Home Digitale Finix: nel 2022 chi sarà davvero data driven avrà vinto

Finix: nel 2022 chi sarà davvero data driven avrà vinto

L’intervista a Danilo Rivalta, di Finix Technology Solutions.

A distanza di un anno dal varo a livello europeo del recovery plan, che in Italia ha portato al PNRR, 01net realizza un’inchiesta, basata su un ciclo di interviste con le principali società che operano in Italia nell’ICT sulla loro strategia per la digitalizzazione delle aziende italiane nel 2022.
Parliamo con loro di quattro temi cardine della trasformazione digitale: resilienza, cybersecurity, cloud, sostenibilità ambientale e sociale e le risposte consentono di costruire la mappa di partecipazione delle realtà ICT alla crescita del Paese in senso digitale.
E c’è un tema in più, il quinto: con spirito consulenziale, chiediamo di fornire agli imprenditori italiani un’idea in più, capace di produrre valore immediato sul piano dell’efficienza e della competitività.

Per Finix Technology Solutions ci ha risposto il Ceo, Danilo Rivalta.

Un anno dopo il Recovery Plan, a che punto siamo con la reale trasformazione del Paese: con quali soluzioni, competenze e servizi partecipate alle missioni del PNRR che coinvolgono il digitale?

Fra gli elementi che ancora rallentano la trasformazione digitale del Paese, riscontriamo una disparità di reale accesso alle opportunità fra le grandi realtà e quelle più piccole. Le grandi gare indette, per come sono strutturate, rischiano infatti spesso di penalizzare tanto le PMI del comparto IT, superate dai “colossi” del settore, quanto il cliente finale – inteso qui come pubblica amministrazione di realtà medio piccole –, le cui necessità non sono lette come prioritarie in uno scenario estremamente ampio. Per questo Finix Technology Solutions si impegna innanzitutto a sensibilizzare le associazioni di categoria su questo tema. Ottenuto l’appoggio di Assintel (l’Associazione Nazionale Imprese ICT), abbiamo messo a punto un piano che possa aiutare a rendere gli investimenti del PNRR più facilmente fruibili per la piccola e media impresa, immaginando di ricorrere a gare di dimensioni più locali, così da arrivare a raggiungere con la trasformazione digitale tutto il tessuto economico italiano (PA, comuni, ospedali), in maniera capillare.

A tale scopo, abbiamo già sottoposto ai ministeri competenti tre idee: due orientate a due settori cardine, il turismo e la sanità (con un progetto per gli ospedali e uno per i medici di base, con la consultazione online); e uno all’insegna dell’edge computing che abbiamo chiamato “cloud dei territori”, per mettere a disposizione delle PMI del settore IT una rete che vada da un minimo di 7 ad un massimo di 14 data center, pensata seguendo la metodologia e l’infrastruttura del cloud unico nazionale per esserne un’estensione a livello locale.

Il 2021 è stato l’anno in cui il tema della cybersecurity è atterrato in tutte le imprese. Quali prospettive concrete vi siete dati per il 2022?

Ci sono circa 400 mila malware generati ogni giorno nel mondo: non è più possibile per un antivirus proteggere adeguatamente i dati (come testimoniano anche i recenti fatti di cronaca). Per questo, Finix sta cercando di offrire prodotti per la cybersecurity che vadano al di là della semplice e datata logica dell’antivirus, sondando il mercato alla ricerca di startup e scaleup con soluzioni all’avanguardia da inserire all’interno del nostro HUB di innovazione, per portare valore nel nostro portfolio.

Soluzioni come Morphisec che, con la sua tecnologia Moving Target Defence, protegge i dati rendendoli indisponibili agli attacchi, modificando la struttura e la posizione nella memoria; o come SentryBay, che garantisce la sicurezza dei network aziendali tramite la protezione di tutti i singoli end-point, inclusi quelli non gestiti (strategia premiante, se pensiamo ai pericoli derivanti dal ricorso massivo allo smart working a partire dall’emergenza Covid).

Componente fondamentale della trasformazione digitale è il cloud. Quali sono le scelte che dovranno compiere le aziende italiane nel 2022?

Il passaggio al cloud è imprescindibile: la scelta riguarda solo la tipologia. I modelli che possono essere implementati, infatti, non sono tutti uguali. La tentazione di esternalizzare tutto su un cloud pubblico è per molte realtà forte e comprensibile, poiché si ritiene possa essere la scelta giusta per eliminare del tutto i problemi legati all’implementazione di un’infrastruttura IT. Ma, al di là dei costi (ad un certo livello di attività l’utilizzo del cloud pubblico inizia a pesare significativamente sui conti), ci sono altre considerazioni da fare.

