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Software defined storage, perché servirà sempre di più

Di tutto il mondo IT quello storage è forse il mercato che sta vivendo la rivoluzione più profonda. Non solo i dati sono sempre più grandi, ma sono anche veloci, specie nel ritmo di crescita, tanto che il 90% dei dati attualmente esistenti sono stati creati negli ultimi due anni.

Ma anche veloci per come si muovono dentro e fuori un’infrastruttura. Questa evoluzione sta mettendo fuori gioco i sistemi storage tradizionali, a vantaggio delle nuove piattaforme software defined, nelle quali la componente logica gioca un ruolo fondamentale.

Tra le principali cause di questo cambiamento c’è il cloud, che mette in primo piano caratteristiche quali flessibilità e dinamicità.

“Le esigenze storage sono cambiate così come sono cambiate le sfide che tutti i giorni vivono i nostri clienti”, spiega Alberto Fidanza, storage sales leader di Red Hat Italia.

Lo storage rimane una fetta molto importante del budget IT, fra le prime 3 top spending category, con un peso complessivo attorno ai 16 miliardi di dollari, a fronte di una crescita dei dati in ambiente enterprise del 40% anno su anno e di un trend non accenna a diminuire.

Alberto Fidanza, Red Hat

“Sono molti i fattori che influenzano questa crescita, dalla esplosione dei social media che fanno ampio uso del cloud, alle applicazioni di video on demand e video surveillance, peraltro a risoluzioni sempre più elevate, al mercato media & entertainment, fino al mondo della medicina, sempre più legato a un uso marcato delle immagini”, aggiunge Fidanza

Per anni la scelta dello storage è stata guidata dalla previsione dei fabbisogni e quindi dell’hardware in grado di soddisfarli. Oggi la crescita dei dati e la continua innovazione spinge le aziende a richiedere ottimizzazione, scalabilità e la possibilità di pagare solo ciò che si usa, cioè ridurre i costi.

Ma vi è anche un altro risvolto dovuto alle nuove normative: i requisiti sempre più stringenti sul controllo dei dati tendono a incrementare ulteriormente l’attrattiva verso il cloud ibrido, che rappresenta un compromesso tra le esigenze delle persone dell’IT e i costi vantaggiosi promessi dalle piattaforme cloud pubbliche.

Per questo, gli investimenti storage hanno da tempo iniziato a spostarsi verso il software defined, e da un’infrastruttura IT tradizionale verso ambienti cloud, sia pubblici che privati.

Sempre secondo Fidanza, “una piattaforma moderna deve avere alcune caratteristiche fondamentali, quali una gestione flessibile e dinamica, un provisioning più rapido e semplice, funzionalità autonome di gestione dello storage e la possibilità di usara hardware standard, tipicamente di costo inferiore.”

Tutte caratteristiche offerte dallo storag -software defined, che è aperto per definizione, perché separa di fatto hardware e software.

“Il nostro storage software defined è anche open source. Si avvale delle innovazioni della community di sviluppatori, partner e clienti, permettendo di controllare totalmente la formattazione e l’utilizzo dello storage a seconda dei carichi di lavoro, degli ambienti e delle necessità specifiche della tua azienda”, dice Fidanza.

Il software defined storage per Red Hat deve puntare sulla flessibilità, offrendo una serie  di vantaggi, a livello di automazione (gestione semplificata che agevola il contenimento dei costi), interfacce standard (API per la gestione e la manutenzione dei dispositivi e dei servizi di storage) scalabilità (possibilità di scalare in senso orizzontale l’infrastruttura di storage senza ostacolarne le prestazioni) e trasparenza (abilità di monitorare e gestire lo storage con piena consapevolezza delle risorse disponibili e dei loro cost)i.

Il sofware defined storage è economico ed è scalabile sia in orizzontale che in verticale, ciò consente di adeguare capacità e prestazioni in modo indipendente. “In questo modo, le organizzazioni IT possono aggiungere capacità in modo incrementale, con pochi nodi alla volta, affinché sia possibile aumentare lo storage parallelamente all’aumento della domanda invece di dover investire in una quantità sempre maggiore di hardware come succede per gli storage array tradizionali”, spiega Fidanza.

L’infrastruttura può essere creata combinando diverse sorgenti di dati. È possibile mettere in rete piattaforme per oggetti, sistemi di dischi esterni, risorse disco o flash, server virtuali e risorse su cloud (anche dati dedicati ai carichi di lavoro) per ottenere un unico volume di storage.

Infine, il software defined storage può adeguarsi alle nuove esigenze di capacità in modo automatico. Poiché in realtà non si basa sull’hardware, l’automazione è anch’essa automatica, nel senso che può acquisire quanto necessario da qualsiasi volume di storage connesso. Il sistema di storage può quindi adeguarsi alle esigenze prestazionali e dei dati senza l’intervento dell’amministratore, senza nuove connessioni o nuovo hardware.

Oltre a coprire tutte le tipologie di storage oggi utilizzate, che si tratti di blocchi, file od oggetti, Red Hat ha puntato sulla propria competenza nel campo dei container con la soluzione Openshift cui ha integrato la gestione dello storage per le applicazioni persistenti.

Ma non solo. In uno scenario di Private Cloud, molte aziende che hanno adottato OpenStack come soluzione di NFV (Network Function Virtualization) beneficiano dello storage Red Hat integrato. L’adozione di OpenStack con Ceph infatti è sposata nel 65 percento dei casi diventando di fatto lo standard.”

I data lake creati da e per i clienti

Ulteriore scenario è quello dei Data Lake in cui la proposta Red Hat è nata su sollecitazione dei clienti. “Mentre fino a pochi anni fa parlare di Data Lake significava parlare esclusivamente di Hadoop, oggi si sta variegando lo scenario di soluzioni, tra chi per esempio fa data ingestion o chi offre soluzioni di machine learning, come Kafka, Spark, Map Reduce, Presto”.

Ogni dipartimento ha creato il proprio Data Lake, e con la loro proliferazione è aumentata la quantità di dati da gestire. Tra chi ha scelto di creare un unico grande cluster e chi ha preferito spezzettarli con dati ridondati, si è inserita Red Hat con la sua soluzione di condivisione dati appunto Shared Data Lake.

L’ampiezza dell’offerta si è di fatto ripagata, come conferma Fidanza: i clienti Red Hat Storage oggi in Italia sono oltre cinquanta con una crescita anno su anno a tre cifre. Ci sono tutte le telco, le prime due energy company e le prime cinque banche, molto aziende di manufacturing e una forte presenza di minister ed enti pubblici”.

 

 

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