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Quip: scrivere insieme per il mondo Post-Pc

In un mondo, purtroppo ancora ideale, in cui la connettività a Internet non è un problema, il vantaggio degli strumenti web-based
rispetto alle applicazioni tradizionali installate sull’hard disk del Mac si fa
più evidente. Non è una questione di funzioni messe a
disposizione, perché gli
strumenti online sono quasi sempre piuttosto minimali, ma della possibilità di intervenire in più persone, in qualsiasi momento, sullo
stesso documento. Il punto chiave in questo senso è la possibilità della collaborazione, senza dover ricorrere a qualche
strumento più costoso
e architetturalmente più complesso perché separato tra componenti client che sono sui vari Mac e
altre componenti server che risiedono altrove. A fare da apripista sono state
indubbiamente le Google Apps, ma ora non mancano le soluzioni anche più gradevoli esteticamente e
funzionalmente.

Se
restringiamo il campo all’elaborazione testi, Quip è il servizio del momento. È stato descritto da qualcuno come “il
word processor per la generazione di Facebook
”,
probabilmente giocando sul fatto che a crearlo è stato l’ex Chief Technical Officer
proprio di Facebook, Bret Taylor. Ma c’è anche un pizzico di Google, dato che Taylor è in compagnia di Kevin Gibbs, uno dei
creatori del “motore” delle Google Apps. Il collegamento con Facebook ha qualcosa
di vero, ma da un punto di vista molto più “di rottura” rispetto alla semplice idea di utilizzare un word processor
all’interno di un browser o, come vedremo, in un’App per smartphone o tablet.

Rispetto ad altre alternative online, Quip è stato studiato abbandonando
completamente il modello del foglio di carta e sostituendolo, se vogliamo, con
quello della pagina web: il flusso della scrittura non ha i limiti “fisici” del foglio A4 simulato e si snoda semplicemente in un
susseguirsi di paragrafi, che possono differire solo per una formattazione di
base. Anche per Quip vale quindi una considerazione che abbiamo fatto spesso:
eliminare funzioni, comandi, pulsanti, toolbar e via dicendo aiuta a
concentrarsi sul contenuto, ma quella (piccola, però
non trascurabile) percentuale di utenti che ha effettivamente bisogno di un
attento controllo della formattazione resterà perplessa.

I
primi passi

Attivare
un account su Quip è semplice:
ci si porta sul sito quip.com, ci si registra
con un indirizzo e-mail valido e dopo pochi secondi – il tempo di confermare i messaggio
e-mail di verifica che riceveremo – si è pronti per cominciare. Dato che Quip è essenzialmente un prodotto
collaborativo, ci viene chiesto di importare i contatti di alcune nostre
rubriche, operazione che possiamo tranquillamente saltare per
ovvie ragioni di privacy, rimandando il coinvolgimento di altre persone al
momento più opportuno
e in maniera più mirata,
documento per documento.

La
schermata principale di Quip – il Desktop, – è molto semplice e lineare. A sinistra c’è una colonna dedicata alla messaggistica, dove saranno
visualizzati i flussi di conversazioni (thread, in gergo) con gli altri utenti
Quip con cui collaboreremo. La dinamica è quella classica delle chat in stile Messaggi o della chat
di Facebook. Sulla destra si trova la nostra scrivania virtuale, sulla quale
sono appoggiati i singoli documenti e le cartelle che ne possono contenere più di uno. Per spostare un documento in
una cartella basta “impugnarlo” con il mouse e trascinarlo sulla cartella voluta,
direttamente sul Desktop oppure sfruttando l’elenco di cartelle che viene
immediatamente visualizzato a sinistra. Questo elenco serve
soprattutto per trascinare un documento in una cartella “esterna” a quella dove si trova oppure per
creare con un gesto solo una nuova cartella e metterci dentro il documento
stesso. Quip supporta una gerarchia di cartelle nidificate a piacere.

Le
cartelle nascono come private, ossia visibili e gestibili solo da chi le ha
create. Una cartella specifica Archivio è presente di default e non può essere cancellata: qui finiranno
tutti i documenti sui quali il lavoro è terminato e che non vogliamo cancellare del tutto bensì appunto archiviare, ossia mettere al
sicuro in una cartella sempre invisibile agli altri. Non appena inviteremo
qualcuno a condividere una nostra cartella, condivideremo di fatto tutti i
documenti che si trovano in essa o che vi si troveranno. Le cartelle hanno un
piccolo menu contestuale che si attiva dal simbolo dell’ingranaggio o dal loro nome nella barra superiore del Desktop: offre alcune funzioni
di base tra cui la cancellazione, che essendo irreversibile è preceduta da un messaggio di avviso
che non si può ignorare. C’è un menu contestuale anche per i documenti, ma con due sole
opzioni: archiviazione e cancellazione.

