In Lombardia 100.000 imprese innovatrici

Tutti i numeri dell’indagine con i profili delle imprese che innovano, che vorrebbero farlo e che invece non ne hanno intenzione

La ricerca realizzata dal Politecnico per conto della Camera di commercio di
Milano ha esaminato 1.000 imprese: per il 22% settore costruzioni, 21,6%
fabbricazione macchine utensili e apparecchi meccanici, 9,9% editoria, 0,5%
zootecnia, 4,3% biotech non alimentari, 0,8% raccolta, distribuzione e
depurazione acqua.

Quasi la metà (47%) dichiara un
fatturato fino a 2 milioni di euro, il 40% da 2 a 10 milioni di euro, il 9% da
10 a 50 milioni di euro e il 4% superiore ai 50 milioni di euro. Solo il 45% ha
un fatturato di provenienza estera che per il 9% del campione è superiore alla
metà del proprio fatturato. Il 92% ha meno di 50 addetti, il 61% meno di 15
addetti. Oltre la metà delle imprese (64%) realizza prodotti, il resto servizi.
L’87% delle imprese lavora su commessa, il 13% ha invece un proprio
catalogo.





Oltre un’impresa su 5 (21%) ha più di 40 anni di
vita (nata prima del 1965), circa un terzo (29%) è nata nel decennio 1975-1984,
il 12% è nato nell’ultimo decennio (dopo il 1995). Il fatturato, rispetto
all’anno precedente, è stabile per il 62% delle imprese mentre è aumentato per
oltre una impresa su 5 (22%) soprattutto la quota prodotta in Italia. Solo
un’impresa su dieci infatti (10%) vede aumentare il fatturato da estero.
Orientamento all’innovazione delle imprese: le imprese innovatrici sono il 31%
(tra innovatrici pure 4% e aspiranti innovatrici 27%) mente il 69% è costituito
da inerti (spente il 2%, persistenti il 67%).



Profilo dell’impresa innovatrice: fa
dell’innovazione un fattore strategico per vincere nella competizione e la vive
come elemento quotidiano a tutti i livelli, è un’impresa leader che realizza
innovazioni di frontiera. Riguarda il 4% delle imprese, diffuse soprattutto tra
le imprese di una certa età (l’8,3% di quelle nate prima del 1965), con più di
50 addetti (14,3% della categoria) e considerevoli fatturati (10,3% delle
imprese con più di 50 milioni di euro di fatturato e 8% delle imprese con
fatturato compreso tra 10 e 50 milioni di euro).




I settori di maggiore concentrazione: l’Ict con
oltre una impresa del settore su cinque (20,6%), il design (8,3%) e le
biotecnologie agro-alimentari (8,2%). È un’impresa che offre prodotti (5,8%
rispetto al 0,8% delle imprese di servizi) ed in un caso su dieci ricava
dall’estero oltre il 50% del proprio fatturato (il 12,4% di quelle che ricavano
dall’estero tra il 21% e il 50% del proprio fatturato). Fatturato che aumenta
per il 45% delle imprese innovatrici, anche se una su cinque dichiara una
diminuzione, e che ha risultati positivi anche all’estero (aumenta per il 40%,
stabile per il 50%). Oltre la metà (51,4%) delle imprese innovatrici re-investe
in innovazione fino al 5% del fatturato, quasi una su dodici (11,4%) oltre il
10%, e ciò nonostante ritengono (55%) l’innovazione attuata non sufficiente a
causa soprattutto della mancanza di risorse finanziarie (59,1%) e di risorse
umane adeguate (27,3%).



Solo meno di una impresa innovatrice su venti (4,5%) ritiene di aver rallentato la propria capacità innovativa per paura dei rischi.

E’ una impresa che brevetta (47,4%), ha regolari rapporti
con università e centri di ricerca (42,5%) ed offre stage agli universitari
(30%), vanta in organico dei laureati (65,8%) ed ha addetti impegnati in
attività di ricerca (81,6%) e in uffici tecnici e di sviluppo (84,6%). Nel 62,5%
dei casi ha chiesto finanziamenti pubblici per innovare, si informa partecipando
a convegni sulle nuove tecnologie (62,5%) e programma piani per le innovazioni
future (45%) ma usa ancora poco i software specializzati per la gestione dei
progetti (30%) e solo in un caso su dieci stabilisce incentivi per il personale
associati all’innovazione.


Utilizzano servizi di supporto per le richieste di finanziamenti pubblici per
l’innovazione (57%), rivolgendosi ad enti istituzionali nel 30% dei casi. Tra le
istituzioni privilegiano le associazioni territoriali/di categoria (58%) e le
Camere di commercio (50%) mentre per la progettazione innovativa e studi di
fattibilità gli interlocutori privilegiati sono le università ed i centri di
ricerca.





Profilo dell’impresa aspirante innovatrice: distinta tra aspiranti innovatrici, che coscienti del valore dell’innovazione dichiarano di voler innovare anche se non sono state ancora in grado di introdurre innovazioni rilevanti neppure su scala nazionale, e aspiranti ad alto potenziale, imprese che sebbene non abbiano saputo introdurre innovazioni rilevanti per il mercato globale hanno saputo innovare a livello nazionale su più di una dimensione.