Per esempio, così come esiste il problema dell’essere hardware-independent, esiste anche il problema dell’essere cloud-provider-independent: è fondamentale che, in caso di problemi di servizio o aumento sproporzionato dei costi, una azienda possa cambiare provider senza che le sue attività si interrompano, o che possa condurre analisi di AI/ML, sia predittive che prescrittive sui propri dati, in modo autonomo, senza vincoli dettati dal cloud-provider.

La tendenza di portare tutto sul cloud pubblico, sia per quel che riguarda le aziende, sia per quel che riguarda le PA, con il cloud nazionale, va a nostro avviso bilanciata. E, d’altra parte, bisogna saper scegliere fra “totalmente pubblico” e “totalmente privato”. Come spesso accade, la scelta migliore si trova nel mezzo, con il ricorso al cloud ibrido. Il cloud ibrido rappresenta infatti molto spesso la soluzione ottimale in termini di efficienza, sicurezza e rispetto della natura sensibile di determinati dati (permettendo di lasciarli sulla porzione di cloud privata). Tanto Finix quanto Fujitsu, che Finix commercializza in esclusiva per l’Italia, hanno ormai impostato il loro approccio al mercato per quanto riguardo questi temi come prettamente consulenziale, rispondendo alle domande delle imprese e delle PA, guidandoli passo passo nella scelta del modello di cloud più giusto per la loro situazione specifica (quanta quota privata e quanta pubblica), così come nel decidere cosa archiviare nel cloud privato e cosa nel pubblico. 

Dopo il Cop26 si è capito che la sostenibilità, sia ambientale sia sociale, oramai riguarda non solo tutti i Paesi ma anche tutte le aziende. Qual è la vostra strategia riguardo questi temi?

La nostra convinzione è che debba esserci una convergenza fra transizione digitale ed ecologica: tecnologia e sostenibilità devono andare insieme, anzi la prima deve supportare la seconda. Per questo, abbiamo già incluso all’interno del nostro Hub di innovazione soluzioni come FoamFlex, la spugna nata dalla scaleup bresciana Test1 che è in grado di assorbire gli idrocarburi e i loro derivati (ossia tutti gli agenti inquinanti oleosi) dalle acque, ripulendo mari, fiumi e laghi dagli effetti dei disastri ambientali (provocati, ad esempio, dall’oil spilling) grazie a una tecnologia innovativa e brevettata. Con lo stesso scopo, stiamo inoltre lavorando al lancio di una nuova startup, impegnata su un progetto di intelligenza artificiale rivoluzionario, che permetterà di analizzare un’enorme mole di dati riguardo la qualità dell’acqua e dell’aria – in un edificio, in una struttura, o anche in una determinata zona – al fine di inviare le informazioni elaborate a dei sensori hardware che possano intervenire in autonomia per ripulire l’ambiente in base alle necessità emerse dall’analisi.

L’idea ICT del 2022

Se doveste proporre un unico investimento (prodotto, soluzione, metodologia) a un’azienda italiana, una scelta capace di produrre da subito un beneficio a livello di efficienza e competitività, su cosa verterebbe il vostro consiglio?

Lavorare per diventare il più possibile una realtà data driven. Prendere decisioni basate sui dati è fondamentale, è la condizione necessaria per poter lavorare su ogni altro aspetto legato tanto al comparto IT, quanto al business in senso lato.

Prendiamo ad esempio la precedente discussione sulla scelta cloud, in cui la cosa più importante è assicurarsi che la decisione su quale tipo di cloud utilizzare sia la migliore per le mie particolari esigenze. A questa scelta esistono risposte data driven, dunque non teoriche ma basate sui dati raccolti durante l’utilizzo da parte di milioni di utenti nel mondo, che un esperto infrastrutturale competente deve poter offrire ai propri clienti per analizzare i propri workload, identificare i punti critici e disegnare la soluzione migliore (in termini di flessibilità, di TCO, di operabilità dei dati ecc).

Su questo aspetto di migrazione al cloud, Finix offre (in collaborazione con Fujitsu) strumenti di data governance, validi in molteplici situazioni di decision-making. Di recente e proprio a questo scopo, Finix ha anche siglato una partnership con Denodo, realtà esperta nella “virtualizzazione dei dati”, un approccio che consente alle aziende di unificare in un singolo livello dati con origini diverse in modo da facilitarne l’utilizzo e la fruizione da parte degli utenti che ne hanno accesso, delle applicazioni e degli strumenti di reporting.

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