Le Pmi italiane: giovani, di qualità e produttive. Ma strutturalmente deboli

E’ quanto emerge dal rapporto OCSE “Le politiche per le Pmi e l’Imprenditorialità in Italia”. Promosso a pieni voti il comportamento delle media realtà, cui si contrappongono però troppe micro imprese con minore produttività e un’economia sommersa di consistenti dimensioni.

Le piccole e medie imprese sono la colonna portante
dell’economia italiana, rappresentando il 99,9% del totale delle imprese, l’80%
dell’occupazione
e il 67% del valore aggiunto, valori tra i più alti nell’area
Ocse. Non si tratta solo di una questione di numeri, ma anche di qualità. Le
imprese italiane di taglia media (tra 50 e 249 dipendenti) eccellono nelle loro
nicchie di mercato e mostrano una produttività superiore a quella delle imprese
tedesche e francesi di simile dimensione. E’ quanto emerge da uno studio dell’Ocse
dedicato alle piccole e medie imprese italiane “Le politiche per le Pmi e
l’Imprenditorialità in Italia”.

Quasi un quarto della forza lavoro è
composta da imprenditori e le piccole imprese tendono a essere giovani. Esistono
però delle “debolezze strutturali da affrontare”, fa presente l’organizzazione
di Parigi, la proporzione di persone che aprono nuove imprese è sotto la media
Ocse. Tra le altre debolezze, lo studio cita l’elevato numero di micro imprese
(il 95% del totale), che hanno una “produttività relativamente bassa” e
un’economia sommersa dalle dimensioni “relativamente grandi”. Il governo
italiano è quindi chiamato, raccomanda l’Ocse ad aumentare la creazione di
nuove aziende, rafforzare le micro imprese, far emergere l’economia sommersa,
ampliare il comparto della media impresa e aumentare il volume di imprenditorialità
ad elevato impatto, ovvero, giovani aziende con tassi di crescita
particolarmente elevati, che in Italia costituiscono appena lo 0,2% del
comparto manifatturiero e lo 0,4% del settore dei servizi”.

L’Ocse suggerisce
inoltre di creare un fondo statale dedicato al sostegno alle Pmi e,
soprattutto, alle start-up più innovative e di dirottare
sulle imprese i Fondi Strutturali Europei destinati al Mezzogiorno, che vengono
finora impiegati soprattutto per le infrastrutture. L’organizzazione di Parigi
raccomanda inoltre di rafforzare il sistema dei distretti, che coprono da soli
il 30% dell’export manifatturiero del Paese.

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