Profilo che riguarda il 27% delle imprese, con ad alto
potenziale il 7%. E’ aspirante innovatrice soprattutto l’impresa che offre
prodotti (31% contro il 18,4% delle imprese che offrono servizi di servizi).
Sono il 43,8% delle imprese biotecnologiche alimentari ed il 37,5% del design
anche se le aspiranti innovatrici a più alto potenziale si occupano di
biotecnologie non alimentari (16.3%) e nuovi materiali (12,3% del settore).



Si tratta di imprese non recentissime (il 29,7% di quelle nate prima del 1965 ed il 34,9% di quelle nate tra 1965 e 1974), forti nella classe di addetti tra 16 e 50 (33,4% del totale), con fatturato medio alto (38,7% delle imprese con fatturato compreso tra 10 e 50 milioni di euro e 35,9% superiore a 50 milioni) ma stabile (55,5%) prodotto in misura ridotta all’estero (fino al 10% per il 36,4% delle imprese, dall’11% al 20% per il 29%).

Sono
abbastanza soddisfatte delle proprie azioni innovative (il 55% ritiene che non
avrebbe potuto innovare di più) e quando hanno dovuto rinunciare lo hanno fatto
principalmente per mancanza di risorse finanziarie (56,8% che diventa 71,4% per
le aspiranti innovatrici ad alto potenziale).




Investono poco in innovazione, il 42,2% addirittura
nulla, e solo poco più di una su quattro investe fino al 5% del proprio
fatturato. Una impresa su sei (16,4%) possiede brevetti e solo poco più di una
su venti (6,5%) cura contatti regolari con centri di ricerca e università. L’80%
delle aspiranti innovatrici ha un ufficio tecnico o di sviluppo e il 42% degli
addetti impegnati in attività di ricerca. Il 49% ha dei laureati in organico che
però provengono poco dalle lauree tecnico-scientifiche (solo il 6,5% ha assunto
neolaureati in discipline tecnico-scientifiche negli ultimi due anni) e solo il
13,6% attiva stage con le università.


Cercano però di organizzarsi: il 63% ha formalizzato un piano per introdurre innovazioni future e il 57% ha predisposto addirittura dei piani di finanziamento ad hoc e per raggiungere queste innovazioni prevedono incentivi (15,6%) e corsi di formazione sul project management (17,1%) per il personale.

Meno della metà (47%) partecipa a convegni
sui trend teconologici e solo il 18,6% ha chiesto negli ultimi due anni
finanziamenti pubblici per l’innovazione, rivolgendosi soprattutto ad
associazioni di categoria o territoriali (77%) e camere di commercio (23% delle
aspiranti, 45% delle aspiranti ad alto potenziale) per il supporto nella
richiesta. Buono anche il ricorso alle Camere di commercio per la progettazione
innovativa e/o studi di fattibilità (38%).




Profilo dell’impresa inerte: non pone l’innovazione al centro della sua strategia e tende ad
adottare un atteggiamento reattivo o passivo ai cambiamenti del contesto.
Riguarda due terzi delle imprese (69%), soprattutto nell’editoria (78,8% del
settore), fabbricazione macchine e apparecchi meccanici (77,3%), costruzioni
(75%) e moda (70,2%). I settori meno inerti: Ict (47,1%) e biotecnologie
agroalimentari (48%). Sono più diffuse nelle classi di fatturato inferiore (il
75% di quelle con fatturato inferiore ai 2 milioni di euro, anche se risultano
inerti anche la metà (53,8%) delle imprese con fatturato superiore ai 50 milioni
di euro), spesso interamente prodotto in Italia (è inerte il 77% delle imprese
che non produce all’estero alcuna parte del proprio fatturato), nelle classi di
addetti inferiori (75,2% di quelle con meno di 15 addetti) e nei servizi (80,8%
del settore contro il 63,2% delle imprese di prodotto).




Sono imprese nate nell’ ultimo trentennio (72% di
quelle nate dal 1975 ad oggi) e hanno la certezza che non avrebbero potuto
innovare di più negli ultimi anni (78,7%). Le ragioni della rinuncia alle
innovazioni lo sono soprattutto finanziarie (56%) ma più di una impresa su dieci
(11,9%) lo ha fatto perché era troppo rischioso. Oltre la metà (53,1%) non
investe in innovazione, solo quasi una su cinque (23,2%) vi investe più del 5%
del proprio fatturato, percentuale che resta stabile rispetto all’anno
precedente per il l’89,5% delle imprese inerti.




Appena una impresa su otto possiede brevetti e meno
di una su venti (3,4) cura regolarmente rapporti con università e centri di
ricerca. Una su quattro (25,8%) ha addetti impegnati in attività di ricerca, una
su tre (36,5%) ha laureati in organico (solo il 2,6% ha però assunti negli
ultimi due anni laureati in discipline tecnico scientifiche) ed una su dieci
(11,1%) ha attivato negli ultimi due anni stage in collaborazione con le
università. Meno del 3% ha piani formalizzati per l’introduzione di future
innovazioni e il finanziamento delle stesse, una su otto si premura di
realizzare ricerche di mercato prima di innovare.




Solo il 2% lega l’innovazione ad incentivi per il
personale. Il 28,6% partecipa a convegni sui temi tecnologici ma solo il 22,4%
li considera importanti per la propria azienda. Solo l’11,4% è ricorsa negli
ultimi due anni al finanziamento pubblico per l’innovazione, e l’11% si è
appoggiata ad enti istituzionali per supportare la richiesta di finanziamento.
Per tale supporto scelgono soprattutto le associazioni di categoria/territoriali
(69%) e le Camere di commercio (35%).

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