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Semiconduttori: la crisi vista da vicino

La crisi in atto nell’attuale fornitura di semiconduttori ha radici antiche. Le analizziamo lcon Andrea Rossi, Ad di Ics Industrial, realtà milanese introdotta nella scena cinese, a Shenzhen: shortage, contraffazione, accaparramento, escalation nei prezzi.

È noto a tutti che l’industria dei semiconduttori sia entrata in crisi per una difficoltà intrinseca di reperimento di componenti e che ne abbia ancora per un bel po’. Una crisi con portata planetaria che ha anche una presa di coscienza collettiva.

Della crisi relativa alle difficoltà di approvvigionamento dei semiconduttori se ne è accorto chi ha deciso di acquistare un’autovettura (ritardi nella consegna: oramai i chip sono il componente numero uno) o chi ha cercato di riparare un elettrodomestico: se già prima del Covid era pratica scoraggiata dal mercato, ora lo è ancora di più.

Già, la pandemia: fra le cause note, evidenti, delle difficoltà che sta conoscendo il mondo dei semiconduttori è al primo posto, e soprattutto lo è l’effetto che ha prodotto sull’intera catena fornitura-produzione dei semiconduttori.

Da inizio 2020 si sono vendute meno auto, ma molti più computer e dispositivi elettronici per lo smart working: il mercato ha spostato il suo asse e ora che le cose stanno cercando di tornare su antichi binari, i rapporti di forza sono cambiati. E nel frattempo in tutto il mondo è partito il 5G, con quanto ne consegue a livello di dispositivi IoT e di edge computing e delle innumerevoli applicazioni dell’intelligenza artificiale.

Ma forse c’è dell’altro, di meno funzionale e più geopolitico. Come il tiro alla fune fra Cina e Usa (dove i semiconduttori sono il quarto settore per export, dopo aerospaziale e petrolio, greggio e raffinato) per questioni di dazi e di equilibri sul grande mercato in cui ci sono anche le aziende taiwanesi (come Tsmc) e coreane (come Samsung).

E la Semiconductor Industry Association ha comunicato recentemente che la domanda di semiconduttori nel 2020 è cresciuta del 6,8%, (per 440 miliardi di dollari), a un tasso di incremento notevole per un settore maturo. Un numero che non solo si è mantenuto in crescita nel primo trimestre del 2021, ma che è addirittura raddoppiato (+12%) e che sarà destinato a crescere ulteriormente. Gli analisti, anche i più conservativi, parlano di un +19% entro la fine di quest’anno. Sono questi dati che non si vedevano da dieci anni almeno nel settore dei semiconduttori.

Semiconduttori, cosa dice chi conosce la Cina

Questo è il quadro. Ma che ci possa essere dell’altro lo testimonia Andrea Rossi, amministratore delegato e fondatore di Ics Industrial, azienda con sede a Milano, il cui nome sta per “I Choose Shenzhen”. Una dichiarazione di intenti nel brand, poiché, spiega Rossi, “Shenzhen è la capitale globale del business dell’hardware: il 90% dell’elettronica mondiale viene scambiato lì“.

40 anni, Andrea Rossi è amministratore delegato di ICS Industrial, con sede a Milano. Rossi ha vissuto un anno a Shenzhen prima di creare ICS per ridurre la distanza tra stock di componenti ubicati in Cina e aziende di produzione, con un business model basato sulla disintermediazione

Ics Industrial, ha spiegato Rossi, nasce per consentire alle aziende di eliminare passaggi superflui nel processo di acquisto di componenti elettronici. Solitamente le aziende che acquistano i componenti hanno davanti due strade. Una è quella dei distributori ufficiali che distribuiscono i maggiori brand di semiconduttori (ST, NXP, Microchip, Texas Instruments e molti altri). “Al momento questi non hanno scorte di molte parti“, dice Rossi. Poi ci sono i broker locali, italiani o europei, che acquistano dalla Cina. A propria volta si rivolgono a broker asiatici, “con conseguenti prezzi alti per l’utilizzatore finale. Noi ci rivolgiamo direttamente ai detentori di stock nel principale mercato globale, ossia Shenzhen“.

Attualmente, spiega Rossi, il mercato globale dei semiconduttori è scosso a causa della irreperibilità di componenti fondamentali per la realizzazione dei prodotti. I componenti sono identificati grazie a un part number, un codice alfanumerico. “Molti part number – dice Rossi – sono al momento difficilissimi da rintracciare. I canali ufficiali indicano tempi di consegna talvolta di 26 o anche 52 settimane, senza la garanzia che possano essere rispettati“.

Le ragioni dello stallo

I produttori di semiconduttori fabbricano molto in Cina e nel marzo e aprile dello scorso anno, in pieno lockdown cinese, le fabbriche hanno interrotto o rallentato considerevolmente la produzione. L’onda lunga sta arrivando ora.

Durante il 2020, due settori in particolare hanno aumentato la domanda di componenti: elettromedicale e Tlc per la necessità di produrre dispositivi a contrasto della pandemia (respiratori, termometri, saturimetri) e per alimentare lo smart working. Il risultato, spiega Rossi, è che gli stock globali di componenti disponibili per gli altri settori si sono ridotti notevolmente e i danni sono emersi proprio in queste settimane.

Il portato è una difficoltà diffusa, da parte di chi realizza di prodotti contenenti materiale elettronico, ad approvvigionarsi di parti fondamentali.

I prezzi sono in costante rialzo: “abbiamo visto quotazioni sino a 10/15 volte il valore di mercato in tempi normali – sostiene Rossi -. Chi è in possesso di determinati part number, considerati popolari e appetibili, si rifiuta talvolta di vendere per far sì che il prezzo subisca un ulteriore rialzo nel mercato“.

C’è anche il problema della contraffazione

Poiché i componenti sono di difficile reperibilità, il mercato dei componenti contraffatti, che già prima della crisi dei semiconduttori era florido, sostiene Rossi, si sta espandendo a ritmi sostenuti.

Molte aziende asiatiche sono impegnate a riprodurre gli schemi elettrici presenti nelle schede tecniche dei componenti originali e a produrre componenti contraffatti apponendo sulla superficie dei chip marcature che ricalcano quelle originali. Con il risultato che talvolta è arduo riconoscere un componente originale da uno contraffatto.

Per Rossi le conseguenze di questa crisi hanno un impatto diretto sui tempi di consegna dei prodotti finiti, sui posti di lavoro, sui prezzi: “molte aziende clienti ci stanno esprimendo preoccupazione per le conseguenze drammatiche che questa crisi avrà nel caso in cui si dovesse protrarre a lungo, con effetti sul lavoro e sulla sopravvivenza stessa delle aziende“.

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