Home Big Data Intelligenza Artificiale: l'era del touch è finita. È il momento della voce

Intelligenza Artificiale: l’era del touch è finita. È il momento della voce

Nick Triantos, managing director per l’area Ventures dello Stanford research institute ha cercato di stupire la platea presentando Motobot, l’umanoide capace di calvalcare una Yamaha e che entro l’anno potrebbe sfidare in pista Valentino Rossi.

Un esempio eclatante di applicazione dell’intelligenza artificiale che poche settimane faha aperto a Milano l’Artificial intelligent at work, l’evento organizzato da Assist, la società milanese che si definisce “customer experience service provider” e fa leva sull’innovazione per migliorare customer experience e performance aziendali. Ricavi 2016 stimati per 65 milioni contro i 53 dello scorso anno Ebitda di nove milioni di euro (precedente 7,1) sono alcuni dati di questa azienda che lavora con Eni ed Enel, Unicredit, Toyota, Vodafone e Sky solo per fare qualche esempio. L’importanza dei canali digitali che diventeranno dominanti per quanto riguarda la customer experience, porta l’azienda a ragionare sempre di più sull’intelligenza artificiale e a organizzare questo evento che ha portato al museo delle Culture di Milano nomi importanti dell’intelligenza artificiale.

Obiettivo 99%

L’incontro è stato aperto da Triantos (qui le linee del suo intervento su slideshare) che, Motobot a parte, ha ricordato che gli Stanford research insitutute hanno inventato display Lcd, mouse, Arpanet e da ultimo Siri. Un’autorità in materia di Ai che ha sottolineato l’importanza del machine learning e del suo uso in azienda. Assistenti virtuali, sistemi decisionali e robotica sono i campi di applicazione di questa tecnologia che ha bisogno di un’altissima percentuale di riconoscimento vocale. “I sistemi utilizzati da Baidu e Google viaggiano oggi sopra il 90%. Si va verso il 95% ma la situazione cambia totalmente solo al 99%”. È questo l’obiettivo da raggiungere perché non ci siano differenze con il parlato di una persona. Una sfida importante che, secondo Triantos, sarà vinta in tempi rapidi.

La voce però non è sempre il mezzo migliore. È perfetto per domande semplici ma in situazioni più complesse è meglio una visualizzazione o un video. In questo caso ci vuole una efficace interfaccia utente che sia espressiva e non è certo facile da creare. Questo ci porta nel campo degli assistenti virtuali con i nuovi device già usciti negli Usa. Google home dovrebbe debuttare entro fine anno. Si tratta di un dispositivo che Triantos definisce inquietante, che risponde alle nostre domande, ascolta ciò che succede e risponde in modo diverso agli interlocutori perché possiede  un sacco di informazioni su di noi. Google home dovrebbe sfidare Echo, la soluzione di Amazon già presente sul mercato che vanta un’ottima speech recognition. Amazon sta aprendo il perimetro per allargare l’utilizzo del device che è un oggetto consumer utilizzato da molte app. Diversa la situazione di Siri che secondo il manager Usa ha una conversazione ancora difficoltosa e non è utile per applicazioni di business. Facebook invece per ora ti fa rispondere da una persona e arriverà all’utilizzo totale di una macchina entro cinque anni.

Di sicuro per questi sistemi si aprono grandi spazi nel campo della personalizzazione perché gli assistenti virtuali possono essere utilissimi per rispondere a domande precise ma prima devono ricevere tutte le nozioni necessarie relative al settore di applicazione. Nel giro di tre anni, spiega Triantos, sarà raggiunto il livello ottimale per gli assitenti virtuali, mentre molto c’è da lavorare per la traduzione automatica “che lascia molto a desiderare”.

Non solo consumer per Echo

Dave Isbitski chief evangelist di Alexa (l’assistente vocale) ed Echo (il device) di Amazon ha spiegato che l’era del touch si avvia ormai alla sua conclusione. “La voce diventerà la principale interfaccia utente”. Lo dimostra l’utilizzo di Echo, oggetto nato per il mondo consumer che sta trovando mille forme di applicazione. Distribuito sui mercati internazionali solo quando avrà imparato bene le lingue, Echo (negli Usa è proposto nella versione da 179,99 dollari e da 89,99 da collegare a un altoparlante) trova applicazione anche nel campo dell’assistenza agli anziani (senza dare segni di insofferenza risponde a mille domande anche se sono sempre le stesse) è presente in ospedale per aiutare gli infermieri ed è utilizzato nei laboratori scientifici da operatori che hanno le mani occupate può anche lavorare come assistente virtuale.

Phil Gray, executive vice president di Interactions, società specializzata nel campo dei conversational Ivr (interactive voice response) ha ricordato (qui le linee del suo intervento su Slideshare) qualche case study importante nel campo dell’utilizzo della voce con Txu energy, una utility, che negli Usa ha risparmiato 12 milioni di dollari nell’assistenza ai clienti, Eyemed, una filiale di Luxottica, che grazie all’assistente virtuale ha ricevuto il 40% di chiamate in meno al centralino per il servizio sanitario dedicato ai dipendenti con un risparmio di novecentomila dollari e Hyatt, la catena alberghiera che di dollari ne ha risparmiati 4,4 milioni con un sistema vocale per la prenotazione delle camere in grado anche di assistere l’agente che si occupa delle prenotazioni per i quali è stato modificato il profilo richiesto per le assunzioni. Il Roi è stato del 349%. Ma per introdurre queste tecnologie, avvisa Gray, è necessario una intelligente pianificazione per capire bene dove piazzarle. “Poi, nel giro di tre-quattro mesi, i risultati arrivano”.

 

 

 

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