Home Pmi La corsa alla digitalizzazione delle Pmi italiane: lo studio di Asus

La corsa alla digitalizzazione delle Pmi italiane: lo studio di Asus

La diffusione della pandemia e le conseguenti restrizioni dell’ultimo periodo hanno obbligato le Pmi a modificare alcuni processi e modalità di lavoro, incentivando lo smart working e quindi andando a creare nuove esigenze dal punto di vista dell’apparecchiatura tecnologica necessaria ai dipendenti. Ma l’approccio di digitalizzazione, per quanto importante, ha portato anche altre variazioni all’interno degli uffici.

Questo è quanto evidenziato dalla ricerca commissionata da Asus all’istituto Eumetra, che ha intervistato un campione di 400 piccole e medie imprese italiane nel periodo di ripresa post Covid, per capirne le nuove strategie e i processi di adattamento effettuati.

Nel 2021 molte delle attività analizzate stanno ancora affrontando gli strascichi di una situazione pandemica che ha completamente rivoluzionato il mondo del lavoro, cambiando la concezione di ufficio, stravolgendo il concetto di rapporto personale fra colleghi e molto altro. L’apparato hi tech sembra rappresentare una delle forme di investimento più interessanti per le aziende nel post Covid.

Lo smart working ha sicuramente incentivato un’importante modernizzazione tecnologica nelle realtà italiane, e ha stravolto i processi di lavoro di grandi e piccole aziende in Italia: questo tema è già stato affrontato sotto molteplici punti di vista, ma Asus ha voluto esplorare le conseguenze e gli eventuali nuovi piani che aspettano le PMI italiane nei prossimi anni, in piena fase di ripresa del post pandemia. La ricerca ha infatti sottolineato come queste conseguenze non riguardino principalmente la questione “ufficio o smart working”, ma ne emerge una forte componente psicologica, che vede l’intero approccio al lavoro e ai team da parte dei dipendenti modificarsi ed evolversi, richiedendo un forte investimento da parte delle aziende sull’elemento del capitale umano.

Pmi, il capitale umano e il welfare dei dipendenti sempre più centrali

Le conseguenze del Covid hanno fatto sì che molte imprese italiane, PMI incluse, cambiassero approccio e reinvestissero le proprie risorse non solo nell’attrezzatura necessaria ad affrontare i cambiamenti che tutti abbiamo vissuto, ma anche e soprattutto nel capitale umano, le sue competenze, il ruolo e il morale di ogni singolo dipendente. A seguito dell’implementazione dello smart working, l’ufficio ha perso la sua connotazione di “luogo parte della routine quotidiana”, diventando invece un luogo di eccezionalità, quasi desiderabile in quanto si è andato a legare indissolubilmente con la sfera dei rapporti umani fra colleghi (il 33% delle PMI dichiara di vedere l’ufficio come punto di incontro per i colleghi al di fuori della normalità e quotidianità del lavoro da casa, mentre il 18% delle stesse aziende lo definisce un luogo oramai superfluo, utile solo per le occasioni “formali”).

D’altro canto, molti lavoratori hanno sentito, con l’aumentare dello smart working, un aumento anche dei carichi e delle ore di lavoro. Il 37% delle aziende infatti afferma che le persone dipendenti hanno acquisito maggiore flessibilità (il 45% di queste sono aziende del Centro Italia), mentre nel 32% dei casi i colleghi hanno mantenuto un orario fisso, vedendo però aumentare le ore lavorative. La flessibilità totale di orario è invece stata acquisita solo dal 24% delle PMI.

Lo smartworking, da necessità a strategia per il futuro per il 67% delle PMI

Secondo la ricerca di ASUS, il 41% delle PMI italiane afferma di aver dovuto affrontare nel 2020 dei grandi cambiamenti a livello operativo e organizzativo, ma ciò che risulta interessante è che una buona parte di queste progetta, o ha già in atto, di mantenere e addirittura implementare tali modifiche, anche da un punto di vista tecnologico e volto alla digitalizzazione aziendale. A partire dal lancio e/o rinforzamento di nuovi servizi o prodotti, sono molte le aziende che si fanno promessa di rinnovare il proprio apparato tecnologico (29%), mantenere lo smart working (18%) o riorganizzare la struttura interna (26%). In ogni caso, le percentuali di aziende che queste azioni le hanno già messe in campo sono decisamente minori. Rispettivamente, il 14% delle PMI ha infatti rinnovato l’apparato tecnologico, il 10% ha previsto nuovi servizi o prodotti, e il 9% ha avviato una riorganizzazione interna, mentre rimane invariata la percentuale riguardante l’implementazione dello smart working.

