Tecnomodel, dove la scarpa nasce con l’It

La società italiana premiata da Dell grazie alla tecnologia accorcia la filiera e lavora con i big del settore

Il vincitore italiano dello Small business excellence award, il premio ideato da Dell per le imprese con meno di cento dipendenti che realizzano progetti innovativi, è una realtà di venti persone con un fatturato di 900.000 euro.
Tecnomodel, che riceverà ventimila euro in prodotti e servizi Dell, è una società del calzaturiero che in Italia significa 13.000 aziende per 140.000 addetti, un settore quinto nel mondo e secondo solo alla Cina in termini di export. Di queste 13.000 aziende, 4.200 sono nelle Marche, per un totale di 42.000 dipendenti. Aziende che si chiamano Tod’s-Hogan, o Nero Giardini, per citare solo alcuni nomi.

In questo ecosistema nasce Tecnomodel dove Daniela Funari, fashion designer e Daniele Scotucci, esperto Informatico danno vita nel 1992 a un’idea imprenditoriale che oggi ha una trentina di clienti con marchi che vanno da Diesel, a La Perla, da Enrico Coveri a Geox, passando da Pollini, Levi’s, Givenchy, Jean Paul Gaultier.



Dall’idea, al progetto, al modello: questo il valore perseguito da Tecnomodel. Trasferire un’idea di design in un progetto realizzabile e riproducibile su scala industriale, trasferendolo poi in un sistema di data storage elettronico.


Non si tratta semplicemente di trasferire in un progetto Cad/Cam il bozzetto di una calzatura, ma di realizzare una documentazione completa, perfettamente aderente alle tecniche di produzione delle aziende clienti, analisi dei costi inclusa.


“Ai nostri clienti – spiega Daniela Funari – forniamo un documento, che loro definiscono ironicamente lo “stupid kit” nel quale viene indicato con la massima precisione il corretto posizionamento della pelle e dei tagli, in un’ottica di ottimizzazione del consumo delle materie prime. Consegnamo una vera e propria carta di identità della scarpa, nella quale specifichiamo la quantità e il prezzo unitario di ciascun componente necessario alla creazione del sample, arrivando poi all’analisi del costo di produzione, incluse le operazioni di taglio, cucitura e assemblaggio. Il cliente riceve poi un campione finito, uno semi assemblato e una cartella con il mapping completo dei singoli pezzi necessari alla realizzazione della scarpa completa. Ciò consente di ottimizzare il flusso di informazioni sia in termini di velocità, sia in termini di precisione”.


In questo contesto, che ruolo ha l’It?
Fondamentale, se si pensa che tutto è iniziato quando Daniele Scotucci modificò il firmware delle macchine per cucire Brother, adattandolo alle esigenze dell’industria calzaturiera. “Il risultato fu che Brother inviò in Italia un gruppo dei loro tecnici, per capire come avevamo fatto. E per chiederci di acquistare la soluzione. Il primo risultato tangibile fu che di quelle macchine con firmware modificato, Brother ne vendette un centinaio”.


“E ancor più importante di quel primo successo commerciale – continua Scotucci – fu il rendersi conto se una orlatrice poteva realizzare da trenta a quaranta paia di scarpe al giorno, con le macchine modificate si arrivava a quattrocento-seicento paia al giorno. Il nostro merito è stato accettare e sostenere il rischio imprenditoriale e capire, prima di altri, che con la tecnologia potevamo accorciare la filiera, potevamo, anche da piccoli, comunicare e lavorare con le major”.



Per Daniele Scotucci la globalizzazione è diventata un’opportunità che consente anche ad aziende come la sua di estendere il loro business senza essere obbligate a una crescita non sostenibile.


“Siamo un’azienda poco visibile, ma di fatto priva di concorrenza, visto che sul mercato italiano siamo forse in tre a svolgere questo lavoro, fondamentale per le aziende del nostro comparto, sempre più spesso orientate all’outsourcing.


Convinta di avere dalla sua un importante vantaggio competitivo, Tecnomodel si prepara al grande salto.


“Una settimana fa ci è stata proposta da un’azienda italiana la costituzione di una joint venture. Obiettivo la realizzazione sul mercato cinese di un polo tecnologico di ricerca e prototipia al servizio di quei grandi marchi che producono nel Far East. Un primo passo, che rispecchia però la nostra ambizione: aprire filiali in quei Paesi nel quale il calzaturiero è importante, per permettere ai grandi marchi di gestire la produzione, controllandone ogni singolo passaggio arrivando ad avere un prodotto del tutto similare al made in Italy”.

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