applicabile a tutte le tipologie di imprese, ma aiuta a comprendere il ragionamento strategico che dovrebbe venire effettuato prima di procedere con l’adozione di una AI strategy.
IA: il nodo delle competenze. Quali ci sono in azienda e quali vanno acquisite?
Le competenze necessarie per implementare con successo progetti di IA sono molte e varie, e dipendono dal tipo, dalla complessità e dall’ambito di applicazione del progetto. In generale, si possono distinguere tra competenze tecniche, legate alla progettazione, allo sviluppo, al testing, al deployment e alla manutenzione delle soluzioni di IA, e competenze manageriali, legate alla definizione degli obiettivi, delle strategie, dei processi, dei ruoli, delle responsabilità, dei budget, dei tempi e delle metriche di valutazione dei progetti di IA. Tra le competenze tecniche, spiccano quelle relative alla matematica, alla statistica, all’informatica, alla programmazione, al machine learning, al deep learning, al natural language processing, alla computer vision, al data engineering, al data science, al cloud computing, all’IoT, alla cybersecurity, all’etica e alla privacy. Tra le competenze manageriali, spiccano quelle relative alla leadership, alla comunicazione, alla collaborazione, alla creatività, alla capacità di analisi, alla risoluzione dei problemi, al pensiero critico, alla gestione del cambiamento, alla gestione dei rischi, alla gestione della qualità, alla gestione dei dati, alla gestione dei clienti e degli stakeholder, alla gestione dell’innovazione e alla gestione della sostenibilità.
Formazione del personale esistente o assunzione di talenti specializzati?
Per acquisire le competenze necessarie per implementare con successo progetti di IA, le aziende devono scegliere tra due opzioni principali: formare il personale esistente o assumere talenti specializzati. Entrambe le opzioni hanno vantaggi e svantaggi, e la scelta dipende da diversi fattori, come il livello di competenza attuale> del personale, il livello di competenza richiesto dal progetto, il tempo e il costo necessari per la formazione o l’assunzione, la disponibilità e l’affidabilità dei talenti specializzati, la cultura e la visione aziendale. In generale, si può dire che la formazione del personale esistente ha il vantaggio di valorizzare le risorse interne, di favorire la motivazione e la fidelizzazione, di sfruttare le conoscenze specifiche del settore e dell’azienda, di facilitare l’integrazione e la collaborazione tra le diverse funzioni e di stimolare lo sviluppo di una cultura dell’apprendimento continuo. Tuttavia, la formazione del personale esistente richiede anche più tempo, una maggiore pianificazione, un maggiore investimento, un maggiore supporto e un maggiore monitoraggio, e potrebbe non essere sufficiente a coprire tutte le competenze richieste dall’IA, soprattutto quelle più avanzate e specialistiche. L’assunzione di talenti specializzati, invece, ha il vantaggio di arricchire il capitale umano dell’azienda, di accelerare il processo di implementazione dell’IA, di garantire un maggiore livello di qualità e di sicurezza delle soluzioni di intelligenza artificiale, di favorire la diffusione di nuove idee e pratiche e di aumentare la competitività e la reputazione dell’azienda. Tuttavia, l’assunzione di talenti specializzati comporta anche una maggiore difficoltà, un maggiore costo, un maggiore rischio e una maggiore complessità, e potrebbe creare problemi di integrazione, di coordinamento, di comunicazione e di gestione, oltre a generare conflitti o resistenze da parte del personale esistente. C’è un aspetto importante che non avrebbe trascurato in questa fase: l’utilizzo dell’IA può in molti casi aiutare a ridurre lo skill gap, in molti casi. Recentemente Jensen Huang, ceo di Nvidia, ha affermato che l’adozione massiccia dell’IA renderà inutile imparare a programmare, dato che ci penseranno i copiloti a realizzare il codice a partire da prompt testuali. Siamo ancora lontani (forse nemmeno troppo, in realtà) da questo obiettivo, ma sicuramente i tanti copiloti che generano codice sono già oggi un ottimo strumento, usato sia da programmatori esperti per velocizzare il loro lavoro, sia da persone con meno competenze che grazie a questo tool possono realizzare velocemente semplici programmi o integrazioni.
