Esperto di rete cercasi

Secondo Cisco, nel 2008 in Italia mancheranno 20.000 esperti di rete. Un’affermazione forte, che cerchiamo di contestualizzare

La pubblicazione, alcune settimane fa, sul nostro portale www.01net.it, della notizia secondo la quale nel 2008 in Italia mancheranno 20.000 esperti di rete (dai risultati di una ricerca Idc, commissionata da Cisco) ha scatenato forti polemiche da parte dei lettori. Linea Edp ha, quindi, interpellato Luca Lepore, Cisco Networking Academy Program Manager, per meglio analizzare le affermazioni fatte.

La ricerca


L’analisi, condotta nella primavera 2005 in 31 paesi (tutta l’area Ue, più Norvegia, Svizzera, Bulgaria, Croazia, Romania, Russia, Turchia e Ucraina) ha, infatti, sottolineato che, fra due anni, nel Vecchio Continente si soffrirà la mancanza di circa mezzo milione di figure specializzate in IP telephony, sicurezza e wireless.


Le persone intervistate telefonicamente (oltre 950 Cio di aziende operanti in settori verticali: governativo, aziendale, Tlc, sanità e istruzione) erano rappresentative di aziende di tutte le dimensioni. In relazione all’Italia, la ricerca ha evidenziato un aumento della mancanza di competenze sulle tecnologie avanzate dal 7% nel 2005 al 10% nel 2008 (11% per la sicurezza, 7% per il wireless e 9% per l’IP telephony). A guardare i numeri, nel nostro paese, entro la stessa data vi dovrebbe essere una carenza di oltre 20.000 professionisti esperti nelle nuove tecnologie di rete.


Secondo il 72%, poi, la certificazione professionale è di fondamentale importanza mentre la metà delle imprese che nell’ultimo anno ha effettuato assunzioni (circa un terzo del campione) ha dichiarato di aver riscontrato difficoltà nel trovare figure con competenze adeguate alle esigenze.


In particolare, secondo il 70% degli intervistati, la competenza professionale in ambito sicurezza assumerà un ruolo sempre più importante, a seguire il wireless e la telefonia IP. Le realtà meno progredite nell’utilizzo della rete (57%) sono quelle del settore pubblico mentre i service provider di Tlc sono i più avanzati (87%).

Le obiezioni


Questo quanto risulta dall’indagine Idc/Cisco, che ha dato luogo a una levata di scudi da parte di chi il mercato del lavoro lo vive sulla propria pelle. Dalle molte e-mail ricevute in redazione è emerso un comune denominatore: lo scetticismo.


I lettori hanno sottolineato come il tunnel dello stage, la crescente difficoltà a ricollocarsi, il mancato sostegno alla formazione da parte delle imprese, i tagli da parte di quelle di maggiori dimensioni, il clima dimesso che sta caratterizzando l’Information technology danno un’impressione nettamente diversa rispetto a quella evidenziata dalla ricerca Idc.


«La parola chiave è "competenza" – sottolinea Lepore -. Quelle necessarie alle aziende non sempre sono quelle di cui le persone sono dotate. Se trovano la specializzazione di cui hanno realmente bisogno, le società continuano a investire».


All’osservazione che il presente è sempre più caratterizzato da contratti temporanei e che il futuro, probabilmente, premierà con poche centinaia di euro di stipendio chi, per vicissitudini varie, dovrà cercare un nuovo posto di lavoro, il manager risponde mettendo l’accento sul fatto che i contratti precari sono, spesso, riservati a risorse con competenze base di cui l’offerta è ampia. «Si tratta di luoghi comuni sbagliati – continua Lepore -. Questa ricerca ha i limiti di ogni studio fatto su larga scala dove da un campione si derivano degli assunti. Ciò non toglie però, che è il modello esistente a non preparare adeguatamente le persone per entrare e rimanere nel modo migliore all’interno del mercato del lavoro. È il caso di quegli ingegneri, magari tra i quaranta e i cinquant’anni, esperti di soluzioni tecnologiche che non sono più quelle maggiormente utilizzate dall’azienda. Questo non vuol dire che siano diventati obsoleti ma che serve una formazione continua, per cui devono mettersi in gioco per competere con i giovani, su cui più spesso le imprese puntano».


Purtroppo, sono solamente le imprese internazionali a essere dotate delle risorse necessarie per formare i dipendenti. «Il tessuto imprenditoriale italiano è fatto principalmente di Pmi che non hanno né tempo né fondi per la formazione interna», aggiunge Lepore.


Quindi da "competenza", la parola chiave diventa "formazione". Necessaria, fondamentale, imprescindibile. Che parte dalla scuola e prosegue in azienda. Passando per scuole certificatrici.


E qui sta l’inghippo o, a seconda dei punti di vista, la chiave di volta. Cisco ha, infatti, dato vita a un programma per formare figure professionali specializzate nell’ambito delle reti: le Networking Academy, un circuito composto da centri di formazione professionale, università, istituti secondari e Pubblica amministrazione locale. Corsi pubblici ma più spesso a pagamento; talvolta, ma non sempre, finanziati da fondi sociali europei. «Esiste sicuramente il problema dell’accessibilità alla formazione – prosegue il manager -, ma essere dotati di certificazioni aziendali può essere di grande supporto. La gavetta, però, non riguarda solo l’Ict ed era così anche in passato».


Tornando sui risultati della ricerca Idc, Lepore ammette che si tratta di "desiderata": «A mio parere, si tratta di numeri potenziali ragionevoli. Ci sono ricerche di personale aperte in maniera permanente, soprattutto su Milano e Roma. Noi stessi segnaliamo dei curricula, anche se non molti, perché le competenze richieste raramente trovano espressione nei candidati. Se così fosse, invece, il numero di persone che verranno inserite in organico potrebbe davvero essere molto simile alla soglia dei 20.000 indicata dalla ricerca, anche se la sicurezza al 100% non la si può avere». Ma una domanda esatta sulle effettive intenzioni di assumere esperti di reti, realmente specializzati, non pare essere stata fatta.

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