Pubblicità online: tutto da rifare? – II parte

Di seguito abbiamo riportato i pareri di alcuni dei relatori intervenuti alla IV^ edizione del convegno ‘Comunicazione e marketing online’, il cui dibattito è stato stimolato dai dati Sirmi e dal successivo commento di Andrea Maserati, presidente della Federazione per l’economia digitale

Durante l’ultima edizione del convegno sulla ‘Comunicazione e sul Marketing online’ realizzato da Assintel, Andrea Maserati – presidente della Fed – ha ribadito, che chi ha
realizzato un sito Internet in Italia ha, in realtà, creato una vetrina elettronica senza
essere in grado di comprendere il profilo del proprio visitatore, e di
raccogliere dati a valore aggiunto. Un’affermazione, quest’ultima, dalla quale dissente profondamente Guido Accardi, Crm marketing manager di
Oracle Italia, il quale, durante il suo intervento, ha sottolineato l’esatto contrario. «Qualora la risposta di un
utente al quale viene inviato un messaggio pubblicitario è positiva – ha affermato Accardi -, attraverso
uno strumento come l’e-marketing si è in grado di creare un repository di
informazioni utili per personalizzare messaggi e attuare campagne centralizzate
allo scopo di rendere più efficace la comunicazione e ridurre notevolmente i
costi
». E se nel suo precedente intervento Maserati aveva sottolineato come la Rete non sia un mercato, pur d’accordo con lui Gianni Catalfamo – partner dell’agenzia di comunicazione Brodeur ImageTime –
ha evidenziato che: «Internet, di per sé, definisce dei mercati. La Rete è un
catalizzatore, e come tale, rende più veloce una reazione senza parteciparvi. Non a caso, comunicare e fare pubblicità nell’era del Web non è cosa semplice. La
disintermediazione delle informazioni ha creato un fenomeno estremamente
pericoloso per chi vi basa il proprio business, perché i clienti hanno
cominciato a parlare tra loro e il ‘passa parola’, quando si riferisce a
esperienze negative, può avere effetti devastanti sul business di un’azienda. Come dice il presidente di Amazon.com, Jeff Bezos, un cliente arrabbiato sul Web non lo dice ai suoi amici, lo dice ai sui 6mila amici
».

A prescindere da quanto emerso durante il convegno, due aspetti oggettivi
sembrano farsi largo. Il primo è quello che, secondo dati riportati
dall’Interactive Advertising Bureau, in Italia il mercato della comunicazione e
della pubblicità online vale meno dell’1% dell’intero mercato della pubblicità.
Il secondo è che, se è vero che nel nostro Paese Internet non è uno strumento
ancora diffuso, è altrettanto vero che a non credere nelle potenzialità del
mezzo, per primi – secondo Mauro Lupi, vece presidente dell’organo che si occupa
di rilevare i dati inerenti la pubblicità sul Web -, sono i big spender.
«Esiste una complessità oggettiva del mezzo di cui bisogna tener conto
– ha continuato Lupi -. Ma gli odierni strumenti mostrano potenzialità crescenti
e permettendo lo sviluppo di nuovi brand e la creazione di risposte
personalizzate rispetto alle esigenze degli utenti. Ma perché di sviluppo si
possa parlare occorrerà che i concessionari e i centri media modifichino il
proprio modo di fare business utilizzando strumenti di pagamento alternativi e
in linea con i pay-per-audience e ai pay-per-performance in uso oggi
». Lo
scopo ultimo degli strumenti di analisi del traffico online, attraverso i quali
è possibile creare l’identikit del navigatore tipo e delle sue preferenze, è
quello di permettere alle aziende di finalizzare la propria Unique Selling
Proposition. Ma perché questa risulti vincente, occorrerà che i palyer si
attivino per attivare non solo strumenti passivi come banner, bottoni,
skyscraper, pop up e rich media, ma strumenti avanzati che si attivano su
richiesta dell’utente, come interstitial, adverpoll, advergame, keyword
advertising e partnership. Quest’ultimo appare, da molti punti di vista, lo
strumento più efficace per accelerare il traffico di un sito tramite la
collaborazione con partner influenti dotati di un gruppo numeroso di utenti
profilatti e fidelizzati.

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