In
basso a destra, nel Desktop ma anche all’interno dei documenti, appariranno le
notifiche dei messaggi che riceviamo dai nostri contatti, in modo da non
perderle. I messaggi sono ovviamente presenti anche nella
colonna sinistra, ma è possibile visualizzarli e rispondervi subito anche se la
colonna è nascosta,
come quando stiamo editando un documento. Quip prevede varie notifiche legate
ai messaggi: oltre a mostrarli all’interno della sua interfaccia, per default
invia una e-mail ogni volta che riceviamo un messaggio (
ma è un’opzione
che consigliamo in generale di disattivare) e può anche visualizzare una Notifica sui
dispositivi iOS e sui Mac.
Notifiche simili ci arrivano anche quando qualcuno aggiunge o toglie documenti
dalle cartelle che ha in comune con noi. Queste e altre impostazioni si
raggiungono dal menu associato all’ingranaggio che si trova a sinistra della
barra superiore del Desktop, mentre a destra c’è il pulsante per creare una nuova
cartella.

L’editor

Il
grosso pulsante tondo in basso a destra serve a creare un nuovo documento
vuoto, operazione che ci porta all’editor vero e proprio. I documenti già creati si aprono con un clic singolo.
La finestra di lavoro è divisa
in due parti: sulla sinistra c’è ancora un pannello per messaggi, dove però in questo caso saranno presenti solo
elementi legati allo specifico documento: le modifiche apportate da chi vi
lavora e dei messaggi generici che queste persone possono scambiarsi in merito
al contenuto del documento stesso. Questi messaggi sono replicati anche nel
Desktop, quindi è quasi
impossibile perderne traccia.

L’editor
di testo in sé è esteticamente molto gradevole ma
anche molto minimalista, gli strumenti a disposizione sono pochi e fanno in
modo di non farsi notare. La gestione del testo, come accennato, è organizzata solo in paragrafi e
ricorda moltissimo quella dell’editor integrato in WordPress e in generale gli
editor testuali pensati per la creazione di pagine web. I comandi di
formattazione agiscono anch’essi sulla totalità di un paragrafo e si richiamano con un discreto pulsante
azzurro che si trova immediatamente alla destra del paragrafo stesso. In una perfetta logica HTML o Markdown, un paragrafo può essere di testo non formattato, un
titolo (header) con tre grandezze tra cui scegliere oppure un elenco (puntato,
numerato, con segni di spunta). Altro non c’è, abbiamo al massimo la possibilità di rendere parte del testo in grassetto, corsivo o
sottolineato, selezionandolo e usando le classiche combinazioni di tasti
Comando + B/I/L (non ci sono pulsanti o menu per questa funzione). In
particolare, il font a disposizione è solo quello di sistema e non se ne possono variare né il colore né le dimensioni.

A
parte digitare del testo e formattarlo come descritto, l’editor di Quip
consente di gestire gli elementi tipici di una pagina web (immagini, tabelle,
link ipertestuali) e quelli che fanno riferimento a una piattaforma di
collaborazione, quindi puntatori a documenti condivisi e ad altri utenti di
Quip. Questi devono essere preventivamente invitati a condividere il documento
stesso, non si può fare
riferimento a utenti generici per evitare “collaborazioni” indesiderate o inutili ma attivate
per errore. Tutti questi inserimenti avvengono grazie al pulsantino con il
simbolo @, in alto a destra. La dotazione limitata di
strumenti non significa che con Quip non si producano documenti efficaci e
piacevoli. Anzi, il minimalismo obbligato ci impedisce di creare quei documenti
con tanti elementi grafici e testo di font, dimensioni e colori diversi che
inizialmente appaiono “ricchi” ma che poi si rivelano poco capaci di
comunicare in maniera efficace.

Quello che è certo è che l’approccio di Quip riporta in
auge la vecchia, e secondo noi positiva, distinzione fra scrivere e impaginare.
Il nocciolo per Quip sono i contenuti e la collaborazione: ciò che viene prodotto in questo modo può poi essere passato a persone e
strumenti diversi che, se serve, lo elaboreranno in maniera più d’effetto e accattivante. E non è detto che serva: ora che la
comunicazione avviene sempre più su pagine digitali e sempre meno sulla carta e che si è capito come le pagine più lineari siano
anche le più efficaci,
il frutto di Quip può essere utilizzato più direttamente. Anche se non con un banale copia-incolla,
beninteso.