In altre parole, le aziende italiane pensano di far tesoro dei cambiamenti indotti dalla crisi Covid, e sono disposte ad assumersi costi e responsabilità non preventivati per far sì che questo accada. Lo smart working ad esempio è previsto restare per circa 8 aziende su 10 fra quelle che lo hanno usato in questo periodo. Considerando l’insieme delle aziende italiane studiate, il lavoro da remoto rimarrà nel 67% delle PMI. La maggioranza di queste pensa ad una strategia di impiego più “intensiva” e non limitata a poche persone. Inoltre, le aspettative per il 2022 sono più che ottimistiche per quel che riguarda il 66% del campione intervistato, con un 28% di aziende (molte delle quali situate nel Centro Italia) che invece si aspetta di rimanere stabile nei profitti.

L’investimento sugli apparati tecnologici

Tre quarti delle aziende che implementeranno lo smart working come soluzione strategica per il futuro hanno inoltre in mente di ridurre gli uffici. Soprattutto le imprese più grandi con un assorbimento di spazio maggiore stanno valutando l’aspetto delle metrature allocate ed i relativi costi fissi, di affitto o ammortamento. Ma anche l’organizzazione e la cultura aziendale si modificano. Le aziende dello smart working strategico si apprestano ad adottare modelli di maggior autonomia per le persone, di maggior orientamento ai risultati, di utilizzo più libero delle dotazioni informatiche (a partire dal pc), anch’esse in evoluzione. In particolare, il 52% delle PMI del Sud Italia ha dovuto sopperire alla mancanza di pc portatili per i propri dipendenti, andando a costituire una grossa fetta della crescente domanda per questi strumenti.

Il cambio di “sede di lavoro” ha ovviamente portato l’esigenza di dotare ogni dipendente di strumenti adeguati allo smart working, con un forte shift rivolto all’acquisto di computer portatili e laptop compatti, oltre che tablet e altre soluzioni (all in one, integrazioni per docking stations).

Le parole d’ordine che hanno guidato tale scelta rappresentano inoltre le due esigenze che sono emerse: videoconferenze al posto di meeting di persona, che quindi richiedevano la dotazione di webcam e microfoni adatti, e la necessità di mobilità, che ha portato le preferenze su laptop leggeri, compatti e facili da trasportare. Due esigenze che rappresentano tuttora i pilastri di necessità per le aziende italiane, non solo in smart working. Un processo di lavoro più fluido come quello che le PMI stanno affrontando vede come indispensabili certe funzioni, volte a migliorare la connettività fra le persone (il 48% delle PMI ha definito le migliorie di webcam e microfoni per videoconferenze come la principale necessità che ha portato all’acquisto di PC portatili) e a favorire gli spostamenti e il lavoro in ogni luogo (la mobilità è stata scelta dal 47% delle aziende come forte componente a causare lo stesso cambiamento).

Quindi dalla postazione di ufficio si è passati al laptop con webcam e microfono integrati. Una conseguenza prevedibile, certo, ma che ha portato a un adattamento dell’offerta nel settore decisamente visibile. Il 55% delle PMI fa infatti uso di laptop, mentre un 44% rimane ferma sui pc fissi. Altro grande cambiamento è quello che vede il crescere degli acquisti di tablet, affrontato dal 24% del campione, mentre il 20% delle PMI ha scelto di integrare le già esistenti docking stations e il 12% si è spostata sui modelli all in one.

Cambiano quindi le modalità di lavoro: da lavoro in team a lavoro individuale e remoto. Cambia il concetto di spazio della scrivania, ottimizzata per essere più compatta e ospitare soluzioni più piccole rispetto al pc fisso. E infine, cambiano le mansioni che vengono portate sugli strumenti tecnologici: il pc, nelle sue diverse configurazioni, viene usato prevalentemente per lavori amministrativi (40%) e di ufficio classico (38%). Resta poi come strumento indispensabile al mantenimento dei rapporti interpersonali fra colleghi e la gestione delle relazioni (36%). Paradossalmente, tutte quelle task che di tecnologia hanno sempre vissuto scendono in fondo alla classifica – posizionandosi sotto anche all’utilizzo personale (22%) – come la creazione di contenuti grafici e multimediali con il 19% di risposte, la progettazione e il disegno professionale al 18% o lo sviluppo di software (15%).

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