L’e-procurement razionalizza la spesa pubblica

Strumento di risparmio nonché mezzo capace di ridurre i tempi di servizio e incrementare l’accesso al mercato, l’approvvigionamento elettronico attira l’attenzione della Ue, che fornisce linee guida da seguire. Un’occasione per le Pmi di arginare il gap tecnologico con le grandi.

L’introduzione delle nuove tecnologie ha aperto la possibilità di razionalizzare i processi di approvvigionamento della Pubblica amministrazione attraverso l’implementazione di strumenti di e-procurement.


Il risparmio derivante dall’utilizzo di tali soluzioni è notevole e il tema sta assumendo maggiore rilievo, tanto che la Comunità Europea ha sentito la necessità di creare un Legal Framework con l’obiettivo di fornire agli stati membri le linee guida da seguire, eliminando confusione e ostacoli giuridici. Questa direttiva, che i governi dovranno premurarsi di recepire entro il 31 gennaio 2006, mira a favorire la diffusione dell’e-procurement attraverso nuove normative inerenti la disciplina di gare e appalti, equiparando carta e bit. Non vengono prescritte le tecnologie da utilizzare, ma sono stabiliti i requisiti minimi che le Pa dovranno soddisfare per poter acquistare beni in maniera elettronica, con l’obiettivo di garantire la massima interoperabilità, lasciando ai singoli membri dell’Unione la possibilità di scegliere le tecnologie da implementare. Per rendersi conto della portata del fenomeno, basti pensare che (secondo i dati forniti dalla Direzione Mercato Interno della Commissione Europea) la spesa delle Pa europee si attesta intorno ai 1.900 miliardi di euro l’anno, ovvero circa il 16% del Pil comunitario, e il risparmio medio conseguibile tramite soluzioni di approvvigionamento digitale può variare, a seconda della localizzazione geografica, dal 3 al 5%.

Le origini storiche


In Italia, il fenomeno si è affacciato nel 2000, quando il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha affidato a Consip la realizzazione operativa del Programma per la Razionalizzazione degli Acquisti nella Pa, che prevedeva oltre alla stipula delle convenzioni con le imprese fornitrici, l’assistenza nella pianificazione e nel monitoraggio dei fabbisogni, la realizzazione di strumenti di controllo dei consumi e il supporto per eventuali esigenze nell’implementazione degli strumenti di e-procurement.


Secondo Giancarlo del Bufalo, capo dipartimento dell’Amministrazione Generale del Personale e dei Servizi del Tesoro per il Ministero dell’Economia e delle Finanze, questo processo ha passato un momento burrascoso, dovuto principalmente alla necessità di riforma del quadro normativo, che sembra ora essersi assestato. Del Bufalo si è detto soddisfatto dei risultati raggiunti lo scorso anno: "Le transazioni elettroniche del 2004 hanno raggiunto i 9 milioni di euro e, rispetto al 2003, abbiamo notato un aumento sia degli acquisti sia dei fornitori".


Attilio Befera, direttore centrale dell’Amministrazione dell’Agenzia delle Entrate, condivide la medesima opinione e ha sottolineato come


l’e-procurement rappresenti un valido modo "per accelerare l’innovazione di un settore critico come quello dell’approvvigionamento. In questi ultimi quattro anni, abbiamo ottenuto un risparmio di 300 milioni di euro, che in nessun modo ha influito negativamente sulla qualità dei servizi". Secondo il manager, una volta a regime, l’approvvigionamento digitale può essere considerato alla stregua di un circolo virtuoso, che all’aumentare degli utenti vede crescere il numero dei fornitori, con il conseguente abbassamento medio del prezzo dei beni.


La Comunità Europea, comunque, non guarda all’e-procurement solo come a uno strumento in grado di far risparmiare danaro pubblico, ma lo considera un mezzo capace di ridurre i tempi dei servizi e di incrementare concorrenza e accesso al mercato, aumentando la trasparenza e riducendo il rischio di abusi.

Un impatto calcolato?


Non sono dello stesso avviso Confapi e Confcommercio, che pur condividendo l’importanza del tema, sono convinti che il Governo abbia in un certo senso operato senza calcolare l’impatto dell’e-procurement sulle Pmi. Secondo Dario Scalella, vicepresidente di Confapi, "lo Stato non ha tenuto in debita considerazione aspetti importanti del tessuto socio-economico del Paese, che a tutt’oggi risponde alle necessità It con un approccio a macchia di leopardo, evidenziando ancora un elevato digital divide".


Confapi e altre organizzazioni a tutela della Pmi hanno inizialmente osteggiato i progetti di e-procurement, convinte del fatto che i requisiti tecnologici richiesti per partecipare alle gare avrebbero rischiato di tagliare fuori dal mercato della Pa circa 2.000 Pmi, non ancora nelle condizioni di farvi fronte. "La nostra sfida – afferma il vicepresidente di Confapi – è quella di trovare insieme al Governo una soluzione per arginare il divario tecnologico tra piccole e grandi aziende, facendo cultura sull’argomento e rendendo possibile un punto di incontro tra queste realtà". Confcommercio concorda su questo punto e ha già iniziato una collaborazione con Consip per la realizzazione di una serie di sportelli sul territorio, con l’obiettivo di formare la Pmi italiana, affinché sia in grado, avvalendosi delle nuove tecnologie, di mantenere la propria competitività.

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