Pro e contro delle licenze libere e commerciali

Entrambe basate sul copyright, perseguono obiettivi differenti

gennaio 2005 Sempre più persone si stanno interessando alle
licenze aperte, o libere, in contrapposizione a quelle commerciali “classiche”.

Vale la pena di esaminare le differenze tra questi due modi di usare e concepire
il software, anche per comprendere bene quali sono i vantaggi e, al contrario,
le controindicazioni dell’una o dell’altra soluzione.

In tutti i casi, cioè con ogni tipo di licenza, il software
rimane sempre di proprietà di chi lo ha sviluppato o della società
che ne ha acquistato i diritti
. Praticamente non si acquista mai il
software, come si crede comunemente, ma lo si prende come in affitto.

Con la licenza, infatti, si realizza una sorta di accordo con l’autore
del programma, titolare del copyright, che prevede il diritto per l’utente
di fare una copia del software e di utilizzarla nei termini e condizioni specificati
negli accordi di licenza.

Questo vale sia nel caso della licenza commerciale che per le distribuzioni
“libere”. Entrambe infatti sono basate sul sistema del copyright,
la differenza è che come si vedrà tra poco lo usano per scopi
opposti.

Ad ogni modo, la licenza commerciale classica, che accompagna il software “proprietario”,
è quella con cui vengono distribuiti quasi tutti i software che non fanno
parte del mondo GNU/Linux o FreeBSD, quindi i sistemi operativi
Windows e MacOSX nonché la stragrande maggioranza delle applicazioni
per tali ambienti.

In realtà non esiste una licenza commerciale tipica, ma ogni software
house detta le sue condizioni, in modo anche sensibilmente diverso.

Si noti che anche il software distribuito con la formula shareware,
o con sistemi simili, è ad esempio da considerarsi distribuito con licenza
commerciale.

Con questo tipo di software, dunque, per capire in dettaglio cosa può
fare o non fare il licenziatario di un software bisogna far capo principalmente
al testo della licenza prevista volta per volta.

Per Windows, ad esempio, si tratta della famosa EULA, acronimo
che sta per End User License Agreement (accordo di licenza
per l’utente finale), reperibile all’interno del software stesso
e anche sul sito Microsoft.

Lo scopo della licenza commerciale è garantire il profitto degli sviluppatori
e distributori di programmi per computer, impedendo a chiunque non sia titolare
di diritti sul software di utilizzarlo se non previo pagamento di un corrispettivo.

Questo, secondo i sostenitori di questo modello di distribuzione, tra cui principalmente
Microsoft, servirebbe più in generale anche a raccogliere capitali da
tradurre in altrettanti investimenti per la produzione di software migliore:
le software house, con i guadagni incassati, possono infatti commissionare nuove
versioni dei propri programmi o inserire nuove funzioni.

A questo sistema si contrappongono le licenze libere, tra
le quali la più celebre e diffusa è sicuramente la GPL
(acronimo di General Public Licence), elaborata dal progetto GNU
(www.gnu.org), che non è
tesa a garantire il guadagno dello sviluppatore o delle software house, ma la
disponibilità, per la comunità degli utenti, di software che sia
non solo utilizzabile senza pagare corrispettivo, ma anche sempre corredato
del codice sorgente, in modo che sia modificabile ed utilizzabile come parte
di altre applicazioni.

Le licenze libere si basano su di una vera e propria filosofia, opposta a
quella commerciale classica. La GPL, ad esempio, rappresenta il “precipitato”
delle idee di Richard Stallman (www.stallman.org),
elaborate negli anni ‘70 per contrastare la diffusione del copyright nel
mondo del software.

Anche la GPL è comunque, come si è visto, basata sul copyright.
Se, ad esempio, una società commerciale prende un software distribuito
con la GPL, lo modifica e lo vende con una licenza commerciale, commette una
violazione del diritto d’autore e il titolare del copyright sul programma
originario può farle causa.

La GPL, infatti, prevede che ogni software soggetto alla stessa sia liberamente
modificabile, ma a condizione che il software risultante sia distribuito a tutti
sempre con la GPL. Chi fa il contrario viola l’accordo di licenza, così
come avviene con il software commerciale.E’, dunque, solo lo scopo della licenza
che cambia.

Secondo i fautori delle licenze libere come modello privilegiato di distribuzione
dei programmi, la disponibilità di codice sorgente è la sola cosa
che può garantire davvero il continuo miglioramento del software, tramite
gli interventi e la collaborazione della comunità degli utenti e delle
grandi società che partecipano, con propri investimenti e risorse, allo
sviluppo di software libero.

Si pensi, ad esempio, che una delle interfacce grafiche più diffuse
per GNU/Linux, KDE, è sviluppata con il contributo determinante di Novell,
che ha consentito l’uscita in questi ultimi mesi della versione 3.3.

Quali sono, in conclusione, i vantaggi e le controindicazioni dell’una
o dell’altra soluzione? Le licenze libere garantiscono molte più
possibilità agli utilizzatori di computer.

Per fare un esempio banale, chi “acquista” Windows, ha il diritto
di installarlo su di una sola macchina; se vuole installarlo su un altro computer,
deve acquistare un’altra licenza, pagando un ulteriore corrispettivo a
Microsoft.

Chi, invece, si procura una copia di GNU/Linux può installarlo in modo
perfettamente legale su tutte le macchine di cui dispone.

Nel caso di Windows o di sue applicazioni, inoltre, non è ispezionabile
né modificabile il codice sorgente, per cui nel caso si desideri una
nuova funzione o si incontri un bug, l’unica cosa che si può fare
è segnalarlo alla software house e sperare che i suoi tecnici intervengano.

Nel mondo GNU/Linux invece si può sempre intervenire – direttamente
se ve ne è la capacità o tramite un consulente appositamente incaricato
– sul codice sorgente, modificandolo, sempre in modo del tutto legale, per inserire
nuove funzioni o eliminare problemi.

Chi usa software commerciale, spesso, gode di un supporto ufficiale da parte
della software house, cosa che non esiste, almeno in questi stessi termini,
per il software libero.

Però è anche vero che per essere seguiti nell’uso o sviluppo
di una applicazione libera si può sempre ricorrere alla comunità
degli utenti, che è sempre disposta a dare una mano, oppure incaricare,
a pagamento, un consulente.

*avvocato in Modena

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome