Proprio mentre si parla di ritardare l’Agenda digitale italiana, Iab valuta proposte per aumentare fatturato e advertising digitale e lancia il Framework per la pubblicità comportamentale.
Un’occasione per fare il punto sulla digital economy in Italia è la seconda edizione di Iab Events Roma, tenuta nella Sala delle Conferenze di Piazza Montecitorio. Partendo dall’advertising online si è trattata la situazione dell’agenda digitale e dell’economia on-line nel contesto internazionale, sfiorando altri argomenti e concludendo con delle proposte.
L’evento, introdotto da Simona Zanette, presidente di Iab Italia, titolava “Il mercato del Digitale in Italia: opportunità per il nostro Paese e attenzione alla tutela della privacy dell’utente”, una formulazione corretta ed estremamente interessante: sdogana internet dalla sua inerzia tecnologica per renderla in termini di società, ovvero di come modifica il Pil (e la sua struttura) e di quali pressioni impone alla frammentazione della privacy nel mondo.
L’incontro era imperniato sulla presentazione del Framework Oba, Online Behavioural Advertising, uno strumento di educazione degli utenti in rete presentato da Fabiano Lazzarini, general manager di Iab.
“Il framework prevede le icone AdChoices, dalle quali si accede al sito Your on-line choices per la scelta delle impostazioni personalizzate; inoltre c’è un bollino di aderenza al regolamento per i siti, ulteriore garanzia per gli utenti ma soprattutto per gli operatori”.
Il legame in discussione è tra sfera personale e behavioral marketing. “La direttiva e-privacy, da noi recepita il 31 maggio, ha avuto in Europa un iter caotico”, ha detto lo stesso Lazzerini. Ma c’è di più. “La pubblicità comportamentale fa parte del più ampio settore dei big data, quindi raccolta dati e codice di autoregolamentazione proposto da Iab ad un’Europa allargata al quale le aziende devono aderire entro il giugno 2012”, ha per esempio osservato Massimo Vari, Sottosegretario di Stato allo Sviluppo Economico.
Mila Fiordalisi, coordinatrice della prima sessione, ha posto alcune domande interessanti. “Ma al pubblico la privacy interessa?”. Può sembrare una provocazione, ma non lo è, e non inganni la forma interrogativa della frase.
Regole per Autorità competenti
L’argomento complessivo richiamava forzatamente l’Agenda digitale, ma anche ruolo e qualità della Autorità Su quest’ultimo punto si è espresso con grande lucidità Vincenzo Vita, vicepresidente Commissione Istruzione Pubblica: “auspico un cambiamento delle norme di scelta in corso d’opera”, ha detto, aggiungendo subito la speranza che, una volta modificate queste regole, “le persone nominate lascino prima del naturale termine del mandato”. Sarà anche facile dirlo dopo le nomine, ma è meglio sentirlo che non sentirlo. E un tarlo l’ha inserito anche Benedetto Dalla Vedova (Fli): “non vorrei che il tutto privacy si trasformasse in tutto a pagamento”.
Competere per vincere
Marco Vos (The Boston Group) ha presentato dati sull’economia digitale italiana, ma soprattutto suggerimenti e conclusioni. Il consumatore che s’informa su Internet risparmia in Italia una cifra media tra 200 e 600 euro l’anno, mentre in Gran Bretagna il valore percepito dagli utenti sfiora i tremila euro. Un problema italiano non è solo il basso volume dell’e-commerce, bensì la percentuale del Ropo (research on-line, purchase off-line), che nelle nazioni mature è circa al 50% mentre da noi ancora 25% contro 75%. C’è anche una lettura più ampia: “In genere si valutano gli effetti del digitale sul Pil, ma e-commerce B2B e internet advertising non influiscono su quel totale”, ha spiegato lo studioso.
Vos ha orientato le sue informazioni sull’Agenda digitale. “Si partecipa per vincere e l’Italia non può eccellere in tutte e sei le categorie”, ha osservato. “Propongo di puntare su due, massimo tre categorie, con queste quattro proposte: 100% PA digitale, 100% imprese on-line, Iva e-commerce differenziata, eliminazione del contante graduale ma veloce”.





