In Slovenia la specializzazione fa la differenza

Manodopera preparata e flessibile, alta tecnologia e infrastrutture: così l’economia slovena può attirare aziende straniere e fare da ponte verso altri paesi emergenti

La Slovenia tesse la sua ragnatela per attirare nuovi investimenti diretti dall’estero: una ragnatela con ampi margini di sviluppo, perché la Slovenia è rimasta un po’ ai margini delle strategie aziendali che puntano alla delocalizzazione, nonostante il crescente scambio commerciale con l’Europa. Questo paese fonda la sua forza sul binomio qualità-tecnologia, piuttosto che sul basso costo della manodopera (comunque più conveniente rispetto alla media europea). Così, mentre il governo ha varato un altro bando pubblico per incentivi finanziari sugli investimenti esteri, gli imprenditori già attivi in Slovenia evidenziano i particolari vantaggi della sua economia.

Tecnologia e specializzazione: la forza del mercato sloveno
Edi Kraus del Gruppo Bonazzi (intervenuto a un convegno sul tema, organizzato da Promos-Camera di commercio di Milano), preferisce quindi il termine internazionalizzazione: il suo gruppo, primo investitore italiano con 100 milioni di euro dal 1993, può beneficiare di forza lavoro molto specializzata e flessibile, costi dell’energia più bassi di circa il 20% che in Italia, vicinanza geografica, infrastrutture efficienti, ponte verso economie emergenti nei balcani, Russia compresa. L’Italia è il secondo partner commerciale della Slovenia, dopo la Germania, ma è solo sesta nella classifica degli investimenti diretti (al 2005), superata da Austria, Svizzera, Olanda, Francia e Germania.

Il bando pubblico per spingere gli investimenti
L’obiettivo del bando pubblico 2007-2008 è orientato su vari fronti: almeno mille nuovi posti di lavoro, collaborazione tecnologica tra imprese slovene e straniere, crescita armonica delle aree regionali. Il bando potrà cofinanziare l’investimento iniziale in beni materiali e immateriali delle aziende estere che intendono stabilirsi in Slovenia, creando una nuova impresa o ampliandone un’esistente, o ancora modificando la produzione. I fondi complessivi sfiorano gli otto milioni di euro. Le aziende possono candidarsi in tre settori: industria, commercializzazione internazionale di servizi, ricerca e sviluppo.

L’investimento minimo iniziale richiesto è un milione di euro nella produzione industriale, e 500mila negli altri settori. La ditta estera, nei primi tre anni d’attività, deve creare almeno 25 nuovi posti di lavoro nel manifatturiero, per ottenere incentivi statali tra 2500 e 8mila euro per ogni posto. Le assunzioni necessarie scendono a 10 e 5 nelle rimanenti categorie (servizi e ricerca), per beneficiare di finanziamenti da 3mila a 11mila euro e da 7mila a 20mila.

Il nuovo regime fiscale
L’attuale regime fiscale sloveno è in vigore dal primo gennaio 2007. Innanzi tutto è prevista una riduzione progressiva delle aliquote Irpeg: dal 23% nel 2007 al 20% entro il 2010, con abbassamenti annuali di un punto percentuale. Le detrazioni fiscali possono riguardare il 20% degli investimenti realizzati in ricerca e sviluppo. Le aliquote Irpef sono tre (16%, 27% e 41%), mentre l’imposta sugli interessi è del 15% e quella sui dividendi del 20% (quella sulle rendite finanziarie varia dallo zero al 20% in base alla durata del possesso).

Numeri dello scambio commerciale con l’Italia
La Slovenia è quindi un’economia in rapida espansione, soprattutto dopo l’entrata nell’Unione nel 2004; per l’Italia rappresenta un business da quasi 6 miliardi di euro di scambi commerciali, con una crescita annuale del 13%. I numeri arrivano da un’elaborazione della Camera di commercio milanese su dati Istat del quarto trimestre 2007. L’export corre a 3,5 miliardi (+13,5% dal 2006), mentre l’import viaggia sui due miliardi (+12%). Le regioni più attive sono Lombardia, Friuli e Veneto. L’export italiano predilige i prodotti finiti, seguiti da macchinari e materiali da trasporto. Nell’import, invece, prevalgono veicoli e metalli.

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