Mettiamo a fuoco il business

Le Pmi devono scoprire la collaboratività, mentre l’Ict italiana deve investire sulla ricerca e sull’alfabetizzazione informatica a tutti i livelli. Proposte e critiche alle istituzioni per uscire dall’impasse

Dicembre 2003, Ce lo siamo lasciati alle spalle con il taccuino pieno di buoni propositi e con
la speranza di non doverli riscrivere nel 2004. Il convegno di apertura di Smau
ha messo di fronte un "parterre de roi" di tutto rispetto in cui i
protagonisti si sono confrontati sul difficile stato di salute del settore Ict.
Il momento è certamente difficile e lo testimonia un dato su tutti: da
due anni il valore in euro del mercato non cresce. Ma proprio ora è necessario
riordinare le idee e cercare di capire come uscirne. I suggerimenti, con gli occhi
puntati alle istituzioni, non sono certo mancati.
A Giampio Bracchi, presidente della Fondazione del Politecnico
di Milano, che sottolinea la scarsa propensione delle piccole e medie imprese
agli investimenti tecnologici e punta il dito sulla riduzione della produzione
Ict in Italia, fa eco Umberto Paolucci, vice presidente di Microsoft,
che tenderebbe a incoraggiare la collaboratività delle piccole aziende,
invocando obiettivi e scelte a livello europeo, esattamente come si è fatto
con il Mercato comune europeo e l’euro. Il 40% dei fondi della Comunità
europea, però, continua a riguardare l’agricoltura, contro appena il 4%
a favore dell’Ict. Anche Stefano Venturi, amministratore delegato
di Cisco Italia, suggerisce alle Pmi una reale aggregazione in distretti, ma allo
stesso tempo tira le orecchie ai partner che «devono cambiare nel modo di
proporsi al cliente per far comprendere il vero valore di un investimento in Information
technology».
Ancora, Luigi Caruso, presidente e amministratore delegato di
Enterprise Digital Architect, invoca «l’incremento degli interventi
esteri»
e soffre «un sistema di regole commerciali troppo
diverso rispetto al resto dell’Europa»
.


Semplice, ma deciso il creatore del miracolo Geox. Il presidente del calzaturificio,
Mario Moretti Polegato, invita l’Italia a riappropriarsi della
sua creatività, considerando inammissibile una percentuale così
scarsa di brevetti registrati nella classifica mondiale. Nicola Aliperti, amministratore
delegato di Hp Italia, benché rassicuri gli animi con segnali incoraggianti
provenienti da grandi e medie aziende sostiene che, «nonostante il Governo
faccia degli sforzi che porteranno benefici, la somma di questi non appartiene
a un quadro di riferimento molto preciso e gli imprenditori non rischiano se non
c’è un progetto coerente alla base»
. Elio Catania,
presidente e amministratore delegato di Ibm Italia, chiede, con l’ironia e la
decisione che da sempre lo contraddistinguono, «di alzare il livello
del valore tecnologico»
e sostiene che «innovazione vuol
dire saper liberare le risorse»
.
Ma a chi guarda il "parterre de roi" quando suggerisce, ricorda, segnala
e analizza?


Ovviamente al "povero" (nel senso che è senza portafoglio, ovviamente)
ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, Lucio Stanca, che
solo pochi anni fa si trovava dalla stessa parte degli oratori che l’hanno preceduto.
Una posizione scomoda la sua, non solo per i suoi trascorsi di dirigente di Ibm,
ma anche per essere a capo, è lui stesso che mette le mani avanti, di un
ministero che ha soltanto un ruolo consultivo. Il suo compito è, infatti,
quello di indirizzare i fondi per l’innovazione verso un dipartimento anziché
un altro, senza poterli neanche "annusare". Il ministro ci ricorda che
in Italia c’è anche qualcosa di cui andare fieri, come uno dei tassi più
elevati di penetrazione di Internet con un terzo posto nella percentuale di incremento
della diffusione della banda larga in Europa e uno dei più alti valori
di crescita di aziende Ict. Inoltre, negli ultimi due anni, la Pubblica amministrazione
ha scalato tre posti in termini di informatizzazione, raggiungendo il nono in
Europa. Ma dopo lo zuccherino anche lui sguaina la spada e ammonisce: «Non
possiamo esaurire il discorso solo sulle risorse finanziarie o sulle leggi quadro.
Per raggiungere l’innovazione bisogna sfruttare la conoscenza e accumularla»
.

Stanca richiama il ruolo primario delle Regioni e degli Enti locali, nei limiti
della loro indipendenza, e ricorda che, almeno ora, "innovazione" è
una parola che ha un significato prioritario. Infine snocciola le iniziative racchiuse
nella Finanziaria 2004. Ciò che ha funzionato, come gli incentivi per la
diffusione dei pc e della banda larga, viene confermato aggiungendo sgravi fiscali
alle aziende che investono in ricerca e tecnologia e ricordando i 240 milioni
di euro in tre anni disponibili per chi realizzerà progetti di e-government.
A disposizione delle infrastrutture ci sono, inoltre, un miliardo e settecento
milioni di euro. E, infine, arriva la proposta: «Realizziamo insieme
– conclude Stanca – un intervento di sistema per abbattere l’analfabetismo
informatico che affligge i due terzi della popolazione italiana. In tal senso
chiamo l’industria privata a una forte cooperazione»
. Chi risponderà?

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