Peer-to-peer nel mirino

La giustizia australiana condanna la società che ha sviluppato Kazaa. Macrovision “confonde” i motori di ricerca P2P con falsi dati

Due notizie scuotono il mondo dei software peer-to-peer (P2P).

Macrovision sta infatti scendendo in campo con un nuovo sistema che sulla carta
dovrebbe essere in grado di scoraggiare l’uso dei client P2P per lo scambio
illecito di contenuti protetti dalle leggi sul diritto d’autore.

Si chiama Hawkeye e si tratta di una tecnologia che ha come
obiettivo primario quello di “bombardare” le reti P2P con
false informazioni
proponendo, a chi effettua una ricerca, file contenenti
rumore oppure, semplicemente, silenzio.

Macrovision ha battezzato Sinkhole quei file che, pur sembrando perfettamente
validi ed essendo messi in attesa per il download, non vengono mai scaricati
“bloccando” così l’utente.

Hawkeye, stando a quanto dichiarato da Macrovision, opererebbe già
in modo ottimale sulle reti FastTrack (protocollo usato principalmente da Kazaa
e relative varianti oltre che da Grokster ed iMesh)
ed eDonkey (eDonkey2000, eMule, aMule, Shareaza ed altri ancora). Al
momento, invece, BitTorrent sarebbe escluso da questo tipo
di azioni.

Responsabili di Macrovision hanno voluto sottolineare come i loro sistemi
possano essere usati, ad esempio, per veicolare contenuti che inducano l’utente
ad acquistare i contenuti cui è interessato per i canali leciti.

Dal punto di vista legale non va meglio per il peer-to-peer. Il giudice australiano
Murray Wilcox ha sentenziato come Kazaa abbia di fatto autorizzato i suoi utenti
a violare i diritti d’autore spronandoli a scambiare contenuti
distributi in modo illecito.

Sharman Networks, società che ha sviluppato Kazaa, si era difesa sostenendo
come i loro tecnici non avessero alcun controllo sul materiale scambiato attraverso
il loro programma.

Il giudice Wilcox ha obbligato Sharman a modificare il software Kazaa in modo
tale che non sia più possibile commettere, da parte degli utenti, violazioni
dell'”Australian Copyright Act“. La società,
inoltre, dovrà esercitare massima pressione affinché i suoi utenti
provvedano ad aggiornare all’ultima versione “filtrata”.

Pesante anche il risarcimento danni inflitto a Sharman Networks che dovrà
pagare il 90% delle spese legali sostenute dalle aziende discografiche.

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