L’It è centrale. In tutti i processi di innovazione

Andrea Pontremoli di Ibm Italia afferma che la differenza sulle aziende la farà la “non omologazione”. Perché il vantaggio sulla concorrenza è dato dai valori differenziali

Luglio/Agosto 2005, In occasione del Cio Summit organizzato a Milano
da Idc e Idg si sono confrontate diverse concezioni del ruolo dell’It. Computer
Dealer&Var
ha raccolto la testimonianza di Andrea Pontremoli
(nella foto), presidente e amministratore delegato di Ibm Italia, convinto
assertore della necessità di spingere sull’acceleratore dell’innovazione
e del ruolo strategico dell’It. A Pontremoli è stato anche chiesto di
confrontarsi a distanza con le tesi di Nicholas Carr.

Un osservatore importante come Nicholas Carr ha sostenuto in un testo
ormai famoso ("It doesn’t matter") che le aziende devono concentrarsi
sulle vulnerabilità e non sulle opportunità. Che non devono innovare,
ma seguire chi fa innovazione e, in definitiva, che l’It non cambia il "destino"
delle imprese che la adottano. Cosa ne pensa di queste tesi?

Sono fortemente convinto che l’It può aumentare il vantaggio competitivo
delle imprese. Quello che ritengo sia condivisibile nella visione di Carr è
l’invito a non omologarsi, a non lasciare appiattire i valori distintivi
che possono essere sviluppati attraverso l’Information technology. Perché
se si vuole conquistare un vantaggio anche, ma non solo, attraverso l’It,
le aziende devono puntare su valori differenziali, abbandonando l’idea
di voler fare tutto a tutti i costi, devono saper concentrare le loro risorse
sul core business e su ciò che li distingue da tutti i concorrenti.

Sempre Carr sostiene che una quota variabile dal 70 al 90% dei budget
viene usata solo per far "funzionare le macchine". Una critica esplicita
alla gestione dei budget It che premiano le spese correnti e trascurano lo sviluppo.

Questo è il tema centrale. È necessario riportare l’innovazione
al centro delle scelte delle aziende. è un mezzo fondamentale, tanto
più efficace quanto più riesce a essere al centro di un processo
di continuo sviluppo.

Lo scorso novembre i massimi vertici di Confindustria hanno lanciato
una giornata dedicata all’innovazione e hanno invitato imprese e istituzioni
a fare di più. Dal suo punto di vista qualcosa si sta muovendo?

Ero anch’io a Parma alla giornata dell’Innovazione. Il messaggio è stato
forte e chiaro e credo che sia servito per aumentare la consapevolezza. Il monito
di Confindustria e le iniziative che lo hanno seguito sono serviti per far crescere
presso le imprese la consapevolezza che l’innovazione è un processo vitale.
Un rallentamento della tensione su questo tema rischia di avere pesanti conseguenze
sulla competitività di ciascuna impresa e del Sistema Paese.

Che cosa serve secondo voi per passare dalla consapevolezza ai fatti?
Oggi servono anche atti concreti che aiutino le imprese che magari già
fanno innovazione a valorizzarla, a farla conoscere, a portarla più rapidamente
in produzione, ad agganciarla alla capacità di innovazione di altre aziende.
Non basta innovare da soli, occorre creare un contesto che sia effettivamente
orientato ai principi dell’innovazione e che la sappia valorizzare.

A cosa pensa?
Per esempio, a dei modelli che possano essere applicati nelle imprese o nei
comparti per organizzare quei processi interni ed esterni necessari per dare
valore all’innovazione e per aiutare le imprese a definire i migliori business
model per le proprie innovazioni.

Torniamo a Carr, il quale sostiene che il problema di una It "stanca"
e incapace di generare innovazione è un problema soprattutto delle grandi
corporation. Le aziende con una "It più leggera" hanno meno
vincoli e forse più vantaggi. Cosa ne pensa di questa analisi?

Usando una metafora calcistica le medie aziende devono prima di tutto decidere
a quale torneo vogliono giocare, a che livello di competizione intendono misurarsi.
Ormai la competizione nella stragrande maggioranza dei settori è a livello
globale, per sostenerla servono infrastrutture e soluzioni adeguate. In sostanza,
la questione non deve essere limitata alle dimensioni delle imprese, ma deve
concentrarsi sui loro obiettivi in termini di competitività.

Ma le medie imprese che decidono di puntare sulla competitività
e sull’It come leva strategica sono avvantaggiate rispetto alle grandi corporation,
come sostiene Carr?

Ci sono alcune caratteristiche delle medie aziende che possono tradursi in un
vantaggio, ma non guarderei tanto alle minori dimensioni del "parco installato"
come a un "minor peso" da sostenere, quanto alla capacità di
queste aziende di prendere decisioni in modo più rapido, di analizzare
i problemi con una capacità di sintesi che è più difficile
ottenere nelle grandi compagnie, di implementare progetti innovativi in tempi
rapidi, di adattarsi al cambiamento.

E dunque alla capacità di fare innovazione in modo più rapido…

Sì, la capacità di sintesi nella valutazione dei problemi e delle
opportunità e la rapidità nel prendere decisioni rappresentano
un eccellente piattaforma di sviluppo per fare innovazione.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome