Sospensione del rapporto di lavoro VI parte 2

Altri casi di assenza Svolgimento di cariche elettive e di funzioni elettorali Parlamento e assemblee regionali I lavoratori eletti membri del Parlamento europeo o nazionale e delle assemblee regionali hanno diritto di essere collocati in aspettativa ( …

Altri casi di assenza

Svolgimento di cariche elettive e di funzioni
elettorali

Parlamento e assemblee regionali
I lavoratori eletti membri del Parlamento europeo o nazionale e delle
assemblee regionali hanno diritto di essere collocati in aspettativa
(non retribuita) per la durata del mandato (art. 31, L. 20 maggio 1970,
n. 300; vedi Cass. 5 ottobre 2006, n. 21396).
I candidati al Parlamento europeo possono chiedere di essere collocati
in aspettativa (non retribuita) fino al giorno della votazione (art.
52, L. 24 gennaio 1979, n. 18).
Enti locali – Aspettativa
Anche i lavoratori eletti negli enti locali hanno diritto di essere
collocati in aspettativa (non retribuita) per la durata del mandato
(art. 31, L. 20 maggio 1970, n. 300). Per i sindaci, i presidenti delle
province, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i
presidenti dei consigli circoscrizionali delle aree metropolitane (come
individuate dall’art. 22, c. 1, D.Lgs. n. 267/2000), i
presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni,
i membri delle giunte di comuni e province, il periodo di aspettativa
è considerato come servizio effettivamente prestato,
nonché come legittimo impedimento per il compimento del
periodo di prova (art. 81, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267). In base a
quanto previsto dall’art 28, comma 2, L. 3 agosto 1999, n.
265 – tuttora in vigore in quanto non abrogato, come gran
parte delle altre disposizioni della legge n. 265, dall’art.
274 del D.Lgs. n. 267 – si ritiene che lo stesso trattamento
debba trovare applicazione a tutti i lavoratori dipendenti eletti negli
organi esecutivi degli enti locali.
L’onere per la copertura previdenziale ed assicurativa
relativa ai periodi di aspettativa è posto a carico
dell’ente locale presso il quale viene esercitato l’incarico
per: i sindaci, i presidenti di provincia, i presidenti di
comunità montane, i presidenti di unioni di comuni e di
consorzi tra enti locali, gli assessori provinciali e gli assessori dei
comuni con più di 10.000 abitanti, i presidenti dei consigli
comunali in Comuni con più di 50.000 abitanti, i presidenti
dei consigli provinciali e i presidenti dei consigli circoscrizionali
nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo
decentramento di funzioni, i presidenti delle aziende anche consortili
(fino alla riforma dei servizi pubblici locali).
L’amministrazione locale è tenuta a comunicare al
datore di lavoro il versamento degli oneri previdenziali e assicurativi
ed a rimborsare al datore di lavoro la quota di accantonamento annuo al
TFR, entro il limite di un dodicesimo dell’indennità di
carica annua. La quota eventualmente residua è posta a
carico del lavoratore interessato (art. 86, D.Lgs. 18 agosto 2000, n.
267).
Enti locali – Permessi
In alternativa all’aspettativa, gli amministratori locali
hanno diritto di ottenere dal datore di lavoro permessi, retribuiti e
non retribuiti, in funzione della carica elettiva ricoperta.
L’attività ed i tempi di espletamento del mandato
per i quali i lavoratori ottengono i permessi devono essere documentati
mediante attestazione dell’ente.
Dopo aver anticipato al lavoratore la retribuzione, il datore di lavoro
richiede il rimborso di quanto corrisposto, per retribuzione e oneri
previdenziali afferenti ai permessi, all’ente presso il quale
sono esercitate le funzioni pubbliche tutelate. Il rimborso viene
effettuato entro 30 giorni dalla richiesta (art. 80, D.Lgs. 18 agosto
2000, n. 267).

