La parola ai Cio: «Vogliamo fornitori che siano un po’ più

Una tavola rotonda organizzata nel contesto di Ict Trade ha permesso di mettere a fuoco alcuni dei problemi che stanno sul tavolo dei decisori d’acquisto dell’It aziendale

Nel mondo dei “C” level delle imprese, ovvero tra i top manager
che si fregiano della carica di Chief, i Cio (Chief information officer)
sono certamente tra i più allenati al cambiamento. Eppure, per
quanto ne abbiano viste di tutti i colori e per quanto abbiano vissuto
sulla loro pelle rivoluzioni e restaurazioni, riforme e controriforme,
questi manager sono tra coloro che più di altri esprimono un bisogno
di confronto e di aggiornamento.

Sanno che non bisogna dare retta a quelle
sirene che vedono nel futuro una It sempre meno strategica e meno decisiva
a livello di top management, ma sanno anche che il loro ruolo sta cambiando
profondamente, che nell’evoluzione da Edp manager a It manager,
sino a Cio, non c’è stato solo un avvicendamento terminologico,
un’americanizzazione del ruolo e delle definizioni, c’è
stato un salto di qualità dell’It nelle aziende e una maggiore
consapevolezza rispetto al ruolo che le nuove tecnologie possono svolgere
nel determinare il destino delle aziende.

In parallelo e non a caso è
cresciuto il numero dei “C” level che desiderano o chiedono
di “mettere il naso” nelle scelte informatiche, un fenomeno
che si traduce in una crescita del ruolo “relazionale” e manageriale
dell’Edp-It manager-Cio a svantaggio del vecchio ruolo di “guru”
tecnologico aziendale.
Anche da queste opportunità e minacce nasce la voglia dei Cio di
confrontarsi, cui Sirmi, Linea Edp e Computer Dealer&Var hanno voluto
dare una risposta concreta all’interno di Ict Trade 2005 con una
tavola rotonda totalmente dedicata ai Cio e ai loro problemi. Quando si
parla di questioni Ict il primo richiamo è all’innovazione.
Le aziende si aspettano dall’It una forte spinta verso il nuovo
che sappia far crescere la competitività e il valore del business,
anche quando i budget di spesa It vengono pesantemente rivisti verso il
basso.

Per Alessandro Musumeci la vera priorità deve
essere quella della razionalizzazione. «Al Miur abbiamo ridotto
di 2/3 i costi di gestione a parità di servizi erogati»
.
A farne le spese sono state le diseconomie e i… fornitori: «Il
tutto
– spiega Musumeci – è stato raggiunto lavorando
anche sui provider, riducendo sprechi e duplicazioni preesistenti di sistemi»
.
Sul lato delle tecnologie: «Abbiamo in programma di "spegnere"
fra due anni il mainframe, per portare tutto su server e sistemi open.
Il cambio di tecnologia va visto sia come opportunità per erogare
nuovi servizi, sia come razionalizzazione delle risorse»
.

Giuseppe Carrella ricorda che quando si parla di innovazione
bisogna fare i conti con il mercato e trovare un modello di innovazione
sostenibile che dipende dalle caratteristiche di ciascuna azienda. «In
ogni caso
– sottolinea – la differenza la fanno le persone, sono
loro assai più che le tecnologie a far fare salti di qualità
alle imprese. I Cio e i Ceo ne devono tenere conto»
.
Anche in Iris Ceramica l’innovazione è associata a un radicale
processo di razionalizzazione. Mauro Ferrari ci tiene
a ricordare che una tappa importante dell’azienda verso l’innovazione
è stata la decisione di razionalizzare il sistema It del gruppo.
«Questo approccio ha contribuito al contenimento dei costi dell’operatività
quotidiana e ha aperto nuovi spazi allo sviluppo di soluzioni atte a offrire
maggiori servizi a tutte le realtà dell’azienda. In particolare,
grazie a questo processo, il top management della società si è
convinto che l’It applicata in modo coerente ai processi della produzione
può rappresentare un vero vantaggio competitivo»
.

Come ricorda Paolo Torelli: «Il time to market
è fondamentale per cui, pur operando in un’ottica di riduzione
dei costi, abbiamo l’esigenza di sviluppare nuovi prodotti. Nel 2002 abbiamo
rivisto completamente l’architettura, sposando Soa e Web service. Dovendo
contenere i costi, abbiamo puntato sul know how delle persone per far
crescere le competenze interne. Oggi vediamo i primi vantaggi di questo
approccio»
.
«Più innovazione facciamo, più portiamo soluzioni
al mercato». Per Luigi Borrelli, il tema dell’innovazione
è estremamente concreto: «Più l’area It è
efficiente, per esempio, più vengono ridotte le spese relative
ai costi di servizio con vantaggi trasferibili all’utenza»
.

Innovazione significa rapporti con i fornitori e rapporti con i fornitori
significa gestione di problematiche sempre più critiche e complesse.
Per i produttori di tecnologie il rapporto con i clienti si è inasprito
e se un tempo il primo obiettivo era quello di vendere adesso il primo
obiettivo è (o dovrebbe essere) quello di conquistare la fiducia
dei clienti.
Mirco Carriglio non usa mezzi termini: «Oggi
i fornitori vendono slogan e non sono in grado di capire le esigenze delle
aziende. Banca Intesa, in quanto frutto della fusione di tre banche, ognuna
con tre sistemi informativi diversi, aveva grossi problemi di integrazione
e di affidabilità dell’asset»
. Ed è su questo
punto che formula l’accusa più severa: «I fornitori non
sono stati in grado di calarsi nel nostro business»
.

