L’opensource fa bene alle grandi imprese europee

Un rapporto di Soreon dice che le realtà continentali con almeno 2mila dipendenti possono tagliare di quasi il 30% in tre anni il Tco con l’opensource. Le Pmi risparmiano meno.

Secondo la società di analisi e ricerche Soreon, specializzata sullo studio dei mercati europei, l’opensource può essere una manna per il Total cost of ownership dell’infrastruttura It delle aziende del Vecchio Continente.


Ma solo delle grandi aziende.


Soreon, infatti, ha appena rilasciato uno studio in cui sostiene che solo le grandi realtà, quelle che superano i 2mila dipendenti, possono trarre considerevoli vantaggi dall’applicazione del software opensource al loro interno.


L’analista dà anche qualche numero. Parla di una riduzione del 26% nel giro di tre anni per quella grande azienda che passerà dai server Windows a quelli Linux. Percentuale di risparmio a cui va aggiunta quella del 12% se, contemporaneamente, la stessa azienda passa dalle applicazioni Office a quelle della stessa tipologia, ma basate su software non proprietario, come OpenOffice.


Anche le piccole e medie imprese europee, secondo Soreon, potranno trarre vantaggi dalla conversione all’opensource, ma in misura inferiore.


L’analista spiega che una società con uno staff di una decina di persone potrebbe abbattere del 6% il Tco passando da server Windows a Linux. Della metà (3%) sarebbe il beneficio che trarrebbe dall’implementazione di una serie di applicazioni di produttività desktop basate su opensource.


Un po’ meglio andrebbe per la media impresa. Un’azienda con un centinaio di dipendenti, dice Soreon, abbatterebbe, sempre sulla stessa linea temporale dei tre anni, dell’11% il costo dell’infrastruttura server con Linux. Praticamente nullo, invece (solo l’1% di Tco in meno) sarebbe per il medium business il vantaggio di passare a una soluzione come OpenOffice.


Quanto ai motivi che determinano l’abbassamento del costo di gestione delle dotazioni tecnologiche, Soreon li ascrive al fatto che con l’opensource non è più necessario disporre di un know-how interno per la gestione dei prodotti (ovvero, le conoscenze tecnologiche necessarie per le modifiche alle soluzioni le apporta la comunità open).


Calerebbero, secondo l’analista, anche i costi per la formazione e il supporto esterno.


E Soreon esprime anche una raccomandazione alle realtà che si occupano di diffondere l’opensource in azienda: per il futuro investite nelle aree della compatibilità e delle funzionalità delle soluzioni e anche sui servizi.

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