L’Europa decide chi deve pagare per smaltire i prodotti alla fine del cliclo di vita

Il Parlamento europeo dovrebbe confermare in questi giorni una direttiva che impone agli imprenditori di assumersi individualmente il costo del trattamento dei propri rifiuti informatici

Riunito in sessione plenaria questa settimana, il Parlamento europeo dovrebbe
approvare in seconda lettura la direttiva inerente il trattamento dei
dispositivi elettronici giunti alla fine del loro ciclo di vita (computer,
televisori, telefoni e via dicendo). Detta disposizione, in fase di elaborazione
da oltre 10 anni, prevede che gli industriali si facciano carico in prima
persona di organizzare il sistema di raccolta, di riciclaggio e di eliminazione
dei rifiuti elettronici. Per la soddisfazione delle organizzazioni che tutelano
l’ambiente, ciascuna azienda costruttrice dovrebbe perciò pagare di tasca
propria per lo smaltimento di tali rifiuti.


Se da una parte può sembrare una scelta corretta, dall’altra la direttiva in
fase di approvazione implica che le società di raccolta siano in grado di
identificare l’origine di ogni singolo scarto. “Questo potrebbe avvenire
attraverso l’applicazione di un codice a barre o di un’etichetta elettronica che
indica il nome del costruttore”, ha dichiarato Roberto Ferrigno, portavoce del
ministero europeo dell’ambiente, organizzazione non governativa che riunisce un
centinaio di associazioni a tutela dell’ambiente. Si tratta di un essenziale
principio di responsabilità individuale, “che porterebbe a progettare i propri
prodotti al fine di ridurre i costi per il riciclo”, ha precisato Ferrigno. E
questo si potrebbe riflettere in modo positivo sui consumatori che, a fronte di
una revisione dei costi del processo produttivo, potrebbero beneficiare di una
diminuzione dei prezzi i vendita.


Rimane però da risolvere un problema: come ci si dovrebbe comportare nei
confronti dello smaltimento dei dispositivi realizzati da aziende fallite o di
cui si è perso traccia? A riguardo, come soluzione il Parlamento europeo propone
un finanziamento collettivo, da suddividersi tra le aziende costruttrici.
Ferrigno non è però assolutamente d’accordo con questa ipotesi: “È una misura
inaccettabile – ha infatti affermato -. Significherebbe fornire ai produttori
più scaltri la possibilità di aggirare la legge e quindi di sparire dal
mercato”. La proposta del ministero europeo dell’ambiente è invece quella di
imporre a ciascun costruttore di fornire garanzie finanziarie al fine di
assicurare lo smaltimento dei rifiuti anche qualora l’azienda dovesse
scomparire. Pur interessante, l’ipotesi implica però un controllo molto rigoroso
da parte delle autorità governative dei singoli paesi. E questo è un risultato
molto difficile da raggiungere.

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