Collaborazioni con istituti accademici o aziende specializzate per accelerare il processo di apprendimento
Un’alternativa o un’integrazione alle due opzioni precedenti è quella di stabilire collaborazioni con istituti accademici o aziende specializzate che possano aiutare le aziende a acquisire le competenze necessarie per implementare con successo progetti di IA. Questa opzione ha il vantaggio di combinare il meglio delle due opzioni precedenti, ovvero di beneficiare dell’esperienza, della competenza, della qualità, della velocità e dell’innovazione degli esperti esterni, senza rinunciare alla valorizzazione, alla motivazione, alla fidelizzazione e alla cultura del personale interno. Inoltre, questa opzione permette di creare relazioni di lungo termine con partner strategici, di ampliare la rete e la visibilità dell’azienda, di accedere a nuove opportunità di finanziamento, di ricerca e di sviluppo, e di contribuire alla crescita e alla diffusione dell’IA nel territorio. Tuttavia, questa opzione richiede anche una maggiore attenzione, una maggiore flessibilità, una maggiore trasparenza e una maggiore responsabilità, e potrebbe presentare sfide di natura legale, contrattuale, organizzativa, culturale o etica.
La figura del prompt engineer
Un altro aspetto fondamentale per implementare con successo progetti di IA è il prompt engineering, ovvero l’arte e la scienza di formulare domande, comandi o istruzioni che possano guidare e ottimizzare il comportamento di un sistema di IA basato sul linguaggio naturale. Il prompt engineering serve a sfruttare al meglio le potenzialità di un modello di IA pre-addestrato, senza doverlo modificare o ri-addestrare, ma semplicemente comunicando con esso in modo efficace ed efficiente. Il prompt engineering è importante perché permette di risparmiare tempo, risorse e costi, di adattare il sistema di IA alle esigenze specifiche dell’utente o dell’azienda, di migliorare la qualità, la precisione, la coerenza e la responsabilità delle risposte del sistema, di prevenire o gestire errori, ambiguità, bias o problemi etici, e di facilitare l’interazione e la collaborazione tra il sistema di IA e gli esseri umani.
Tecnologia: quale piattaforma scegliere per l’intelligenza artificiale?
Adottare l’IA non è semplice come acquistare un generico software. Sul mercato ci sono svariate piattaforme, ciascuna coi suoi pro e contro, e la situazione è in continua e rapida evoluzione. A seconda delle proprie necessità (ottimizzare processi di HR, efficientare l’uso dei macchinari, ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività, ottimizzare la catena di approvvigionamento) sarà necessario scegliere una soluzione mirata. E, anche nel caso delle IA generative, l’una non vale l’altra.
Due gli aspetti fondamentali da considerare in questa fase: la tecnologia e i costi correlati e le garanzie sotto il profilo della privacy. Quest’ultimo è di particolare importanza perché a oggi il tema relativo alla privacy delle IA è molto dibattuto, soprattutto in Europa. Già poco dopo il lancio di ChatGPT, infatti, il Garante della Privacy italiano aveva mosso alcune osservazioni che hanno spinto OpenAI, la società che lo ha sviluppato, a ritirarlo momentaneamente dal mercato italiano per correggere alcune delle criticità segnalate. Ma la questione non è finita qui, perché più recentemente il Garante è tornato all’attacco, supportato anche da altri Garanti europei. Sotto questo profilo, è bene ricordare che gli algoritmi di OpenAI non sono usati solo da ChatGPT, ma anche da Copilot di Microsoft, che a oggi è una delle piattaforme di intelligenza artificiale generative che meglio si integrano nel flusso di lavoro aziendale. Microsoft, infatti, ha messo a disposizione dei suoi utenti un Copilot dedicato a ogni applicazione di Microsoft 360: Outlook, Word, Excel e PowerPoint, oltre all’assistente per la ricerca richiamabile tramite Bing o, negli USA e altri Paesi, integrato direttamente in Windows 11.
Attenzione al lock in!
Un altro tema di fondamentale importanza quando si sceglie la piattaforma di IA da adottare è quello di scongiurare il rischio del lock in. Un problema col quale molte imprese si sono già scontrate col tempo, in particolare quando hanno adottato il cloud. Si parla di lock in quando dopo aver adottato una soluzione hardware o software, diventa difficile passare a un’altra. I motivi possono essere svariati, ma sicuramente oggi non si corre il rischio che il fornitore “neghi” la possibilità di trasferire dati. Quello che può accadere, però, è che trasferire queste informazioni sia estremamente complesso o troppo costoso in termini economico, fatto che sul medio/lungo termine potrebbe porre un freno all’adozione.
