Il gioco della georeferenziazione è appena iniziato

Capitale Digitale continua a investire per mostrare in Italia dove e come avviene la rivoluzione tecnologica. Stavolta porta a contatto del pubblico due giovani imprenditori di successo mondiale, nell’evento World Wide Apps.

Dopo l’annuncio della morte del Web e dell’avvento delle apps, in molti si chiedono più o meno seriamente se e come partecipare alla veglia funebre annunciata da Chris Anderson, direttore di Wired.

Tra coloro che scherzosamente si agganciano alla provocazione d’oltreoceano c’è anche Luca De Biase, partito da lì per introdurre l’evento romano “World Wide Apps – dove va la next Internet generation“.

L’incontro verteva sulla presenza di Naveen Selvadurai, co-fondatore di Foursquare, e Dina Kaplan, co-fondatore di Blip.Tv, invitati ad una serie di attività di promozione imprenditoriali portate avanti da Telecom Italia con il suo Working Capital, nel solco di Capitale Digitale.

Vediamo per sommi capi quali sono stati gli elementi più interessanti dell’incontro.
Blip.tv è una media company
Sorprendentemente Dina Kaplan parla italiano, avendo studiato a Roma, il che garantisce l’allineamento totale con quanto detto dagli altri partecipanti al panel.

La fruizione dei video su Internet è un fenomeno quantitativamente rilevante ma di per sé non completamente interna al concetto di fruizione della Rete. «Oggi è possibile autoprodursi gli show e guadagnare abbastanza per farne un lavoro», ha detto Dina spiegando il modello di business di Blip.tv: trovare inserzionisti per gli show resi disponibili attraverso la sua piattaforma.
In alcuni casi si tratta di decine di migliaia di dollari mensili per un singolo show, una cifra assolutamente interessante anche se non destinata a chiunque.

Di fatto Blip.tv è una vera e propria media company, non dissimile da un network tradizionale, e rientra nella provocazione di Anderson nella vasta fascia di accesso a video su internet e non nel pasaggio da fruizione da browser contro fruizione da apps.

La game mechanics di Foursquare

Il passaggio nel consumo di Internet dal browser allo smartphone è proprio il fulcro della proposta di Foursquare, che nasce e cresce in ambito mobile, senza mai pensare né al browser né al desktop.
«L’idea di Foursquare ci è venuta perché viaggiamo e ci spostiamo, ma vorremmo sempre avere con noi i nostri amici e condividere con loro commenti, foto, luoghi da visitare», ha esordito Salvadurai, poi spiegando che al desktop non ci hanno proprio pensato.

Certamente intorno alle idee di Foursquare l’intero movimento della georeferenziazione pubblica ha subito una focalizzazione ed una brusca accelerazione, richiedendo più o meno a tutti i grandi (Facebook, Google) di mostrarsi attivi in questa direzione.

Le domande del pubblico, sia in sala, sia da Twitter, sono andate prevalentemente alla ricerca del business model, sommariamente indicato come occasione di partnership per le attività locali.

Questo punto continua ad apparire strutturato in maniera debole, il che non esclude che porti ad un successo economico, nel caso in cui si coinvolgano inserzionisti in numero elevato.
Più interessante è sembrala la spiegazione della dinamica di base di Foursquare.
«L’abbiamo pensato come un gioco, con una sua precisa meccanica – spiega Naveen a chi non conosca il meccanismo – . Fruendo della piattaforma, via via si acquisiscono dei piccoli premi» che aumentano visibilità e reputazione dell’individuo, partendo dalla “mayorship” per arrivare, ad esempio, all’acquisizione di badge che si ottengono solo in particolari situazioni: «Se ci registriamo in 50 ne scatta uno», ha detto simpaticamente Luca Conti, uno dei tre Luca presenti all’incontro. «In Foursquare la game mechanics è essenziale», ha sottolineato Salvadurai.

La privacy cambia forma

Un aspetto interessante è stato sottolineato da Luca Telese, volto televisivo dell’ultima generazione. «Osservo la georeferenziazione come autodelazione», ha detto, rimarcando che chi entra in questa meccanica «è felice di regalare preziose informazioni commerciali di tipo personale», che teoricamente andrebbero salvaguardate, «facendo così la gioia dei venditori». Telese è sembrato meno a suo agio di altri nello specifico della georeferenziazione, ma certamente ha sottolineato una schizofrenia della vita vista dalla finestra dello smartphone o del pad.

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