SSD: quali gli ostacoli alla loro adozione in azienda

Il budget destinato al loro acquisto è fagocitato dalla virtualizzazione.

I dispositivi di storage a stato solido hanno il pregio di rendere veloci come frecce le applicazioni virtualizzate. Ma spesso le riunioni trimestrali di bilancio ne bocciano l’acquisto.
E i revisori dei conti che ostacolano la proposta sono gli stessi che raccomandano di valutare velocemente nuovi progetti di virtualizzazione dei server per ridurre il numero delle macchine fisiche presenti nei datacenter.
Il consolidamento dei server, infatti, rallenta le applicazioni mission critical (come SQL Server, Oracle, Exchange e SAP) fino a renderle inutilizzabili, mentre le memorie flash possono riportare la rapidità perduta.

Lo afferma Augie Gonzalez, Director of Product Marketing di DataCore Software.

Responsabili IT frenati
Secondo un recente sondaggio su 477 professionisti IT realizzato da DataCore, le valutazioni sui costi scoraggiano le aziende dall’adottare memorie flash e Ssd nelle loro nuove implementazioni di virtualizzazione.
Più di metà delle persone che hanno risposto ha affermato di non prevedere l’utilizzo di flash/SSD nei progetti di virtualizzazione a causa dei costi.

I costi relativi allo storage e i problemi di prestazioni sono due delle più importanti barriere che hanno impedito agli intervistati di aumentare la virtualizzazione dei loro carichi di lavoro.
Il 43% sostiene che l’incremento dei costi relativi allo storage è stato un “serio ostacolo” o “in qualche modo un ostacolo”, mentre il 42% ritiene che la causa sia da attribuire a un certo degrado delle prestazioni o all’impossibilità di rispondere alle esigenze prestazionali.

Quando è stato chiesto quali tipologie di storage vengano utilizzate nei loro ambienti, circa sei intervistati su dieci (59%) hanno sostenuto di non utilizzare affatto flash/SSD, mentre il 21% hadetto di basare solamente il 5% della loro capacità totale di storage su flash/SSD.

Mix di storage e di bilancio

Invece di riempire indiscriminatamente i server di flash, Augie Gonzalez suggerisce di utilizzare il software per condividere un numero inferiore di schede flash con diversi server utilizzando pool di storage misti.
Con “misti” intende una piccola percentuale di flash/SSD abbinata all’attuale mix di dischi ad alte prestazioni e storage di massa.

Un esempio è l’utilizzo di tecniche di virtualizzazione dello storage agnostiche rispetto all’hardware e ai suoi produttori confezionate in un software portabile in grado di indirizzare dinamicamente i carichi di lavoro verso la tipologia (o il livello) di storage più adeguato.
L’intelligenza dell’auto-tiering ottimizza costantemente il rapporto prezzo/prestazioni del pool di storage bilanciato. Inoltre è in grado di eseguire il provisioning della capienza in modo che lo spazio su flash non venga fagocitato dalle applicazioni.

Lo schema di gestione dinamica dei dati offre un ulteriore miglioramento prestazionale.
L’aumento di velocità deriva da algoritmi software avanzati per la gestione delle cache, utilizzati sia per memorizzare sia per recuperare blocchi di informazioni da dischi e flash.
Oltre a ridurre della metà (o più) i tempi di latenza di input/output, si possono recuperare tonnellate di spazio prima sprecato in dischi fissi utilizzati con il metodo dello “short-stroking”.
In pratica, per Gonzalez, non c’è più bisogno di restringere il campo alle testine del disco per accelerare le prestazioni del database, così come non è più necessario spendere troppo per gli SSD.

Destino ibrido

Ovviamente secondo il manager di DataCore i server possono condividere le memoria a stato solido in altri modi. Le batterie ibride, per esempio, per contenere i costi uniscono una certa quantità di flash agli HDD.
Ci sono però differenze importanti tra l’acquisto di queste batterie specializzate e la virtualizzazione dell’infrastruttura di storage esistente per trarre vantaggio dalle tecnologie flash. Non ultimo, il modo in cui possono essere sfruttati gli asset già presenti.
Gonzalez avanza l’idea di sostituire completamente la base installata con batterie di moduli ibridi, ma quanto è probabile ottenere l’approvazione di un’operazione di questo tipo?

Il software per la virtualizzazione dello storage indipendente dai dispositivi, invece, fornisce auto-tiering, thin provisioning, pooling, caching avanzato in lettura/scrittura e numerosi servizi di replicazione/snapshot in modo uniforme su qualunque dispositivo flash/SSD/HDD già installato.
Del resto, una soluzione di questo tipo può essere utilizzata anche con gli investimenti che vi verrà voglia di fare l’anno prossimo, compresi gli eventuali sistemi ibridi.
Il software permette il migliore sfruttamento delle risorse hardware disponibili al costo più basso, indipendentemente da chi lo ha prodotto o dal modello che è stato scelto.

La virtualizzazione dello storage è anche conforme al mandato aziendale di virtualizzare ulteriormente il datacenter.
È uno di quei rari casi in cui l’essere più parsimoniosi si traduce in grandi dividendi extra.

Lo storage definito dal software

Ultimamente hanno preso piede i concetti di “data center definito dal software” e di “storage definito dal software”. Entrambe le definizioni sono diventate uno pseudonimo di “virtualizzazione dello storage”, con un obiettivo più vasto a livello infrastrutturale: abbracciare le molte tecnologie basate su disco e flash, e contemporaneamente le più disparate sfaccettature dei diversi marchi e prodotti.
Senza perdersi in giri semantici, per Gonzalez, il tutto si riduce all’usare software intelligente per gestire ciò che si ha disposizione e ottenere maggior valore da tutto l’hardware di storage presente in azienda.
Sembra un approccio ragionevole, vista la velocità con cui cambiano le tecnologie a disco e i sistemi nel settore dello storage.

Gonzalez chiosa allora con un’avvertenza: «qualunque storage definito dal software che sia inestricabilmente legato a un pezzo di hardware non può essere ciò che viene definito».

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