Occhio alle Pmi: piccole imprese, ma grandi clienti

Mentre i grandi clienti tradizionali stanno rallentando i loro processi di rinnovamento, le piccole e medie imprese mordono il freno. profilandosi come attenti “consumatori” di It, Tlc e Internet

Una piccola impresa può essere un grande cliente?
La risposta, sino allo
scorso anno non lasciava dubbi: No.
Andava già bene se una piccola impresa
decideva di servirsi di beni e servizi It per lo stretto necessario, ovvero
senza una prospettiva di sviluppo, senza un piano di crescita e di investimento.

Ma qualcosa è cambiato, o si pensa che stia cambiando. Proprio mentre il
“pianificatore” per eccellenza, la grande impresa, sta rallentando il suo
processo di rinnovamento.


La piccola e naturalmente ancor di più la media impresa, stanno staccando
l’ombra da terra per quanto riguarda l’utilizzo di It, Tlc e soprattutto per
quanto riguarda la loro presenza sulla rete. A chi le rimproverava di perdere
treni, di rimanere al palo negli anni in cui tutti dovevano assolutamente avere
qualcosa a che fare con il commercio elettronico, le Pmi si preparano oggi a
dare risposte basate su un pragmatismo quasi religioso.
Miglior gestione del
parco clienti, elasticità e controllo dei costi.
Ricerca di nuovi clienti,
elasticità e controllo dei costi.
Creazione di nuovi prodotti, elasticità e
controllo dei costi.
Partnership tecniche e commerciali, elasticità e
controllo dei costi.


Comunque si voglia coniugare il futuro le Pmi hanno capito che con la loro
elasticità e con il loro inossidabile controllo dei costi possono navigare più
velocemente verso nuovi mercati e, in tempi di mare mosso come quelli attuali,
possono trovare riparo più facilmente senza rischiare di trovarsi in mezzo alla
tempesta con un modello di business superato e arrugginito precocemente.


E se lo hanno capito veramente il tasso di It, di Tlc, di servizi ad alto
valore aggiunto al loro interno è destinato ad aumentare sensibilmente. La
regola delle tre priorità illustrata nell’esempio precedente si basa sul
concetto che l’azienda esprime una variabile ( e dunque un rischio) in presenza
di valori come la elasticità e il controllo dei costi che non devono mai essere
messi in discussione e che fanno parte del patrimonio genetico dell’impresa.


Il nuovo: nuovi mercati, nuovi clienti, nuovi partner, deve arrivare
attraverso l’utilizzo di prodotti e servizi che cambiano le procedure senza
appesantire l’impresa e senza stravolgerne la filosofia di fondo. Ma cambiando
invece radicalmente flussi e tempi. La piccola e media impresa è più
conservativa della grande impresa, è più timorosa del nuovo, è più ancorata al
proprio passato proprio perchè si tratta di un passato più delle persone che
dell’organizzazione.


Ma quando scatta il verde ed è ora di partire allora le Pmi partono. Speriamo
che sia veramente venuto il verde. In questa ipotesi nessuno meglio dei Var, dei
rivenditori più evoluti, delle softwarehouse possono aiutare queste realtà a
crescere e possono loro stesse crescere, non solo attraverso la ricchezza
dell’esercizio commerciale, ma grazie al patrimonio di conoscenze che queste
aziende possono indirizzare e sviluppare. Un’ultima nota merita forse la
tipologia dei bisogni di queste imprese che sembrano clienti ideali per
l’outsourcing o meglio ancora per modelli di fornitura di servizi come l’Asp.


I dubbi che ancora circondano questo business sono da dissipare grazie alle
competenze e alla professionalità ma soprattutto grazie al valore della
prossimità fisica e culturale tra fornitore di servizi e cliente.
L’Asp
ideale è forse il Var che condivide con il cliente le dimensioni dell’impresa e
tutta una serie di “problemi” e di necessità: li sa capire e li sa risolvere
senza fare appello a teorie o a modelli esterofili. E poi è lì, quando c’è un
problema oltre a una voce e a una mail, quando serve, c’è anche una faccia.

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