Outsourcing vuol dire collaborazione

Forse non lo dicono, ma gli operatori collaborano con tanti partner, a vari livelli Dall’esperienza di Colt qualche spunto per farsi avanti e proporre una partnership

Giugno 2005, Il mondo dell’outsourcing non è chiuso. Nel senso
che il fornitore di outsourcing, spesso in modo trasparente al cliente, da sempre
si appoggia a partner, come i maggiori software vendor, ma non solo. Soprattutto
nella fase attuale, in cui le richieste dei clienti sono sempre più specifiche
e gli outsourcer devono essere pronti a rispondere con un ampio ventaglio di
soluzioni distinte, eventualmente proponibili in diverse fasi. Ce lo conferma
Colt Telecommunications che, dopo essersi creata un nome nell’ambito dei servizi
di telecomunicazione grazie alla sua infrastruttura di rete proprietaria e ai
suoi Data center, ha ampliato il proprio ventaglio di offerta a una serie di
servizi fruibili tramite rete. «Dai servizi di puro Data center
– afferma Fabio Caravaglios, Colt Data center solutions market
manager – ora siamo fornitori di un’offerta di managed service che comprende
diverse aree. Dalla sicurezza alla videosorveglianza e allo storage, dalle piattaforme
di messaging e collaboration all’application management, passando anche agli
Erp in modalità Asp»
. Fornire un così vasto range di
soluzioni richiede necessariamente il supporto di partner più focalizzati
e, a volte, anche locali. «Chi fa outsourcing – prosegue Caravaglios
è abituato a lavorare in partnership. Capita che il cliente spezzi
l’outsourcing tra diversi fornitori e la collaborazione diventa necessaria e
possibile una volta stabilite, in fase di progettazione, le competenze»
.
Ma capita anche che Colt faccia ricorso a partner, per esempio gli stessi system
integrator che sono già clienti Colt perché fruiscono dei suoi
Data center. «Un caso tipico è quello di Avitour – spiega
Caravaglios –. Il cliente ha deciso di avere tutto in outsourcing, su piattaforma
Microsoft, compreso l’Erp Navision. In questo caso il ricorso a partner è
stato necessario»
.

L’interesse delle piccole realtà
La collaborazione con operatori locali diventa strategica se il mercato inizia
ad allargarsi. «C’è una forte richiesta di servizi di networking
attivi 24 ore su 24
– prosegue Caravaglios – da parte di entità
con un numero di dipendenti tra i cento e i trecento, composte da gruppi di
aziende dislocate sul territorio. Ma, soprattutto per la centralizzazione delle
attività di messaging e di collaboration, tipicamente su piattaforma
Exchange di Microsoft, abbiamo osservato un forte interesse anche da parte di
aziende con alcune decine di dipendenti»
. E il paradosso è
che, se prima i servizi di messaging (in cui è compresa la gestione della
posta) erano percepiti dai clienti come gratuiti, ora le cose sono cambiate:
«Perché non si tratta di gestire solo la posta – spiega
il manager di Colt -, ma di configurare Exchange in modo che sia una reale
piattaforma collaborativa»
. Attorno alla circolazione dei dati, poi,
nascono altre esigenze. La rete dedicata, per esempio, ma soprattutto la sicurezza
e lo storage. «Il cliente – afferma Caravaglios – ora comprende
l’importanza di avere una certa sicurezza, per esempio certificata secondo lo
standard Bs7799, e sa bene cosa chiedere in termini di gestione degli archivi.
Inoltre, è ben disposto a investire, se gli si garantisce il passaggio
a una gestione omogenea del tutto dal "blob" eterogeneo che ha accumulato
nel corso degli anni»
. In questo senso, il lavoro dell’outsourcer
diventa sempre più quello di un system integrator e, forse, non tutti
gli outsourcer hanno le competenze per proporsi in questa veste.

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