La difficile stagione del videogioco negli Usa

Poche Xbox, i sequel che non tirano più e i prezzi un po’ alti. Il mondo dei videogame si interroga. E i consumatori preferiscono le console portatili

True Crime doveva essere un successo. Era il sequel di un gioco che aveva
venduto parecchio, aveva una importante colonna sonora ed era stato supportato
da una forte campagna pubblicitaria. Il risultato è stato che a fine dicembre
negli Usa ha venduto 348.000 copie che, se non ne fanno un
flop, lo classificano comunque fra le delusioni visto che per l’industria dei
videogiochi Usa se il titolo non raggiunge la fatidica soglia delle
cinquecentomila copie i profitti per il publisher non sono granché.




Il caso di True Crime, però, non è isolato. Secondo
la società di ricerca Ndp il fatturato dell’industria dei
videogame

è passato dal 2002 al 2004 da 6,7 a 9,9 milioni di dollari, mentre il software per console è diminuito del 12%.
D’altronde, sostiene Reggie Fils-Aime, vice president sales and marketing di Nintendo, il numero di console in circolazione continua a crescere ma il numero di possessori non è aumentato significativamente in questi anni. Come dire che il mercato si allargato ma non poi così tanto e in molti hanno più di una console. Magari una fissa e una portatile.

Una tesi sulla caduta delle vendite del
software, in parte normale in un periodo di transizione da una console
all’altra, sostiene che i soldi dei consumatori sono andati verso
Xbox360
. Cinquecento dollari per un bundle di una Xbox valgono circa
una decina di videogame.




A questo punto, forse ha fatto comodo che, Bill Gates dopo avere generato una domanda da cinque milioni di console ne ha consegnate poco più di seicentomila.
Rimane il fatto che nel 2004 il titolo più venduto era San Andreas con 5,1 milioni di copie, mentre nel 2005 ci si è fermati a 2,9 milioni con l’ennesima versione di Madden (il gioco sul football americano, un po’ come da noi Fifa).
Il rinvio
del lancio di alcuni titoli e i prezzi
sarebbero gli altri motivi che
spiegano il momento di difficoltà del settore. Josh Larson di Gamespot, uno dei
principali siti dedicati ai videogame, fa notare che per un titolo ci vogliono
cinquanta dollari per circa venti ore o poco più di divertimento (se non diventa
sofferenza) e per un film dieci dollari per novanta minuti di visione.

“Prima di comprare ci pensi”.


E poi c’è il problema dei sequel.
Alcuni segnali fanno pensare che il pubblico si stia un po’ stufando di vedere nuovi episodi con gli stessi protagonisti e le medesime storie. “Bond: from Russia with love” ha venduto quasi la metà rispetto al gioco precedente. “Di quanti Bond games hai bisogno nello spazio di tre anni?”, si chiede il chief executive di Midway games che infatti ha lanciato un gioco sulla Nfl, la lega del football americano, che ha venduto bene nonostante non avesse la licenza ufficiale per l’utilizzo dei nomi delle squadre e dei giocatori. Ma per vedere il sequel passerà più di un anno. Un tempo inusuale per i giochi sportivi.
Non tutto però
va male
. L’altra faccia della medaglia mostra la crescita dei titoli
per le console portatili più profittabili per i publisher grazie agli inferiori
costi di sviluppo. Una boccata d’ossigeno aspettando Sony e Nintendo con le loro
nuove console.

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