Carica
elettiva

Permessi

A)
consiglieri comunali, provinciali, metropolitani, delle
comunità montane e delle unioni di comuni, nonché
dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a
500.000 abitanti (art. 79, c. 1 e 5, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267)

permessi
retribuiti:
per l’intera giornata in cui sono convocati
i consigli. In caso di svolgimento del consiglio in orario serale, il
lavoro non può essere ripreso prima delle ore 8 del giorno
successivo; se la riunione del consiglio si protrae oltre la
mezzanotte, il permesso comprende anche l’intera giornata successiva

permessi non
retribuiti:
fino a 24 ore mensili

B)
membri delle giunte comunali, provinciali, metropolitane, delle
comunità montane, nonché degli organi esecutivi
dei consigli circoscrizionali, dei municipi, delle unioni di comuni e
dei consorzi fra enti locali, ovvero facenti parte delle commissioni
consiliari o circoscrizionali formalmente istituite nonché
delle commissioni comunali previste per legge, ovvero membri delle
conferenze dei capogruppo e degli organismi di pari
opportunità, previsti dagli statuti e dai regolamenti
consiliari (art. 79, c. 3 e 5, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267)

permessi
retribuiti:
per tutta la durata delle riunioni degli
organi di cui fanno parte e per il tempo necessario per raggiungere il
luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro

permessi non
retribuiti:
fino a 24 ore mensili

C)
membri degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle
città metropolitane, delle unioni di comuni, delle
comunità montane e dei consorzi fra enti locali, presidenti
dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali,
nonché presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei
comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti (art. 79, c. 4 e 5,
D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267)

permessi
retribuiti:
fino a 24 ore mensili, oltre a quanto
previsto ai punti A) e B)

permessi non
retribuiti:
fino a 24 ore mensili

D)
sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti
delle comunità montane, presidenti dei consigli provinciali
e dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti (art. 79, c. 4
e 5, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267)

permessi
retribuiti:
fino a 48 ore mensili, oltre a quanto
previsto ai punti A) e B)

permessi non
retribuiti
: fino a 24 ore mensili

Altre cariche
Specifici permessi sono previsti per i consiglieri di parità
di cui al D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 196 (Cap. 4.2.3), per i componenti
degli organi direttivi, provinciali o nazionali, delle associazioni
sindacali dei lavoratori (Cap. 11.2.1) e per i componenti delle
rappresentanze sindacali aziendali (Cap. 11.2.3).

Seggi elettorali
In occasione di tutte le consultazioni elettorali coloro che adempiono
funzioni presso gli uffici elettorali, ivi compresi i rappresentanti
dei candidati nei collegi uninominali e di lista o di gruppo di
candidati nonché, in occasione di referendum, i
rappresentanti dei partiti o gruppi politici e dei promotori del
referendum, hanno diritto ad assentarsi dal lavoro per tutto il periodo
corrispondente alla durata delle relative operazioni (art. 119, D.P.R.
30 marzo 1957, n. 361).
I giorni di assenza dal lavoro compresi nel periodo suddetto sono
retribuiti e considerati, a tutti gli effetti, giorni di
attività lavorativa.
Per i giorni festivi o non lavorativi eventualmente compresi nel
periodo di svolgimento delle operazioni elettorali i lavoratori in
questione hanno diritto al pagamento di specifiche quote retributive,
in aggiunta alla ordinaria retribuzione mensile, ovvero a riposi
compensativi (art. 1, L. 29 gennaio 1992, n. 69).

