Home Datacenter In-Site progetta data center sempre più accoglienti

In-Site progetta data center sempre più accoglienti

Sono diverse le sfide che In-Site affronta oggi in Italia. La società di ingegneria integrata milanese progetta e costruisce data center, molti di quelli presenti nel nostro paese portano la firma In-Site, e oggi come non mai è impegnata in ristrutturazioni e nuove costruzioni.

“Abbiamo un passato di realizzazione di centrali telefoniche e centri di elaborazione dati – racconta Pietro Matteo Foglio, fondatore e Ceo di In-Site -, dunque l’evoluzione verso i data center è stata naturale”.

Le sfide sono diverse, si diceva: l’attenzione all’Italia da parte di nuovi operatori, come Supernap, o di consorzi, come l’Open Hub Med che sta per inaugurare la sua struttura in Sicilia, grazie anche al contributo di In-Site.

Si ragiona su strutture da ripensare, in numero minore rispetto a quelle ipotizzate in spazi vergini “evidentemente più facili da progettare – osserva Foglio – visto che hai semplicemente un grande terreno a disposizione e, inoltre, le certificazioni e i requisiti per la partecipazione alle gare oggi sono più stringenti che in passato, per cui la riqualificazione ha senso se c’è già una buona base da cui partire, come nel caso dell’Open Hub Med (che risorge sulle ceneri di un sito Italtel a Carini, Palermo, ndr)”.

“Oggi lo standard di riferimento è l’Ansi/Tia-942 – spiega Foglio – i cui requisiti coinvolgono caratteristiche fisiche e infrastrutturali come la posizione della struttura, il layout architettonico, gli impianti elettrici, meccanici e di telecomunicazioni, la sicurezza antincendio e la security, seguirli significa poter essere in grado di ottenere l’attestato di conformità di livello IV per un data center, qualifica ormai imprescindibile”.

Con questo non è detto che non si possa lavorare per ottenere un buon risultato in siti come l’ex area Italtel: “generalmente si tratta di strutture solide, ben carrozzate – spiega Foglio – in cui si lavora per potenziare l’involucro contro il fuoco, per esempio, oppure si interviene con i cosiddetti “cappotti” e costruendo intercapedini fondamentali per l’impianto di refrigeramento, certamente la componente più critica del progetto”.

In-Site e l’esperienza negli ospedali

Riprogettare un sito esistente, poi, così come scegliere la zona per uno nuovo, insomma, è piuttosto una scelta legata a parametri diversi. Una burocrazia più snella, un Comune più “accogliente” o una necessità meramente di marketing.

Già, perché il data center oggi deve essere soprattutto uno spazio presentabile (ai clienti) e vivibile. Ed è in quest’ambito che In-Site tende a distinguersi, non solo in strutture di data center ma anche in padiglioni ospedalieri.

“Sempre più spesso i contratti di disaster recovery prevedono degli spazi in cui ospitare i dipendenti dell’azienda cliente in caso di impossibilità ad accedere ai propri uffici – racconta il manager – per questo è necessario prevedere materiali, colori e luce atti ad accogliere nel modo migliore possibile delle risorse allontanate dal loro habitat lavorativo”.

“Il nostro obiettivo – scherza Foglio – è fare in modo che i dipendenti non vogliano tornare nella loro sede originaria. O meglio, rendere una struttura “ostile” come può essere un padiglione ospedaliero per la radioterapia più vivibile, con opportuni punti luce e colorato, che faccia rilassare pazienti e accompagnatori”.

“In definitiva – conclude il manager – l’Italia si sta dimostrando un polo decisamente interessante, in una posizione strategica e con una certa vocazione storica per questo tipo di strutture, dovremmo solo essere più agevolati dalle Istituzioni. E, parlando del clima, nel nord Italia non direi che sia meno favorevole di Amsterdam e ricordo che Dubai, nonostante il suo caldo, propone dei data center eccellenti”.

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