Per Carrella il problema sta nel metodo: «Deve essere il cliente
che spiega al fornitore che cosa vuole e non viceversa»
. Ma
ci sono abitudini che sono dure a morire: «Troppo spesso l’utente
cerca soluzioni comode e vuole trovare chi gli risolve il problema. Per
l’azienda utente è molto importante avere gli skill interni adeguati
per avviare certi processi, e qui entra in gioco il discorso della formazione,
che non deve venire solo dal fornitore, che tende a formare sulla sua
tecnologia, o dall’azienda, ma dall’individuo stesso, che deve saper costruire
la propria crescita professionale, per essere in grado di portare conoscenza
e valore alla propria azienda»
.

Alessandro Musumeci legge il problema in chiave evolutiva: «Il
ruolo del fornitore deve necessariamente cambiare. Al Miur abbiamo deciso
di pagare i fornitori in base al livello del servizio offerto. Il numero
dei fornitori è subito diminuito perché chiedevamo una riduzione
dei costi e un’assunzione del rischio»
.
Secondo Mauro Ferrari la gestione dei fornitori è uno dei compiti
più importanti del Cio: «In Iris Ceramica ogni società
del gruppo richiede la personalizzazione del problema che affronta. Davanti
alle soluzioni proposte dai vendor sono io, come responsabile It, che
devo capire se servono a ciascuna realtà e come possono e devono
essere implementate»
.

L’idea di Paolo Torelli è che i fornitori devono capire che si
trovano davanti a interlocutori che stanno cambiando le loro esigenze:
«L’ideale sarebbe poter riuscire a realizzare delle partnership
con il fornitore per consentire a entrambi di investire l’uno nell’altro
e di crescere insieme»
. Dal canto suo, Luigi Borrelli ricorda
polemicamente che «da anni abbiamo subìto le proposte
di un’offerta che non sempre è risultata valida. Oggi, a causa
della riduzione dei budget, i vendor si ritrovano a far i conti con una
maggior pressione sui prezzi, ma anche con utenti che hanno idee più
chiare»
.

Va un po’ controcorrente Lorenzo Anzola che solleva un
problema di comunicazione tra clienti e fornitori: «Vorrei spezzare
una lancia in favore dei produttori in quanto se non fanno quello che
chiediamo è anche colpa nostra. I fornitori sanno fare il loro
lavoro e ci sono quelli che offrono valide soluzioni di processo, spetta
a noi guidarli e aiutarli a calarsi nella nostra realtà. Loro devono
smettere di comunicare per slogan»
.
Ma l’ultima parola su questo tema se la conquista ancora Carriglio di
Banca Intesa che dice chiaro e tondo che cosa vuole dai fornitori e come
li vuole: «Servono operatori che siano un gradino avanti a me
e che mi illuminino nella conoscenza delle nuove tecnologie non di business,
ma di gestione. Per questo ritengo che anche i fornitori per primi debbano
ripensare il loro modello di business, per avere più margine in
un momento in cui i clienti non sono più disposti a spendere come
una volta»
.

Un altro tema delicato è quello dei rapporti tra management It
e top management. «Negli ultimi anni siamo stati visti come
quelli che spendono senza creare valore,
– osserva Anzola –.
Dopo lo scotto che abbiamo pagato con l’Anno 2000, con l’euro e con la
prima fase del Web c’è un problema di immagine da sistemare»
.
Comunque, «in azienda, quando si tratta di diventare operativi
su nuovi fronti noi dell’It siamo fortemente coinvolti nelle strategie
del top management»
.
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«In Enel – osserva Borrelli – se l’It è in grado
di dare risposte, viene considerata. In sostanza, il Cio diventa credibile
se dimostra di saper dare ritorni e benefici»
.

Mauro Ferrari osserva che il ruolo del Cio in Iris Ceramica è molto
legato all’It: «La nostra azienda sta costruendo tre nuovi stabilimenti,
e per queste decisioni non siamo stati interpellati, al contrario siamo
coinvolti nelle decisioni che riguardano tutti gli investimenti in informatica
a essi correlati»
. Mauro Sgrazzuti di Fiditalia
ricorda che il responsabile It fa parte del Comitato direttivo e partecipa
attivamente alla definizione e allo sviluppo delle strategie aziendali:
«L’obiettivo che ci poniamo è lo stesso delle altre direzioni,
vale a dire lo sviluppo del business di Fiditalia. Comunque anche noi
dell’It stiamo cambiando mentalità e dobbiamo sforzarci di non
vedere solo le problematiche da un punto di vista tecnico, ma dobbiamo
capire le esigenze della parte commerciale, per scegliere insieme la miglior
soluzione»
.

L’It nella Pa si fa sentire, almeno al Comune di Ferrara come ricorda
Alberto Corò: «I responsabili dell’Information
technology del Comune di Ferrara sono sempre coinvolti nei nuovi progetti,
forse anche troppo»
.

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