Servizio militare e attività di
protezione civile
Servizio di leva

Ai sensi del D.Lgs. n. 215/2001 (modificato dalla L. n. 226/2004),
recante disposizioni per disciplinare la trasformazione progressiva
dello strumento militare in professionale, le chiamate per il servizio
obbligatorio di leva sono sospese a decorrere dal 1° gennaio
2005.
Il servizio di leva è ripristinato in caso di guerra o di
grave crisi internazionale, qualora non sia possibile colmare le lacune
con il personale in servizio e con il richiamo del personale volontario
cessato da non più di cinque anni.
Tale servizio ha una durata di dieci mesi prorogabili unicamente in
caso di deliberazione dello stato di guerra.
La chiamata alle armi per adempiere agli obblighi di leva sospende il
rapporto per tutto il periodo della ferma e il lavoratore ha diritto
alla conservazione del posto (art. 77, D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237).
Entro trenta giorni dal congedo o dall’invio in licenza illimitata in
attesa di congedo, il lavoratore deve porsi a disposizione del datore
di lavoro per riprendere servizio. In mancanza è considerato
dimissionario (art. 77, D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237).
Durante il servizio militare di leva al lavoratore non spetta la
retribuzione.
Il periodo in parola è computato
nell’anzianità di servizio (artt. 2110 e 2111
cod.civ.) e i contratti collettivi prevedono, in taluni casi, che sia
considerato utile ai fini degli scatti di anzianità, del
preavviso e del t.f.r.
Richiamo alle armi
Il richiamo alle armi per qualunque esigenza delle forze armate
sospende il rapporto per tutto il periodo di richiamo e il lavoratore
ha diritto alla conservazione del posto (art. 1, L. 10 giugno 1940, n.
653 e art. 1, L. 3 maggio 1955, n. 370).
Alla fine del richiamo, il lavoratore deve porsi a disposizione del
datore di lavoro per riprendere servizio nei termini stabiliti dalla
legge per gli impiegati (art. 30, L. 10 giugno 1940, n. 653) e per gli
operai (art. 5, L. 3 maggio 1955, n. 370).
Il lavoratore non può essere licenziato prima che siano
trascorsi tre mesi dalla ripresa dell’occupazione, salvo giusta causa;
se, senza giustificato impedimento, non si ponga a disposizione del
datore di lavoro nei termini previsti dalla legge, è
considerato dimissionario.
La tutela opera anche nei confronti dei lavoratori (artt. 2, 28 e 29,
L. . 10 giugno 1940, n. 653):
– in prova (il termine rimane sospeso);
– stagionali (limitatamente alla durata del contratto);
– a termine (la decorrenza del termine è sospesa);
– in preavviso di licenziamento (il trattamento economico previsto
spetta fino al termine del richiamo);
– ascritti a ferma minima di terzo grado, riformati, dispensati
dall’adempiere gli obblighi di leva (perché residenti
all’estero e rientrati in patria dopo il compimento del 32°
anno di età) chiamati per la prima volta a prestare servizio
militare in dipendenza di esigenze di carattere eccezionale.
Il periodo di richiamo è computato
nell’anzianità di servizio (art. 1, L. 10 giugno
1940, n. 653 e art. 1, L. 3 maggio 1955, n. 370) e i contratti
collettivi prevedono, in taluni casi, che sia considerato utile ai fini
degli scatti di anzianità e del t.f.r.

Trattamento economico
Per il periodo di richiamo alle armi al lavoratore spetta:
– per i primi due mesi: un’indennità mensile pari
all’intera retribuzione. Tale indennità non
può essere corrisposta per più di due
mensilità nell’arco di un anno, anche se nello stesso
periodo il lavoratore sia assoggettato a più richiami
eccedenti i due mesi;
– successivamente a tale periodo e sino alla fine del richiamo, nel
caso in cui il trattamento economico militare sia inferiore alla
retribuzione inerente all’impiego: un’indennità
mensile pari alla differenza tra i due trattamenti.
Spettano altresì gli assegni per il nucleo familiare nella
misura dovuta sull’ultima retribuzione mensile percepita al momento del
richiamo.
L’indennità è a carico
dell’INPS e viene anticipata dal datore di lavoro che la pone
a conguaglio con le somme dovute all’Istituto;
l’INPS corrisponde direttamente
l’indennità ai lavoratori dei settori commercio,
arti e professioni, agricoltura e proprietà edilizia.
Per ottenere l’indennità, l’interessato
deve presentare al proprio datore di lavoro un documento
dell’autorità militare attestante il richiamo e presentare,
ogni tre mesi, un certificato della stessa autorità
comprovante la permanenza in servizio militare e il grado rivestito
(art. 10, L. 10 giugno 1940, n. 653).

