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Pmi e trasformazione digitale, avanti assieme secondo Godaddy

La pandemia ha spinto la digitalizzazione delle Pmi italiane: è quanto rileva il nuovo Osservatorio Piccole Imprese di GoDaddy. La ricerca, realizzata in collaborazione con Kantar, evidenzia come le piccole imprese hanno raggiunto un livello di digitalizzazione di 44/100, meglio delle colleghe tedesche e francesi, e seconde solo alle PMI spagnole. Il nuovo GoDaddy Digital Index mostra come il livello di digitalizzazione delle PMI sia cresciuto notevolmente nell’ultimo anno, complice una maggior penetrazione degli strumenti digitali nel DNA stesso delle aziende, che le ha portate ad attuare un approccio innovativo, riuscendo a gestire al meglio il business quotidiano.

Il nuovo indice di GoDaddy, condotto insieme alla società di ricerca Kantar, ha preso in esame circa 5.100 piccole e medie imprese con un numero di dipendenti compreso tra 1 e 49, e ha fotografato il grado di maturità digitale delle PMI italiane, spagnole, francesi e tedesche, analizzando una serie di parametri, suddivisi in due categorie principali: da una parte l’attitudine delle piccole imprese a utilizzare un approccio innovativo e strumenti digitali, dall’altro l’effettivo utilizzo degli strumenti digitali da parte di queste ultime nel loro business quotidiano.

La ricerca di GoDaddy evidenzia infatti che il 54% delle aziende italiane intervistate ritiene di aver raggiunto un livello più alto di digitalizzazione durante il periodo Covid-19; stesso livello raggiunto dalla Spagna (53%), staccando nettamente Francia e Germania, rispettivamente al 41% e al 40%. Al contrario, il 57% delle aziende tedesche e il 46% di quelle francesi ritiene che la pandemia non abbia portato a cambiamenti significativi in termini di digitalizzazione per le loro aziende.

Il nuovo GoDaddy Digital Index mostra in maniera chiara come le imprese italiane abbiano in parte recuperato un gap digitale che permane da tempo, in parte fornendo ai propri dipendenti strumenti digitali: il 64% del campione ha dichiarato di possedere uno smartphone e un pc aziendale, il 63% ha un laptop o un notebook, e una su tre (33%) ha un tablet.

La ricerca evidenzia inoltre come nell’ultimo anno sia aumentata la predisposizione delle piccole imprese a utilizzare sempre di più gli strumenti digitali per promuovere il proprio business. L’83% delle PMI italiane intervistate afferma infatti che la digitalizzazione migliora il proprio livello di competitività e ha permesso loro di vendere con più successo sia online che offline (per il 78% del campione) e di lavorare in modo più flessibile (77%).

Le piccole imprese Italiane, secondo Godaddy, attribuiscono una grande importanza alla propria sicurezza informatica (come afferma l’80% del campione intervistato), alla realizzazione di un sito web (76%) e alla propria presenza sui social media al fine di sostenere al meglio i propri clienti.

In Francia e Germania, meno del 60% delle aziende ha dichiarato di ritenere l’uso dei social media importante per il business, e solo il 40% utilizza canali di vendita online per i propri prodotti, contro il 58% delle aziende italiane.

Le piccole imprese nostrane spiccano per un maggior utilizzo di strumenti come la fatturazione elettronica (68%) e i pagamenti digitali (50%). Questi ultimi sono usati solo dal 29% delle PMI francesi, dal 37% delle tedesche, dal 45% da quello spagnole.

Godaddy, le 4 categorie delle Pmi

L’Osservatorio ha inoltre classificato le piccole imprese in quattro diverse categorie in base alla loro attitudine alla digitalizzazione e al loro effettivo utilizzo di strumenti innovativi: Digital Innovators (che si caratterizzano da un forte approccio innovativo e al consueto utilizzo di strumenti digitali); Digital Settled (aziende ben equipaggiate con dispositivi tecnologici, ma con una visione scettica sull’evoluzione della digitalizzazione), Digital Starters (che sono convinte dei vantaggi della digitalizzazione, ma non dispongono ancora di strumenti innovativi) e Digital Sceptics (aziende che non hanno ancora investito in attrezzature tecniche e mostrano un basso impegno nelle questioni digitali).

Tra i mercati analizzati, l’Italia detiene la percentuale più alta, al pari con la Spagna, di Digital Starters (22%), ossia quelle PMI “giovani”, sul mercato da non più di quattro anni, che sebbene abbiano un livello di digitalizzazione leggermente sotto la media, hanno una grande predisposizione per essa, e credono fortemente che l’utilizzo di strumenti digitali sia un driver fondamentale per la loro crescita. Si tratta di aziende che lavorano sia all’ingrosso che al dettaglio con un modello brick & mortar, nei settori marketing, pubblicità, PR e design.

Altrettanto importante in Italia la percentuale di Digital Innovator (24%), quelle imprese cioè che hanno già una grande affinità con gli strumenti digitali, come l’utilizzo dei social media per attività di marketing e l’e-commerce per le vendite dei loro prodotti. In questa categoria rientrano aziende che operano nel settore alberghiero e della ristorazione, dei servizi finanziari, delle assicurazioni e dell’amministrazione.

Tuttavia, c’è ancora un’alta percentuale – il 30% – di PMI che rientrano nella categoria Digital Settled, quelle aziende che, sebbene abbiano un buon livello di digitalizzazione, sono piuttosto reticenti a utilizzare strumenti di marketing digitale o a muoversi verso l’e-commerce. Rientrano in questa categoria aziende del settore dei servizi professionali, della consulenza manageriale, dei servizi di tecnologia e telecomunicazioni, immobiliare, noleggio e leasing.

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