Home Startup Il decalogo di Mamazen per investire in uno startup studio

Il decalogo di Mamazen per investire in uno startup studio

Come afferma Mamazen, sempre più investitori si stanno accorgendo dei numerosi vantaggi di investire in startup studio. Tuttavia, trattandosi di attività relativamente recenti, non esistono molti dati su come effettuare una due diligence efficace su di essi.

Con l’obiettivo di fare chiarezza nasce il nuovo white paper “Redesigning Entrepreneurship”, realizzato da Mamazen insieme agli startup studio internazionali Savvy TinkersStudios e Venture Studio Associates con il supporto di GSSN e Studiohub (le due principali community mondiali di startup studio).

Il testo parte dall’analisi delle differenze sostanziali tra uno startup studio e un modello tradizionale di Venture Capital, illustrando i vantaggi principali di un investimento negli studio.

“Gli startup studio in genere sono guidati da imprenditori esperti che spesso hanno già realizzato un’exit, hanno solide fonti di finanziamento, un network di talenti e strategie già collaudate, e sono pronti a mettere a fattor comune il proprio know-how per la creazione di nuove startup – raccontano Farhad Alessandro Mohammad, CEO di Mamazen, Manuela Maiocco, Financial Controller di Mamazen e Matthew Burris e autori del white paper –.  Inoltre, assumendo il ruolo di founder, lo Studio riduce significativamente il costo del capitale, consentendo agli investitori di ottenere più quote e un maggiore ritorno in caso di exit”.

Il white paper vuole diventare quindi una guida per coloro che scelgono di investire in uno startup studio, illustrando i vantaggi di un’operazione di questo tipo ma anche i suoi rischi. Se, da un lato, gli studios adottano rigorosi approcci di riduzione del rischio integrati in un processo ripetibile che spesso porta le startup create a raggiungere round in investimento in tempi molto più rapidi rispetto alle startup tradizionali (10,7 mesi per un round Seed rispetto a 36 mesi e 25,2 mesi per un round di serie A rispetto a una media del settore di 56 mesi), dall’altro le complessità operative e di processo che li caratterizzano necessitano della giusta attenzione.

La guida individua quindi 10 punti principali a cui prestare attenzione per compiere una scelta sicura, nel momento in cui si decide di investire in uno startup studio:

