Migliora in Europa il ritardo nei pagamenti, ma non basta

È quanto emerge dall’indagine condotta da D&B che, a livello europeo, ha evidenziato un quadro economico ‘difficile’, ma nel quale l’Italia migliora portando a 16 giorni i ritardi medi di pagamento fra imprese

L’edizione 2002 dell’indagine annuale, condotta da
D&B in collaborazione con Sda Bocconi e l’Università Cattolica di Milano,
sui comportamenti di pagamento delle imprese in Europa conferma il primato della
Germania, ma porta con sé anche una serie di nuove, seppur limitate
evidenze. Tra queste, il fatto che i ritardi medi di pagamento rispetto alle
scadenze pattuite, nel nostro Paese, sono passati da 16,6 a 16 giorni, rispetto
a una media europea che da 13,2 è diventata di 13 giorni. Le
rilevazioni – effettuate dalla società di consulenza su oltre 400 milioni di
transazioni commerciali effettuate nell’ultimo trimestre del 2001 – mostrano,
inoltre, come l’Italia abbia confermato la propria superiorità, per correttezza
nei pagamenti, non solo nei confronti di Belgio e Olanda, ma anche rispetto alla
Francia, il solo Paese dell’indagine ad incrementare il proprio primato negativo
di 1,4 giorni, raggiungendo quota 17,4. Questo nonostante i cugini d’Oltralpe
siano stati gli unici, in Europa, a seguire l’esempio della Germania
nell’adozione della Direttiva Europea 2000/35/Ce, volta a sanzionare le pratiche
a danno dei creditori. Inoltre, dall’indagine One Europe, volta a delineare gli
scenari e le abitudini di pagamento nel Vecchio Continente, emergerebbe la
maggiore correttezza delle piccole imprese che pagano alla scadenza quasi la
metà delle transazioni, mentre le medie e le grandi lo fanno,
rispettivamente, solo nel 32,9 e nel 23,6% dei casi.

Il quadro di riferimento
economico

A quanto pare, nel corso degli ultimi 12 mesi nessuna
economia dei Paesi industrializzati sarebbe cresciuta in maniera
soddisfacente, e le previsioni per il futuro non paiono rosee. Tante le
ragioni di un quadro così poco entusiasmante. Tra queste, l’incertezza che
continua a permeare il comportamento dei consumatori, e di conseguenza quello
degli investitori, la precarietà della situazione in Medio Oriente, ma anche
l’incertezza che ha cominciato – a partire dallo scandalo Enron – a permeare il
ruolo degli intermediari finanziari e dei certificatori. Una problematica,
quest’ultima, che ha condizionato, e sta condizionando, il comportamento degli
istituti di credito e la loro politica nella concessione delle linee di credito
alle società in difficoltà. Infine, all’eccesso di produttività, che
caratterizza le economie di tutti i Paesi industrializzati, non corrisponderebbe
un aumento dei consumi. Ne sanno qualcosa settori come quello automobilistico e
dei microprocessori. Insomma, a ben guardare, investimenti promettenti come
quelli compiuti dalle Tlc in ambiti quali dot.com, telefonia cellulare
di terza generazione e banda larga, si sono trasformati in debiti a cui ora
bisogna far fronte. E i ritardi di pagamento, che costituiscono uno dei primi
segnali di possibile difficoltà finanziaria e rappresentano uno degli elementi
predittivi del rischio di fallimento di una società, permeano sempre di più non
solo realtà come la Grande distribuzione organizzata e i Trasporti, ma anche – e
maniera preoccupante – il comparto delle Comunicazioni. Stando ai dati
dell’indagine, a livello europeo, quest’ultimo registrerebbe, infatti, un
ritardo di 17,7 giorni, contrariamente al settore Agricoltura che, rispetto a un
anno fa, guadagnerebbe un giorno, attestandosi a quota 11,5
giorni.

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