Dati: la fonte di “ispirazione” dell’intelligenza artificiale
Indipendentemente dalla piattaforma scelta, uno dei passi più importante è quello di stabilire quali dati utilizzare. Una buona strategia di intelligenza artificiale, infatti, è fortemente dipendente dai dati che si hanno a disposizione. Non è tanto la quantità di informazioni da dare in pasto agli algoritmi che conta, quanto la loro qualità. Che significa? Che i dati devono essere prima verificati, uniformati e ripuliti. In caso contrario, i risultati generati dall’IA saranno di bassa qualità. Che è quello che spesso accade oggi con intelligenza artificiale generative come ChatGpt Sebbene il Llm di OpenAI sia fra i migliori attualmente disponibili, quando gli si chiede di rispondere ad alcune domande i risultati sono spesso errati. Errori spesso dovuti al fatto che i set di dati usati per addestrare questi sistemi sono vastissimi, ma le informazioni contenute non sono verificate. E spesso, come sa chiunque abbia fatto una ricerca online, è facile trovare informazioni contradditorie sullo stesso argomento. E in questi casi, l’IA non può “capire” quale è quella giusta.
Ecco perché è fondamentale che le imprese che vogliono adottare l’IA si impegnino a fornire ai propri sistemi informazioni il più precise possibili. Il set di dati non deve essere necessariamente sterminato, ma l’importante è che quanto presente sia omogeneo, corretto e verificato, così da evitare risposte errate quando si interrogano gli assistenti virtuali. Ma quali sono queste informazioni? Tutto dipende da dove si vuole applicare l’IA. Nel caso del customer service, le fonti principali possono essere la manualistica dei prodotti, le best practice, i tutorial e la documentazione, oltre a tutta la knowledge base relativa ai casi di assistenza. In produzione, il set con cui addestrare l’IA potrebbe essere composto dai manuali dei macchinari e dai dati telemetrici acquisiti negli anni.
La strategia di adozione ideale: partire dal piccolo per poi scalare
Se si progetta di introdurre soluzioni di Intelligenza artificiale per tutte le funzioni aziendali da subito, il rischio di fallimento è estremamente elevato. Sono progetti complessi che, come detto, richiedono un lavoro preventivo di selezione e cura dei set di dati da fornire. Ma impongono anche di cambiare approccio, e processi. Cosa che non sempre è banale: il change management non è mai un percorso semplice. Per questo, l’ideale è partire da aree specifiche, per esempio le risorse umane o il customer care, e poi, man mano che si matura esperienza con questi processi e si valuta l’efficacia delle soluzioni scelte, estendere l’adozione agli altri reparti. Abbiamo citato HR e assistenza al cliente non a caso: questi, infatti, sono attualmente i casi d’uso dove l’IA generativa può portare maggiori benefici in tempi rapidi. Consentendo così di valutare velocemente i progressi ottenuti con l’introduzione delle nuove tecnologie grazie ai feedback dei primi utilizzatori in azienda. Importante, in questa fase, definire dei key performance indicator (Kpi), utili a comprendere se il progetto di integrazione dell’IA prosegue secondo i piani previsti, o se è necessario fare aggiustamenti.
Se dopo un periodo iniziale di sperimentazione si ottengono risultati incoraggianti, ha senso pensare di estendere l’adozione ad altre funzioni aziendali o dipartimenti. Prevedendo una formazione di tutte le persone coinvolte, così da procedere in maniera più snella.
Conclusioni
L’intelligenza artificiale generativa è una tecnologia in rapida evoluzione che offre nuove opportunità per le aziende di migliorare la propria efficienza, innovazione e competitività. Tuttavia, per sfruttare appieno il potenziale dell’Intelligenza artificiale generativa, occorre seguire una strategia di adozione adeguata, che tenga conto delle sfide e dei requisiti specifici di ogni contesto. Partire da progetti pilota focalizzati su alcune aree o funzioni chiave, valutare gli impatti e i benefici ottenuti, formare e coinvolgere le persone, sono passaggi essenziali per scalare con successo l’adozione dell’IA generativa e integrarla nei processi aziendali esistenti. Solo così l’IA generativa potrà diventare un alleato prezioso per le imprese che vogliono trasformare la propria realtà e creare valore aggiunto per i propri clienti e stakeholder.
Parlano i protagonisti
Antonio D’Ortenzio, Aws: per l’IA in azienda, serve una buona data strategy
Complimenti per l’articolo, in particolare per come affronta i temi strategici legati all”adozione dell’AI da parte delle aziende. Fondamentale – e a dir poco non semplice – capire come introdurre l’AI nelle PMI, realtà che domina lo scenario italiano.