Firma digitale: Intesi supporta lo sviluppo in banca

Certificate da IdenTrust, le componenti PkBox e PkNet di PkSuite dell’integratore milanese abilitano la garanzia di autenticità e integrità delle informazioni nel rispetto della normativa italiana ed europea.

Eroga «a pochi, importanti clienti» servizi in ambito di service, application e demand management ma è nella più diffusa parte prodotti che Intesi Group sta crescendo. Sul mercato dal 1998, è con l’offerta PkSuite che l’azienda privata italiana (intenzionata a ottenere entro fine anno la certificazione Iso 9001:2008 e a raggiungere gli 8 milioni di euro di fatturato), si è da tempo ritagliata una sua posizione anche nell’ambito della sicurezza per la protezione del dato inerente la firma digitale.

La stessa che, applicata a fatture elettroniche, accertamenti, contrattualistica e altro ancora trova soprattutto nelle banche i clienti più interessati a metter mano al portafoglio, tanto che a referenze del calibro di Unicredit e Intesa Sanpaolo vantate dalle realtà milanese, va ad aggiungersi anche il nome di Deutsche Bank che, proprio in Italia, ha dato il via a un progetto pilota di respiro europeo per la firma remota attraverso dispositivi Otp a marchio Vasco.

«Vinto il ballottaggio con il Belgio, l’Italia si è aggiudicata un progetto che ci vede coinvolti in qualità di system integrator – spiega Fernando Catullo, amministratore delegato di Intesi Group – per realizzare soluzioni massive di distribuzione della firma digitale ovviando, con la tecnologia One-time password, i costi di gestione dei dispositivi hardware, già utilizzati per fornire ai clienti di Deutsche Bank i classici servizi di home banking di cui non erano ancora dotati».

Ciò detto, il mondo delle banche non è il solo presso il quale Intesi Group intende proporsi. «Quanto a gestione della carta, le assicurazioni sono messe anche peggio – sottolinea Paolo Sironi, presidente della realtà fondata con Catullo -, ma la normativa di riferimento riassunta in una direttiva europea che lascia ampia interpretazione da Paese a Paese impedisce la diffusione di strumenti come quelli proposti presso le grandi multinazionali».

Anche per questo, a inizio anno, Intesi ha scelto di sottoporre il proprio sistema di firma remota alla certificazione della statunitense IdenTrust che, esclusivamente in ambito bancario, garantisce il valore delle firma digitale a livello internazionale. Spinta dalla decisione di Intesa Sanpaolo «che con IdenTrust ha scelto di essere compliance», in soli tre mesi, a ottenere la certificazione sono stati il server di sicurezza per la gestione delle operazioni di Firma Digitale Massiva a norma di legge PkBox e il toolkit di sviluppo PkNet.

Perché se la sensibilità dei clienti banking si estende anche ai dispositivi biometrici, è sulla firma digitale per realizzare progetti di “office paperless” che si sofferma l’attenzione di Intesi che, sottoscritto un anno fa con InfoCert un accordo di partnership, commercializza attraverso l’ente certificatore per la firma digitale in Italia un servizio di firma remota «che non solo consente ai clienti interessati di non sobbarcarsi i costi di acquisto dei dispositivi dotati di Hardware security module che rimangono in casa nostra, ma permette a realtà come la nostra di vincere, e far vincere, commesse internazionali».

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