  1. Team. Uno dei primi aspetti su cui concentrarsi è sicuramente l’analisi delle capacità imprenditoriali e delle esperienze pregresse dei membri del team dello startup studio su cui si vuole investire. Sebbene, infatti, le prestazioni passate non siano un indicatore di quelle future, possono fornire un primo indicatore di eventuali lacune e punti deboli.
  2. Processo di validazione. Gli studios adottano un approccio strutturato alla validazione, seguendo diversi passaggi predefiniti che valutano l’opportunità rispetto a specifiche aspettative di performance prima di passare alla fase successiva.
  3. Capacità di attrarre fondatori. Sono diversi gli strumenti che gli studios utilizzano per attrarre nuovi fondatori delle startup (referral, annunci di lavoro, eventi) che diventano indicatori fondamentali della capacità dello studio di attrarre nuovi talenti. Il team dello studio ha esperienza e un buon track record nella selezione dei fondatori? Quanto è efficace la loro selezione? Quanto è efficace il loro processo in termini di costo e di tempo?
  4. Controllo. Il controllo delle decisioni e delle spese delle startup create è un elemento fondamentale per il successo di uno studio. Se il controllo non è sufficiente, lo studio non sarà infatti in grado di aiutare le startup a evitare gli errori; dall’altra parte, invece, se il processo di controllo è eccessivo, i migliori fondatori saranno restii a sentirsi parte del deal. Gli investitori dovrebbero capire se lo studio ha un controllo sufficiente per evitare i passi falsi più comuni, come le spese eccessive e un’erronea valutazione delle opportunità, e capire in che modo il controllo torna al founder una volta che la startup è avviata.
  5. Specializzazione e focus. Elemento utile per l’efficacia di uno startup studio è rappresentato dalla specializzazione in uno o più settori specifici e dalla scelta di concentrarsi solo su un tipo di processo di creazione (corporate venture building, venture building classico, eccetera). La focalizzazione aiuta infatti a tenere snello l’organico, consente di ottimizzare i processi, incoraggia lo sviluppo di competenze verticali e stimola la creazione di un network di valore. Gli investitori dovrebbero verificare come lo studio è sufficientemente specializzato al fine di ridurre il rischio.
  6. Allineamento tra studio e investitore. Per garantire che i suoi interessi siano in linea con quelli dei suoi investitori, lo studio dovrebbe iniziare a percepire un ritorno economico solo dopo che l’investimento originale è stato ripagato. Queste realtà infatti, spesso addebitano alle società create i servizi forniti per compensare i maggiori costi del modello. Uno studio che si sforza di generare un flusso di cassa positivo attraverso le attività operative non ha gli incentivi giusti per creare valore alle società partecipate.
  7. Il ruolo del founder. A seconda del tipo di studio che un investitore sta valutando, la due diligence deve concentrarsi su ulteriori aspetti specifici del modello di business: se lo studio stesso ricopre il ruolo di fondatore delle startup create, è necessario indagare sul processo di ideazione, validazione e reclutamento del team e del co- founder. Se lo studio agisce invece come co-fondatore, gli investitori dovrebbero considerare come ogni idea viene reperita e valutata in base alla possibilità di raggiungere una exit. Se infine agisce come rifondatore, si deve prestare maggiore attenzione al processo di valutazione degli asset e delle tecnologie comprate, a quello di reperimento di nuovi fondatori, investitori.
  8. Divisione equa delle quote. Non esistono regole fisse per la suddivisione delle quote che uno studio dà ai co-fondatori. Tuttavia, la quota di capitale che ogni studio ha deve essere ben bilanciata per mantenere i co-fondatori ingaggiati e garantire un buon ritorno agli investitori dello studio. Anche il track record dello studio, il settore su cui si concentra e l’ecosistema locale avranno un ruolo nel determinare la ripartizione delle quote che sia ragionevole. Gli investitori devono prestare molta attenzione in fase di due diligence alla ripartizione delle quote fra le parti.
  9. Capitalizzazione. Creare startup è costoso. Secondo un rapporto pubblicato da GSSN, il budget medio annuale (dati USA) è di 2,3 milioni di dollari per uno studio esperto e di 800.000 dollari per uno emergente (Startup Studio Industry Report 2021, Studiohub). In genere, uno studio non vedrà un ritorno per almeno cinque anni e ciò significa che deve essere ben capitalizzato o avere una strategia efficace di raccolta fondi. Gli investitori devono comprendere le esigenze di capitalizzazione dello studio a seconda della sua geografia, la strategia di finanziamento futura e, soprattutto per quelli emergenti, il modo in cui intendono affrontare il reperimento dei fondi necessari.
  10. Proprietà degli investitori. Un investitore deve essere sicuro che lo studio sia in grado di garantire rendimenti soddisfacenti. In generale, possiamo dire che un buon obiettivo per un investitore è avere il 20% di quote di una startup a prescindere dalla struttura dello studio. Se prendiamo per esempio il modello Dual Entity che prevede una gestione separata ma complementare dello startup studio e della Holding di partecipazioni, ci troviamo davanti a un modello che effettua investimenti diretti al di fuori del bilancio della Holding e che investe nelle startup che lo studio produce. Il Dual Entity Model mantiene allineati investitori e gestori, fornendo capitale sufficiente a basso costo per gli investitori.

Il white paper completo è disponibile gratuitamente sul sito di Mamazen.

Mamazen ha recentemente lanciato sul mercato le startup Pelo Matto, Deeva e Inpoi e accolto nel team Tom Dare, co-fondatore e managing director dello startup studio californiano Science, che entra nel capitale sociale Studio acquisendone l’1% delle quote.

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