Musica: non il è P2P a causare il declino

Ad affermarlo è l’Oecd, che in uno studio di oltre 130 pagine traccia una panoramica dettagliata dei trend in atto, spostando il tiro dal file sharing a motivi legati strettamente alle strategie di business

Tanto rumore per nulla? Viene da chiederselo leggendo il
rapporto stilato dalla Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione
economica (Oecd) riguardo il mercato della musica digitale, il peer-to-peer e la
pirateria. Tale rapporto dice espressamente che non è possibile stabilire una
precisa relazione tra il file sharing e il calo del 20% delle vendite di musica
verificatosi tra il 1999 e il 2003.


La stessa industria della musica, prosegue il rapporto, ha evidenziato come
sia impossibile quantificare l’impatto del peer-to-peer sul fatturato globale. È
invece ben chiaro che fattori interni alle aziende (quali marketing, giacenze di
magazzino, promozioni e distribuzione), la pirateria a scopo di lucro e gli
investimenti da parte degli utenti in altri prodotti di svago, soprattutto Dvd e
videogame, abbiano avuto un’influenza diretta sul mercato.


Le affermazioni fatte dall’Oecd sembrano ridimensionare il panorama sinora
dipinto dalle major, che avevano indicato il file sharing come una delle
principali cause dei problemi economici del settore. L’Oecd non smentisce che
un’influenza ci possa essere ma da qui a dire che il file shering sia uno dei
maggiori problemi ce ne passa.


Quello che invece si evince dallo studio è che forse il sistema nel suo
complesso andrebbe rivisto. Le cause primarie del declino del mercato sarebbero
infatti una politica commerciale basata su prezzi troppo alti e una situazione
in cui i distributori hanno assunto un ruolo fondamentale nella vendita di
musica. Questi, assieme ai produttori, cercano di promuovere solo poche hit,
restringendo di fatto l’offerta. E tali hit sono ovviamente anche quelle più
scambiate nelle reti peer-to-peer.


In tal senso c’è un evidente riflesso del file sharing sull’andamento del
mercato, tuttavia L’Oecd sottolinea che non è facile stabilire se chi scambia
file ascolta solo musica scaricata illegalmente o se poi acquista i Cd che
contengono tali brani. In fin dei conti, è un po’ quello che succedeva (e
succede ancora) con le audiocassette.


Il rapporto evidenzia come invece quella del download legale possa essere
un’efficace via per risollevare le sorti di molte aziende (e i dati di bilancio
forniti da Warner in questi giorni ne sono una prova concreta). Oggi questa
modalità di vendita copre solo una porzione compresa tra l’1 e il 2% delle
revenue totali, tuttavia entro il 2008 dovrebbe raggiungere il 5-10% del giro
d’affari mondiale. Sempre che, sottolinea l’Oecd, si riesca a fare un po’ di
chiarezza nel settore: ci sono infatti troppi formati audio, modi di gestire i
diritti delle proprietà intellettuali e dispositivi hardware che altro non fanno
che complicare le cose.

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