Pmi italiane: la prima analisi è del Cerved

Le misure strutturali attivate nel periodo di crisi hanno permesso la chiusura morbida di 40 mila Pmi in perdita, sostituendole con altrettante Srl semplificate. Ma c’è chi raddoppia il giro d’affari. Si può fare di più.

È un’analisi che parte dal 2007, ultimo anno prima della crisi economica, quella proposta da Cerved nel suo complesso studio dedicato alle piccole e medie imprese italiane.
Un comparto che oggi conta complessivamente 3,3 milioni di imprese individuali, 900 mila società di persone attive e 1 milione di società di capitale, per un totale di 5,2 milioni di realtà.
Tuttavia, va specificato, parlando di Pmi non si considereranno le microimprese, aziende con meno di 10 addetti e un fatturato (o un attivo di bilancio) inferiore a 2 milioni di euro.


Le piccole e medie imprese italiane sono duecentomila

Le Pmi a norma europea hanno tra 10 e 250 addetti e fatturano tra 2 e 50 milioni di euro. Il loro numero si ottiene sommando due contributi: le 143 mila che devono presentare bilanci e le circa 57 mila che non hanno tale obbligo (società di persone e di imprese individuali). Una nostra ulteriore suddivisione porta a valutare in circa 30 mila le medie imprese e 170 mila le piccole imprese.

La foto di gruppo delle Pmi mostra oggi quasi 4 milioni di addetti (media di 20 persone per azienda), per un fatturato di 851 miliardi di euro e un valore aggiunto di 183 miliardi, pari al 12% del Pil. Il debito complessivo è di ben 271 miliardi, ovviamente contratto anche negli anni precedenti.

Tra il 2008 e il primo semestre 2014, un quinto delle Pmi attive nel 2007 è stato interessato da una procedura di chiusura. Va notato che per la maggior parte erano già in difficoltà nel periodo pre-crisi.
Attenzione: l’ondata di uscite dal mercato osservata negli ultimi anni non si arresterà. In base all’ultima fotografia effettuata sul Cerved Group Rating (o Cerved Group Score Esistono ancora 24 mila società ad alto rischio che potrebbero entrare in default nei prossimi mesi e che sono esposte per 71 miliardi di euro verso il sistema finanziario.


Tremilacinquecento gazzelle

Nonostante il panorama difficile della crisi, non mancano le storie di successo. Sono state individuate Pmi agili e veloci, le 3.472 gazzelle che hanno almeno raddoppiato il giro d’affari fra il 2007 e il 2012. Si tratta di un gruppo di imprese presenti anche nei settori in cui la congiuntura è stata più severa, con una presenza relativamente maggiore nel Mezzogiorno, più giovani, che investono di più con minori dipendenze dalle banche, con un impiego più spregiudicato della leva finanziaria.
Non tutti i nuovi strumenti di finanziamento sono stati sfruttati. Ad esempio, il mercato delle obbligazioni è stato trascurato dalle Pmi: solo 29 avanguardiste hanno emesso mini-bond, per un totale di 226 milioni di euro (dei 4,2 miliardi messi in circolo).


Startup da cinquemila euro

Cerved ha valutato anche le startup, nella forma di sono società di capitale iscritte nell’anno di riferimento. “Rispetto ai dati grezzi noi operiamo una pulizia del dato”, ci ha precisato Guido Romano, responsabile degli Studi economici Cerved; “escludiamo tutte le iscrizioni alla Camera di Commercio che derivano da trasferimenti, fusioni, compravendite (…); restano solo le vere startup, che sono circa il 75% di quelle iscritte”.
La crisi ha avuto impatti significativi anche sulla natalità delle imprese. Il numero di startup si è ridotto e, tra le nate, è diminuita la presenza di aziende vive a tre anni dalla nascita, in grado d’insediarsi, crescere e strutturarsi fino a diventare Pmi. Ha contribuito anche il minore sostegno finanziario delle banche: solo 5 mila startup nate nel 2012 hanno iniziato l’attività con prestiti bancari, quasi la metà rispetto alle nate nel 2007.
E le startup con capitale di cinquemila euro sono passate dal 25% del 2011 al 65% della prima metà del 2014.


Srl semplificate

Dal punto di vista delle misure di incentivo all’imprenditoria, l’introduzione delle Srl semplificate e a capitale ridotto è stata seguita da un boom di iscrizioni. Questa nuova veste giuridica è stata scelta da 16 mila imprenditori nel 2013 e quasi 14 mila nei soli primi sei mesi del 2014: nel primo semestre del 2014 quasi un terzo delle startup è nato nella forma di Srl semplificata.
Questa riduzione della scala potenziale delle nuove nate è stata accompagnata da un aumento di quelle che non riescono nemmeno ad insediarsi nel mercato. Se si considera un periodo di tre anni dalla costituzione dell’impresa, scende la percentuale di startup che produce ricavi ed è effettivamente sul mercato, in continuo calo dal 2007 in poi.


Quarantamila speranze

In conclusione, grazie ai nuovi strumenti strutturali le vecchie Pmi con profilo economico-finanziario rischioso sono diminuite di circa 40 mila unità. Le Pmi sopravvissute sono più robuste e meno rischiose, anche se il debito complessivo resta altissimo.
Le Pmi chiuse sono però state sostituite dalle Srl semplificate, oltre 30 mila al giugno 2014, quindi nell’orbita delle 40 mila a fine anno. Anche queste aziende hanno elevati rischi di sopravvivenza e d’indebitamento. Il cambiamento attuato è comunque importante, in quanto si tratta di imprenditoria nuova sotto tutti i punti di vista: ma c’è da sfruttare meglio i nuovi strumenti.

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