Terremoto ai vertici di Twitter: Dick Costolo lascia

Che siano dimissioni volontarie, che sia sollevamento dall’incarico, il fatto è uno solo: Dick Costolo non è più Ceo di Twitter e viene sostituito ad interim da Jack Dorsey, cofondatore della società.
Il motivo?
Non essere riuscito a garantire la crescita attesa in termini di utenti né aver migliorato l’attrattività della piattaforma per gli investitori, per lo meno non nella misura in cui la cosa è riuscita alla concorrenza.
In queste ore le cronache Usa discutono se la scelta di lasciare Twitter sia venuta dallo stesso Costolo o meno: lo stesso ex-Ceo ammette che le discussioni con il board direttivo si fossero da tempo arenate proprio in merito alla sua successione e gli analisti sottolineano come i cambiamenti apportati dallo stesso Costolo al management team in questo momento non sembrano particolarmente efficaci né sul fronte dell’utenza né su quello del marketing.

Nel dare l’annuncio del cambiamento di ruolo – naturalmente con un tweet – Costolo ha a sua volta confermato che le ricerche del suo successore guarderanno sia a figure interne sia a figure esterne all’azienda.
Dal canto suo Dorsey tiene a precisare sia di non avere intenzione di restare nel ruolo di Ceo oltre il necessario, sia che le ricerche del suo sostituto non sono in effetti ancora iniziate.
Va detto che alla notizia, le Borse hanno reagito positivamente, con una crescita del titolo del 3,6 per cento, segno che per gli investitori una Twitter senza Costolo alla guida è meglio di una con lui nel ruolo di comando.
Costolo, in ogni caso, resta in carica fino al 1° luglio e mantiene il suo posto nel board direttivo.
A lui si imputa comunque l’incapacità o la mancanza di volontà di arrichire la piattaforma di nuove e significative funzionalità, come fatto da altri social network concorrenti: un atteggiamento che non ha incoraggiato come avrebbe potuto la crescita della base di utenti. In ogni caso, si parla di previsioni di crescita del 14,1 per cento l’anno, importanti ma dimezzate rispetto ai ritmi del 30 per cento registrati solo due anni fa.
E se è vero che il mercato pubblicitario è passato dall’1 all’1,6 per cento del totale di tutto l’advertising digitale registrato negli Usa, è altrettanto vero che nello stesso lasso di tempo Facebook è riuscita a portare la sua quota dal 7,6 al 10,4 per cento.

È vero, l’azienda ha acquisito Periscope, ma manca il quid che invogli davvero gli utenti ad arrivare e restare.

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