Attività di protezione civile
Ai lavoratori aderenti ad associazioni di volontariato inserite negli
elenchi di cui all’art. 1, c. 3, D.P.R n. 194/2001, impiegati in attività
di
soccorso ed assistenza in occasione di
pubbliche calamità
, vengono garantiti, entro
i limiti delle disponibilità di bilancio e relativamente al
periodo di effettivo impiego, che il datore di lavoro è
tenuto a consentire per periodi non superiori a trenta giorni
continuativi e nel limite complessivo di novanta giorni nell’anno:
a) la conservazione del posto di lavoro;
b) il mantenimento del trattamento economico e previdenziale;
c) la copertura assicurativa contro gli infortuni, secondo le
modalità previste dall’art. 4, L. 11 agosto 1991, n. 266, e
successivi decreti attuativi.
I limiti massimi previsti per l’utilizzo dei volontari nelle
attività di soccorso ed assistenza sono elevati fino a
sessanta giorni continuativi e fino a centottanta giorni
nell’anno in occasione di eventi per i quali è
dichiarato lo stato di emergenza nazionale.
Per le attività di pianificazione, di
simulazione di emergenza e di formazione teorico-pratica
,
i benefici di cui sopra si applicano per un periodo non superiore a
dieci giorni continuativi e fino ad un massimo di trenta giorni
nell’anno. In questi casi il permesso di assentarsi deve essere chiesto
al datore di lavoro, a cura degli interessati o delle associazioni di
appartenenza, con un preavviso di almeno quindici giorni.
Il datore di lavoro può ottenere il rimborso
della retribuzione corrisposta per i periodi di assenza
.
La relativa richiesta deve essere presentata entro due anni dalla
conclusione dell’intervento – anche per il tramite
della Regione o degli altri enti territoriali autorizzati –
all’Agenzia della protezione civile territorialmente
competente e deve indicare analiticamente la qualifica professionale
del lavoratore, la sua retribuzione giornaliera, le giornate di assenza
dal lavoro, l’evento cui si riferisce la richiesta di
rimborso, le modalità di accreditamento di quanto richiesto.
Le disposizioni in parola si applicano anche nel caso di iniziative ed
attività svolte all’estero, se autorizzate preventivamente
dall’Agenzia della protezione civile.

Volontari del soccorso alpino e speleologico
I volontari del Corpo nazionale del soccorso alpino e
speleologico del CAI hanno diritto di assentarsi dal lavoro nei giorni
in cui si svolgono le operazioni di soccorso e le relative
esercitazioni. Se le operazioni di soccorso si sono protratte per
più di otto ore ovvero oltre la mezzanotte, il lavoratore ha
diritto di assentarsi anche nella giornata successiva (art. 1, L. 18
febbraio 1992, n. 162). L’astensione dal lavoro per
l’intera giornata spetta anche per un intervento di breve
durata (ML circ. n. 11/1995).
Per i giorni di assenza dal lavoro compete al lavoratore l’intero
trattamento economico e previdenziale. Il datore di lavoro
può richiedere il rimborso della retribuzione corrisposta
all’istituto di previdenza cui il lavoratore è iscritto.
La domanda deve essere inoltrata entro la fine del mese successivo a
quello in cui il lavoratore ha effettuato l’operazione di
soccorso o l’esercitazione e deve contenere le
generalità del lavoratore che ha effettuato
l’operazione di soccorso o l’esercitazione,
l’importo della retribuzione corrisposta,
l’attestazione del sindaco del comune territorialmente
competente comprovante l’avvenuto impiego nelle predette
attività ed i relativi tempi di durata, la dichiarazione
sottoscritta dallo stesso datore di lavoro indicante la corrispondente
astensione dal lavoro, la dichiarazione del singolo lavoratore
attestante l’appartenenza al Corpo nazionale del soccorso
alpino e speleologico.

Sanzioni

 

(per maggiori approfondimenti vedi Manuale
lavoro
, Novecento Media)

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