I numeri dell’open source nella Pal italiana

La diffusione del software libero nella macchina amministrativa nazionale.

I dati sulla diffusione dell’Open Source in Italia, riportati in un recente rapporto Aitech-Assinform sull’Ict nella Pa locale, evidenziano che, a oggi, il suo utilizzo riguarda prevalentemente i sistemi operativi server.

Più del 50% delle regioni e delle province vi fanno ricorso, seguite dai Comuni con circa il 40%. Anche per i sistemi operativi di rete le percentuali sono consistenti, una regione su tre e una provincia su cinque utilizzano, in questo ambito, software a sorgente libero. Il 20% delle province, peraltro, lo utilizza anche in ambito sicurezza.

Lo scenario cambia per le applicazioni di produttività quali l’office automation, la posta elettronica, i sistemi operativi desktop e altri applicativi legati all’attività dell’ente, casi in cui si preferiscono soluzioni proprietarie. Introdurre in una Pa un software open source quando c’è già un buon livello di informatizzazione del personale non è, infatti, una scelta che si ritiene strategica, sia per i costi della formazione che per i tempi tecnici e organizzativi di transizione da un sistema all’altro.

A eccezione delle comunità montane e di un numero limitato di comuni, è così quasi assente l’adozione di software “libero” per applicazioni legate all’attività specifica dell’ente. Il trend testimonia una fase di progressiva espansione del sistema. L’adozione del software aperto può essere una questione economica, ma anche etica e politica. Per la pubblica amministrazione è una scelta che va incentivata e promossa perché comunque vincente.

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