Fiere virtuali? No, grazie

Stando a una ricerca realizzata dal Cermes dell’Università Bocconi, per conto di Comitato Fiere Industria, in Italia la virtualizzazione degli eventi fieristici sarebbe ancora un fenomeno limitato che non sfrutterebbe le potenzialità di Internet

13 giugno 2002 L’offerta si sviluppa laddove esiste la domanda.
Nel caso italiano della virtualizzazione degli eventi fieristici è limitata
perché limitata è la richiesta e la propensione all’investimento da parte delle
aziende italiane. È quanto emerge dalla ricerca commissionata al Cermes – Centro
Ricerche sui Mercati e sui Settori Industriali – dell’Università Bocconi di
Milano, svolta per conto del Cfi, Comitato Fiere Industria. All’ordine del
giorno i servizi online e la virtualità delle manifestazioni internazionali
quali veicolo per le future attività degli enti organizzatori del settore
che Cfi, in parte, rappresenta.

Ma qual è l’effetto esercitato
dalle nuove tecnologie dell’informazione, Internet in testa, sul sistema
fieristico non solo di casa nostra?
Se da una parte non è possibile
sottovalutare le potenzialità offerte dagli strumenti di nuova generazione anche
a realtà aziendali di medie e piccole dimensioni, dall’altra va detto che gli
investimenti a sostegno delle attività fieristiche virtuali, spesso e
volentieri, hanno semplicemente portato al lento proliferare di siti
‘vetrina’.
Queste le prime evidenze emerse dall’analisi condotta dal Cermes
che, nell’intento di analizzare la presenza fieristica italiana sul Web e di
compararla con i migliori benchmark internazionali, ha analizzato i siti
Internet di 168 manifestazioni, nell’80% dei casi riservate agli operatori di
settore. Stando alle rilevazioni effettuate risulterebbe che il 95% delle
manifestazioni italiane di livello internazionale dispone di un proprio sito nel
quale, generalmente, vengono inserite informazioni sulla manifestazione, offerta
espositiva, gamma dei servizi fieristici disponibili e, a volte, acquistabili
online. Ma il livello informativo offerto è spesso superficiale sia per quanto
concerne gli aspetti a corollario della manifestazione, sia per quanto concerne
le informazioni sui mercati di riferimento e il target della manifestazione.
Ancora limitato, inoltre, il numero dei siti che consentono di acquistare
direttamente da Internet servizi collaterali all’evento fieristico. Tutto
sommato, però, i risultati ottenuti dall’indagine italiana non si discostano di
molto da quelli dei 35 siti benchmark analizzati. Ma mentre i siti di casa
nostra sono sostanzialmente allineati a quelli di riferimento sotto il profilo
della navigabilità, multimedialità e altro, sotto quello estetico li
superano mostrando maggior armonia grafica e cromatica.

Lo
scopo degli organizzatori?

Nella maggioranza dei casi migliorare
l’informazione e la promozione dei propri servizi, mentre l’obiettivo di
originare nuovo fatturato o nuovi modelli di business sarebbe del tutto
marginale. Ancora numerosi, inoltre, gli organizzatori che non utilizzano alcun
strumento di verifica del proprio investimento ‘virtuale’, rispetto a quello
reale. Non stupisce allora che la promozione del sito presso motori di ricerca –
vero moltiplicatore dei contatti – sarebbe effettuato in meno della metà dei
casi considerati. Da notare, infatti che, se da una parte il numero di
visitatori virtuali risulta inferiore, rispetto a quelli reali, solo nel 33% dei
casi l’accesso al sito della manifestazione passa attraverso motori di ricerca o
simili. A quanto pare, bisognerà attendere ancora un bel po’ di tempo prima di
assistere all’affermazione delle fiere online a dispetto di quelle
fisiche…

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