Facebook quotata nel 2011?

Il volume degli scambi azionari tra dipendenti potrebbe non essere conforme allo spirito della normativa regolata dalla Sec. Sotto esame anche Twitter e LinkedIn.

Internet continua a mettere pressione alle normative esistenti, spingendo per un controllo diverso più che maggiore. Il più recente degli elementi riguarda Facebook, il cui valore è in fortissima crescita e il cui pacchetto azionario è molto mobile, benché l’azienda non sia ancora quotata in borsa.

L’attuale meccanismo di regolazione degli Stati Uniti prevede che le aziende con oltre 500 azionisti debbano essere quotate in borsa. Nel corso dell’ultimo anno Facebook ha triplicato il suo valore, sorpassando i 42 miliardi di dollari e cedendo piccole quote ai suoi dipendenti, che le scambiano.
Guardando gli scambi intercorsi negli ultimi tempi, il volume complessivo ha destato l’interesse della Sec che ha chiesto a Facebook più informazioni al riguardo, garantendo un occhio di riguardo per quanto concerne le azioni di proprietà dei dipendenti, che già erano ammesse benché in quantità limitate.
Questo potrebbe preludere ad una richiesta di rendere pubblici i bilanci e quindi ad una Ipo, un argomento sul quale altre volte la stampa statunitense ha anticipato o speculato. La quotazione in borsa sarebbe perlomeno anticipata rispetto ai desideri dell’azienda on-line: più volte nel passato è girata la voce che la dirigenza del “libro dei volti” desiderasse non andare mai in borsa.

Un precedente molto simile riguardò Google e un analogo trattamento potrebbe riguardare Twitter e più avanti anche LinkedIn. In conseguenza della rapida creazione di fortune su Internet, la Sec potrebbe rendere più stringente la richiesta d’informazioni e la pressione, in caso non si rispetti lo spirito delle norme in vigore. Recentemente si è assistito ad un allungamento del periodo nel quale una start-up resta privata, rispetto ad una precedente corsa alla quotazione.

Il caso Facebook potrebbe diventare d’importanza essenziale per i regolamenti futuri, in quanto non è possibile assegnare un valore ad azioni di aziende delle quali non si conoscono le principali metriche finanziarie, a partire da profitti e perdite.

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