Certo
la mancanza di alcuni strumenti si fa sentire, per chi è abituato ad altri tool. Ad esempio
non esiste una funzione per il conteggio dei caratteri e soprattutto Quip è, almeno al momento, quasi privo di
funzioni per importare ed esportare documenti. Sul Desktop possiamo avere solo
documenti creati con Quip e non se ne possono importare di già esistenti, probabilmente per non
affrontare gli inevitabili problemi di conversione che presenterebbe
l’importazione verso un ambiente di editing a formattazione minimale come Quip.
In un documento Quip non si possono nemmeno inserire documenti esterni a Quip
sotto forma di puntatori, cosa che invece avviene di fatto per le immagini.
Queste, come descritto, si caricano dal nostro Mac in un documento Quip e vi
vengono visualizzate senza problemi, ma la logica è ancora una volta quella degli editor
da blog: in effetti sono inserite come link ipertestuale ai file immagine salvati
sui server di Quip, non integrate nel documento. Lato esportazione la scelta è unica: il formato PDF. Persino i
banali TXT e RTF sono stati ignorati – anche se il copia- incolla da Quip a TextEdit mantiene la
formattazione RTF – per
non parlare di formati più complessi come ODT o DOC/DOCX.

La
collaborazione

Una
volta che il redattore principale di un documento ne ha completato la prima
stesura, è il
momento di condividerlo con gli altri interessati. L’operazione si compie dalla
barra laterale sinistra, cliccando sull’icona con i simboli di due persone: nel campo di testo si possono inserire i nomi dei contatti che abbiamo
su Quip mentre i due pulsanti sottostanti servono a invitare persone non ancora
presenti su Quip, via e-mail o con un SMS (funzione quest’ultima utile davvero
solo per raggiungere chi usa Quip su iPhone). I destinatari della condivisione
ricevono una notifica dell’invito, ma soprattutto ciascuno vede apparire sul
suo Desktop il documento condiviso con una inequivocabile indicazione New.

A
questo punto tutti possono intervenire sul documento e modificarlo a piacere,
non esiste una gerarchia formalizzata in cui il creatore originario del
documento ha privilegi superiori agli altri. Ogni volta che qualcuno apporta
una modifica al documento il sistema inserisce un messaggio ad hoc nella
colonna sinistra, in modo che tutti possano vedere chi ha apportato quali
cambiamenti. Data la comodità della
messaggistica di Quip, si suppone che dopo una modifica importante chi l’ha
inserita ne spieghi anche il motivo. In questo modo tutto ciò che concerne il progressivo
miglioramento di un documento si trova associato al documento stesso, visibile
da tutte le persone coinvolte. Di solito i messaggi inerenti le modifiche
vengono raggruppati per sessione di modifica e per questo vengono rappresentati
come una serie di spezzoni di carta sovrapposti: toccandoli si visualizzano le
singole modifiche.

Due o più persone possono operare sul medesimo documento nello stesso
momento. Per evitare conflitti Quip mette a frutto la sua gestione per
paragrafi: chi inizia a modificarne uno lo “blocca” nei confronti degli altri utenti, che
non possono intervenire su quel paragrafo fino a quando il primo utente non lo
abbandona. In questi casi gli altri utenti vedono l’avatar di chi sta
modificando un paragrafo associato al paragrafo stesso. Per evitare che
qualcuno blocchi un paragrafo troppo a lungo, magari perché ha abbandonato il browser o perché ha perso il collegamento a Quip senza
che il sistema l’abbia rilevato, un altro redattore può cliccare l’avatar del primo e dare il
comando Rileva da, che sblocca il paragrafo e lo
“assegna” proprio a chi ha dato il comando.

La
collaborazione funziona senza intoppi anche se non tutti sono online. Quip può lavorare anche in locale con una
logica simile a quella delle applicazioni che fanno uso di iCloud: quando siamo
offline le nostre modifiche vengono registrate in locale e al successivo
collegamento vengono replicate sui server remoti. L’ordine in cui sono
registrate le modifiche è temporale, quindi da un certo punto di vista il risultato è lo stesso che si sarebbe ottenuto con
tutti i redattori online. In questi casi però è importante che il documento venga letto da tutti con le
nuove modifiche e (anche) a questo scopo Quip inserisce un indicatore ad hoc
nella barra della chat quando il documento è stato letto dagli altri “contributor” nella versione corrente.

Nella
gestione della collaborazione su un documento l’unica parte che ci è sembrata pericolosamente “elastica” è la
cancellazione. Dato che tutti i redattori sono alla pari, chiunque di essi può cancellare un documento senza che ne
venga mantenuta una copia per gli altri, i quali non lo troveranno più sul loro Desktop. Cancellare un
documento non comporta la cancellazione del thread relativo a quel documento, ma anche
cancellare un thread è semplicissimo: lo si apre dalla barra sinistra e si dà il comando relativo dall’icona a
forma di ingranaggio in alto a destra. Per questi motivi usando Quip è assai meglio dimenticarsi del
concetto di cancellazione e sostituirlo con quello dell’archiviazione:
archiviando un documento noi non lo avremo più sul Desktop, ma non cambierà nulla per gli altri redattori e noi
potremo sempre recuperarlo in un secondo momento se dovesse essere necessario.

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