Home Gestione d'impresa Notai Vs startup, una battaglia per l'1% del fatturato

Notai Vs startup, una battaglia per l’1% del fatturato

Il Consiglio nazionale del Notoriato ha deliberato di presentare ricorso al Tar Lazio contro il decreto ministeriale del 17 febbraio 2016, che stabilisce la modalità di redazione degli atti costitutivi di società a responsabilità limitata startup innovative.

Il DM al punto 5 dell’articolo 1 afferma “Non è richiesta alcuna autentica di sottoscrizione” mentre il punto 1 dello stesso articolo chiarisce che “in deroga a quanto previsto all’art. 2463 del codice civile, i contratti di società e responsabilità limitata, aventi per oggetto esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico e per i quali viene richiesta l’iscrizione nella sezione speciale delle start-up, sono redatti in forma elettronica e firmati digitalmente”.

Insomma, per dirlo brevemente, per la costituzione di società di questo tipo, e solo di questo tipo, non viene richiesto il ricorso a un notaio con l’intento di snellire le procedure e far risparmiare qualche soldo agli startupper.

Agevolare le startup

Il ricorso al Tar, in effetti, è l’ultimo atto di una polemica iniziata a marzo 2015, quando fu approvato l’Investment Compact che, appunto, prevedeva la possibilità di costituire una startup semplicemente compilando un modulo standard e attestandolo con firma digitale.

Da quel momento è iniziata la battaglia, in modi più o meno rispettosi e con la opportuna cognizione di causa delle parti. Qui si riassumono i dubbi sollevati dai notai che hanno portato al ricorso al Tar Lazio del Consiglio Nazionale del Notariato e su cui l’istituzione si dovrebbe pronunciare il 30 agosto.

I notai, ufficialmente, sostengono rischi a proposito di possibili furti di identità e di casi di infiltrazione mafiosa. Mentre, sempre secondo i notai, sembra che la questione rientri in una sorta di strategia di alleggerimento del potere notarile, e non solo, da parte dello Stato che preferirebbe, forse anche per limitare l’evasione fiscale, avere un maggior controllo sull’attività delle società, evitando la delega.

Il movimento d’opinione che ruota intorno alle startup e al concetto di innovazione tanto caro al nostro Governo attuale ha avuto gioco facile sul web e sui social fino a chiosare con il post di Stefano Quintarelli, deputato, probabilmente il più competente in Parlamento se si parla di innovazione e di startup: “i notai provocano un danno alla reputazione dell’Italia”.

Ora, lungi da noi prendere una posizione, proseguendo nell’elencazione dei fatti facciamo due conti: secondo il registro delle imprese, a oggi sono meno di 6100 le startup e gli incubatori. Mentre, non esistendo un tariffario preciso nazionale da applicare, il che certo non aiuta, la spesa del notaio potrebbe aggirarsi intorno ai mille euro. Così parliamo di circa 6 milioni di euro eventualmente persi dai notai su tutto il territorio nazionale in circa 3 anni.

Le imprese – non solo Srl – costituite nel 2014 secondo l’Istat sono state 274.489. Supponendo che costituire una Srl costi quanto costituire una Spa, e non è così, i notai avrebbero fatturato 300 milioni di euro solo con quel tipo di entrata. Generalmente il numero medio di imprese costituite negli ultimi anni è abbastanza costante, supponendo che in due anni siano state costituite circa 600mila imprese, i notai rinuncerebbero all’1% del loro fatturato solo relativamente alla costituzione di una società qualsiasi, neanche di una Srl.

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