La marcia del pinguino

Nel 2007 l’open source ha generato un business mondiale da 23 miliardi di dollari. In crescita soprattutto la richiesta di sviluppo software e servizi.

Sono passati poco più di 16 anni da quando vide la luce quel primo kernel Unix sviluppato dall’allora giovanissimo Linus Torvalds. Da questi primi timidi passi nel ristretto ambito accademico dell’Università di Helsinki, il sistema operativo del pinguino iniziò una crescita a ritmo accelerato di cui non si intravede la fine, creando profonde divaricazioni tra i campi di chi lo sostiene e di chi lo avversa.

Sembra preistoria (anche se era solo il 2003), quando Steve Ballmer, Ceo di Microsoft, in un memo ai dipendenti che è stato riportato da tutti gli organi di informazione del settore, definiva Linux «a competitive challenge for us and for our entire industry», negando la possibilità per un “free software” di raggiungere il livello di innovazione di Windows.

Ma è dello scorso anno la notizia clamorosa: Microsoft diventa distributore di SuSe Linux Enterprise Server del suo storico rivale Novell (ricordate NetWare contro Lan Manager/Windows Nt?).
 E i risultati non si sono fatti attendere, tanto che a fine settembre Novell ha dichiarato una crescita del 243% del suo business Linux, per un importo di 100 milioni di dollari.

Oggi Linux è ovunque, dal più piccolo processore “embedded” ai mainframe di Ibm e Idc ci aiuta a capire il valore numerico del fenomeno, a partire dal 2005 fino a una previsione al 2009. Attualmente la componente hardware risulta percentualmente minore di quella rilevata all’inizio del periodo e ancora minore viene prevista tra due anni. Questi valori spiegano molto bene l’interesse che produttori di hardware come Ibm e Hp hanno mostrato per il sistema operativo del pinguino fin dalle fasi del suo decollo.
 
Passando al software, la componente di spesa del sistema operativo puro e semplice è modesta e tale è destinata a restare: cosa naturale visto le molte distribuzioni gratuite sul mercato. In crescita, invece, la componente di software infrastrutturale, compresi database, software di enterprise management system, sicurezza e virtualizzazione, e quella relativa alle applicazioni, sia fatte in casa che pacchettizzate. Infine i servizi, anch’essi in crescita anche se meno del software. In totale Idc stima il mercato 2007 dell’ecosistema open source sui 23 miliardi di dollari.

Questo successo sta generando qualche preoccupazione tra alcuni fautori di Linux che temono che nelle oltre 30 distribuzioni disponibili si annidi il rischio di una prossima incompatibilità. Timori giustificati perché, come tutti ricorderanno, è stata proprio la scarsa compatibilità tra le versioni la principale ragione per cui Unix, il predecessore di Linux, non ha in definitiva ottenuto quel successo planetario che sembrava alla sua portata. Ma Linux dalla sua ha una specie di assicurazione sulla vita: la capacità di creare comunità. All’inizio sembrava un sogno, un’illusione destinata a svanire. Poi, anno dopo anno, il concetto è passato dalla mente dei visionari alla realtà quotidiana, dai campus universitari ai server delle aziende.

E sta conquistando anche i desktop consumer, per ora solo con prodotti specifici, come gli antivirus, i browser o i motori di ricerca, ma già per domani si può ipotizzare una distribuzione di Linux in molti casi al posto di Windows.

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