Un rapporto della società di consulenza Tpi dice che l’outsourcing fa risparmiare sì, ma non così tanto come alcuni promettono.
L’outsourcing dell’It fa risparmiare mediamente il 15% dei costi operativi di infrastruttura e di sostegno alle attività di business. Non di più, e non quel 60% che alcuni sbandierano.
È la conclusione a cui è giunta la società di consulenza Tpi, che ha comunicato ieri gli esiti di un rapporto condotto sul tema.
Secondo gli analisti della società texana (attiva dal 1989), casi pratici alla mano, dopo aver contabilizzato le parcelle per i professionisti che eseguono i servizi, i costi per la governance e quelli per la liquidazione di attività e competenze che l’outsourcing fa eliminare, i risparmi possono andare da un minimo del 10% a un massimo del 39%.
Tpi fissa un valore medio al 15% soprattutto per i primi contratti.
Quello lanciato dalla società texana, quindi, è un richiamo al realismo, alla moderazione nel considerare ciò che di positivo, economicamente parlando, un’operazione di outsourcing può portare a un’azienda. E anche un invito, conseguente, a non concentrarsi esclusivamente sui risparmi di costo nel fare una valutazione delle attività di esternalizzazione della gestione It.
L’analisi di Tpi, infatti, porta alla luce che la riduzione dei costi rimane la motivazione primaria all’outsourcing, ma è seguita dall’aumento della qualità nel servizio. Numericamente, secondo l’analista, in un anno la percentuale delle aziende che badano più alla qualità che ai costi è quasi raddoppiata (passando dall’11 al 21%).
Dando un occhio al mercato mondiale dell’outsourcing, Tpi nota che il primo trimestre del 2006 è stato il migliore di sempre in materia di nuovi contratti firmati dai grandi fornitori di servizi: 83, per un controvalore complessivo di 18 miliardi di euro (21,9 miliardi di dollari), rispetto ai 76 (per 13 miliardi di euro) dello scorso anno. Fra le società più attive, Ibm, Eds e T-Systems.





