On line e usato. L’altra faccia del videogame

Anche a causa dei problemi di Xbox Electronic Arts vede calare i profitti. Per gli analisti deve cambiare il modello di business

Microsoft fa slittare l’uscita di Xbox in Australia e Nuova Zelanda dal 2 al
23 marzo. Non sarebbe una gran notizia se non fosse che il rinvio della data di
lancio rappresenta una ulteriore conferma delle difficoltà che
la società di Bill Gates sta avendo nel rifornire i punti
vendita di tutto il mondo con la sua console. Una parte delle vendite è saltata
durante la stagione natalizia e di questo se ne sta accorgendo anche l’industria
dei videogiochi.



Electronic Arts, per esempio, ha deciso di
licenziare quasi il 5% del personale in seguito a risultati non soddisfacenti. I
profitti infatti sono scesi del 31%. E sottotraccia qualche lamentela arriva
anche dalle filiali italiane dei publisher di videogiochi che anche nella
Penisola perdono vendite a causa della mancanza di Xbox. Quello che era uno
degli storici problemi di Apple, la mancanza di prodotti nei negozi subito dopo
il lancio, è diventato un grosso handicap per Microsot

che volendo anticipare il più possibile Sony è
uscita forse un po’ in anticipo rispetto alle capacità produttive delle
fabbriche.




Lo shortage di Xbox , che si ripercuote ovviamente sulla vendita di
videogiochi, si combina con l’effetto attesa per l’arrivo della
Ps3
(previsto forse per la primavera) e determina un momento di stasi per il mercato tanto che gli analisti del settore non si aspettano certo un roseo futuro, almeno per i prossimi mesi.
I risultati deludenti delle major del videogame però sono
anche un po’ colpa loro, dicono gli analisti. Ea e gli altri da circa vent’anni
proseguono con lo stesso modello di business di quando hanno
inziato: vendere giochi ai punti vendita.


Nel frattempo il mercato è cambiato. Alla vendita di giochi nuovi si è
affiancato un ricco mercato dell’usato e poi i videogame on line hanno iniziato
a prendere piede. Soltanto che da questo secondo settore, che rimane comunque a
rischio, i big a stelle e strisce sono rimasti un po’ tagliati fuori.
World of Warcraft, cinque milioni di abbonati che pagano 15
dollari al mese, è della francese Vivendi Universal e gli altri
nomi in cima alla classifica sono la coreana NcSoft e
Shanda che ha il suo quartier generale a Shangai.




E poi c’è l’usato che è un terreno
molto più sicuro con margini più interessanti ma che non sembra interessare i
publisher. In questo campo un ruolo da protagonista lo gioca la catena GameStop
che ha acquisito il concorrente Electronics Boutique. Il titolo di GameStop
infatti è cresciuto dell89% dall’inizio dello scorso anno, mentre quello di Ea è
sceso dell’11%.





Quello che gli analisti non spiegano è come i
publisher potrebbero mettere piede nel settore. Anche nel disco le major
non hanno nulla a che fare con il mercato dell’usato che, almeno in Italia,
rimane nelle mani di molti punti vendita di piccole dimensioni. Lo stesso vale
per i videogiochi che dopo essere stati venduti ai retailer prendono una
strada
difficilmente controllabile dai publisher he fanno un altro
mestiere. A meno che qualcuno non si metta in testa di procedere a qualche
acquisizione.

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