Riflessioni per una vera innovazione di canale

Partendo da un parallelismo con le Pmi (una volta tanto analizzate non come clienti…) ecco alcuni spunti per migliorare il modello di business Sempre che non si tema “osare”

Ci avete mai pensato? Le Pmi siamo noi! Abituati come siamo a seguire le necessità delle Pmi italiane a livello di clienti, ci siamo scordati che gli stessi rivenditori di Ict (Var e system integrator compresi) sono piccole e a volte medie imprese italiane. Con gli stessi bisogni, la stessa modalità di sopravvivenza rispetto alla concorrenza e alla gestione della propria crescita.

Quindi, quello che mi permetto di fare oggi è avvicinarmi, neanche tanto in punta di piedi, a ciò che le Pmi italiane hanno bisogno per vivere e crescere.
A cominciare dall’innovazione. Voce da bilancio purtroppo negativa. In Italia si investe solo l’1% del Pil in ricerca e sviluppo, ovvero circa la metà di quanto investono mediamente gli altri 15 Paesi dell’Unione.

E non credo, anche se sono pronta a contraddirmi, che il canale faccia di meglio (ma ripeto, sono pronta a vederla in maniera diversa: mandatemi i fatti).
D’altra parte, mi direte, come può innovare il canale Ict? Ma allora è vero che “il ciabattino porta le scarpe rotte”? Come si fa a non innovare se ci si occupa di Ict? L’innovazione è nel Dna.
E aggiungo solo che nel sistema di globalizzazione in cui viviamo innovare è necessario, anche per crescere.

E a proposito di crescita vediamo – seguendo un’analisi firmata dall’Economist in collaborazione con Sap sulle realtà italiane – in che modo hanno intenzione di crescere le Pmi italiane (vediamo se vi ritrovate in questa tendenza).
Il campione è di 277 aziende e la maggioranza degli executive interpellati afferma che si dà per scontato il difficile ampliamento della base clienti, ma che esiste un notevole margine di manovra in termini di incremento e miglioramento dell’efficienza operativa.
Una crescita che deve essere profittevole e sostenibile. E questo è un dato interessante perché è molto differente dalle risposte di altre realtà europee che attribuiscono la massima priorità di crescita all’incremento del fatturato. In Italia non si pensa più così.

L’obiettivo della maggior parte delle imprese italiane è identificato in una crescita organica – preferito a quella che potrebbe essere raggiunta per fusione e/o acquisizione. Ma, oltre al contare sulle proprie risorse, si fa strada la leva della cooperazione e delle alleanze. Alleanze che potrebbero verificarsi anche oltre confine.

Ma che vantaggi ha la Pmi che pensa e vive le sfide di questo periodo come abbiamo sopra delineato?
Innanzitutto ha dalla sua la flessibilità e le relazioni con i clienti, caratteristica questa molto italiana e molto apprezzata che, però, in caso di crescita spesso sono le prime a “sparire”. Altro tema “sensibile alle Pmi”: il ruolo dell’Ict. Anche in questo caso siamo abituati a leggere questo tema dalla parte del cliente. Ma l’Ict anche per il canale ha un ruolo fondamentale per migliorare il servizio ai clienti e le interazioni con i partner e i fornitori.

E poi con l’Ict (ecco che torno sull’argomento) si fa innovazione.
E torno a chiedere: chi di voi sta innovando? La domanda non è retorica: sono qui in questi giorni anche per conoscere meglio e parlare anche di voi sulla mia rivista. Certo, fare innovazione è difficile e ha risultati incerti. Ma non fare innovazione oggi ha un solo risultato certo: il fallimento (la battuta non è mia, ma del Mip Politecnico di Milano).

Continuando sul tema dell’innovazione che io considero, lo avrete capito, fondamentale per il Sistema Italia e per ogni impresa con a capo un buon imprenditore, prendo a prestito – sempre dal Mip – una serie di motivi per cui non si farebbe innovazione: è rischioso; è difficile perché occorrono nuove competenze; costa; cannibalizza l’offerta preesistente; si è sempre fatto così; il nostro è un settore maturo; operiamo in una nicchia protetta; i nostri concorrenti stanno facendo come noi. Tutte buone scuse, non c’è che dire e che magari “funzionano anche molto bene in certi momenti storici di una vita aziendale”.

Ma, vi incalzo dicendo che il ruolo dell’imprenditore (e attenzione non è solo imprenditore il nostro cliente) è quello di: aprire l’impresa al confronto; interpretare i segnali e sviluppare la visione. E anche promuovere la cultura della gestione per progetti assieme alla cultura della sperimentazione. E poi, bisogna veramente iniziare ad allevare i project manager champion (il tema della gestione del personale meriterebbe un capitolo a parte). Bisogna imparare a delegare e forse anche iniziare a osare.

In questo momento il canale Ict italiano, malgrado tutto è ancora in una botte di ferro rispetto alle altre Pmi che già risentono della concorrenza cinese. Ma che farete quando un rivenditore con gli occhi a mandorla vi soffierà il cliente?

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