Home Aziende Cisco Cisco: intelligenza artificiale, le aziende italiane non sono ancora pronte

Cisco: intelligenza artificiale, le aziende italiane non sono ancora pronte

In Italia solo una piccolissima percentuale (8%) delle aziende è del tutto pronta a implementare e sfruttare le tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, mentre il 3% è del tutto impreparata. Il 63% rientra invece nella categoria delle aziende “follower”, ossia preparate solo in parte, con un 26% che ritiene di avere un grande focus sull’AI, anche se non è del tutto pronto.

Sono questi i dati principali che emergono dalla 1° Edizione del AI Readiness Index di Cisco, una ricerca che ha coinvolto oltre 8.000 aziende in tutto il mondo per tracciare lo scenario di un mercato in cui l’adozione dell’intelligenza artificiale sta accelerando tanto da produrre una trasformazione profonda, con impatti decisivi su quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana e dell’attività delle imprese.

Luci e ombre di una nuova generazione tecnologica

Dal report – sottolinea Cisco – emergono delle mancanze significative rispetto a infrastrutture e aree chiave per il business, che generano rischi per il prossimo futuro. L’adozione dell’AI in realtà è cresciuta lentamente per decenni, ma l’evoluzione dell’AI generativa unita alla disponibilità per il vasto pubblico ha prodotto sfide, cambiamenti e nuove possibilità.

Nonostante l’84% dei manager intervistati ritenga che l’intelligenza artificiale avrà un impatto rilevante sull’operatività della propria azienda, non vanno sottovalutati gli aspetti legati a privacy dei dati e sicurezza. La maggiore complessità che si deve affrontare riguarda la capacità di sfruttare l’AI con i propri dati, e l’82% pensa che le difficoltà nascano dal fatto che i dati aziendali sono in “silo”, quindi non facilmente disponibili in modo integrato.

Nello studio viene evidenziata però una nota positiva: le aziende italiane stanno agendo in modo proattivo per prepararsi a un futuro in cui l’AI sarà centrale.  Riguardo alla costruzione di una strategia, circa un terzo delle aziende è stato classificato come “pacesetter”, ovvero pienamene preparato, il che indica un focus degli executive e della leadership IT sul tema, che si rispecchia anche nel fatto che il 95% dichiara che nella loro azienda l’urgenza di implementare tecnologie AI è aumentata negli ultimi 6 mesi, con due aree di applicazione prioritarie: nell’infrastruttura IT e nella cybersecurity.

La corsa per prepararsi all’AI è partita, e c’è una forte pressione per passare dalla pianificazione strategica all’esecuzione, per capitalizzare il potenziale di trasformazione di questa tecnologia”, ha dichiarato Liz Centoni, Executive Vice President e General Manager, Applications e Chief Strategy Officer di Cisco. “Per sfruttare i vantaggi dei prodotti e dei servizi basati sull’AI, le aziende hanno bisogno di soluzioni che offrano sicurezza, osservabilità per i loro modelli e strumenti AI, così da garantire le prestazioni, proteggere dati e sistemi sensibili, fornire risultati affidabili ottenuti in modo responsabile”.

La preparazione per l’intelligenza artificiale delle aziende italiane: i dati

La prima edizione dell’AI Readiness Index di Cisco ha evidenziato, rispetto all’AI, 6 fattori principali:

  1. Strategia – siamo sulla buona strada. Il 73% delle aziende italiane è pronta o in buona parte pronta; il 92% dichiara di avere già o di stare sviluppando una strategia di intelligenza artificiale ben definita. Un valido segnale, anche se c’è ancora da fare.
  2. Infrastruttura: le reti non sono strutturate per le esigenze dei carichi di lavoro AI. Il 95% delle aziende, a livello globale, sa che l’intelligenza artificiale aumenterà i carichi di lavoro che l’infrastruttura deve gestire. Punto dolente in particolare nel nostro paese: solo il 24% ritiene di avere in azienda un’infrastruttura altamente scalabile, necessaria per supportare l’enorme aumento dei carichi di lavoro che l’AI comporta. Il 68% ritiene di avere una scalabilità limitata, o nessuna scalabilità per quanto riguarda la capacità delle infrastrutture IT a disposizione per vincere le nuove sfide dell’AI. Per oltre tre quarti (77%) il problema è procurarsi ulteriori GPU grafiche, ma vi sono anche problemi di latenza e capacità.
  3. Dati: non dimenticarsi di avere i dati “pronti per l’AI” – I dati sono la spina dorsale di un’operatività che sfrutti l’AI, ma è anche l’area in cui c’è meno preparazione in assoluto, con il 27% delle aziende italiane del tutto impreparate (verso un 17% globale). L’82% delle aziende nel nostro Paese afferma che i dati nella loro organizzazione sono in parte non integrati o frammentati. Questo è un ostacolo grave perché la complessità di integrare dati che risiedono in diverse fonti e renderli disponibili per le elaborazioni dell’AI può incidere sulla capacità di sfruttare le applicazioni basate su intelligenza artificiale in tutto il loro potenziale.
  4. Competenze per l’AI: una nuova era di digital divide – I membri dei consigli di amministrazione e il top management sono le persone che più facilmente abbracciano il cambiamento dell’AI nel mondo e anche in Italia, dove l’85% e il 78% mostra rispettivamente una ricettività elevata o moderata sull’argomento. Tuttavia c’è ancora molto da fare per coinvolgere sia le figure di management intermedie, dove si riscontra un 25% che non è ricettivo o lo è in modo molto limitato, e sia i dipendenti, dove si riferisce di un 33% di persone che hanno poca o nessuna disponibilità ad adottare l’AI. Inoltre, la necessità di avere competenze specifiche sull’AI rivela una nuova era di digital divide. In Italia il 94% dichiara di aver investito per riqualificare in tal senso i dipendenti già attivi, mentre il 27% ha espresso dubbi sull’effettiva disponibilità di sufficiente personale dotato delle conoscenze necessarie.
  5. Governance: una falsa partenza per l’adozione di policy AI – Il 77% delle organizzazioni italiane dichiara di non avere policy AI onnicomprensive, ma questa è un’area da affrontare se le aziende vogliono considerare e governare tutti i fattori che possono presentare rischi, in termini di fiducia del mercato e fiducia nella tecnologia. Questi fattori sono la privacy dei dati e la sovranità, la comprensione delle normative globali e il rispetto delle stesse. Inoltre si deve fare molta attenzione a temi come i bias, l’equità, la trasparenza nei dati e negli algoritmi.
  6. Cultura: poca preparazione ma molta motivazione per renderla una priorità. Questo pillar ha la quota più bassa di aziende “pacesetter” (del tutto pronte) che sono il 7%, rispetto alle altre categorie. Il 13% non ha dei piani di change management, e coloro che li hanno, nell’85% dei casi sono ancora in progress. Gli executive sono i più ricettivi al cambiamento interno all’azienda che l’intelligenza artificiale comporta, e devono quindi guidare lo sviluppo di piani completi e comunicarli chiaramente al management intermedio e ai dipendenti che già, come visto, hanno livelli inferiori di accettazione culturale. La buona notizia è che la motivazione ad agire per il tema culturale è alta. Otto su dieci hanno dichiarato che la loro organizzazione sta prendendo in considerazione l’AI con un livello di urgenza moderato o elevato, e solo l’1% ha riferito di essere del tutto resistente al cambiamento.

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