Eni e Microsoft: quando l’unified communication cambia le regole

Esperienze che dimostrano come la rimozione di alcuni ostacoli operativi e culturali è la chiave necessaria per un’adozione di successo.

Le tecnologie di Unified Comunication & Collaboration (UC&C) pur registrando un elevato grado di penetrazione nelle imprese italiane scontano il fatto di non essere ancora utilizzate in modo pervasivo, come è stato evidenziato dalla ricerca presentata al recente convegno UC&C: se la tecnologia cambia lo spazio di lavoro”, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.
Iniziativa che ha anche dato spazio a quelle esperienze fatte da aziende che prima di altre si sono date l’obiettivo di abbattere determinati ostacoli il cui peso blocca il raggiungimento di significativi benefici.

“In Eni ci siamo accorti che le funzionalità messe a disposizione attraverso le UC&C avevano un tasso di utilizzo intorno al 20%, del tutto insoddisfacente rispetto agli sforzi compiuti per la loro implementazione– racconta Gabriele Chiesa dello staff It dell’azienda – . Dodici mesi fa abbiamo quindi iniziato un processo volto ad aumentare questo tasso e oggi stiamo raccogliendo i primi frutti”.

Per prima cosa lo staff coordinato da Chiesa ha cercato di capire quali fossero gli ostacoli a un maggiore utilizzo degli strumenti per condividere contenuti che erano stati messi in atto grazie alle UC&C: “Abbiamo fatto dei focus group con diverse tipologie di key user, dal personale amministrativo ai geologi che si occupano di esplorazione dei nuovi giacimenti, e nella pratica ci è stato detto che queste soluzioni non si capivano”.

Ancora una volta quindi, quando si parla di poco successo delle iniziative It, uno dei fattori risulta essere l’informatichese: “Abbiamo quindi iniziato un processo di revisione che ha sostituito tutte le parole tecniche dell’It che erano presenti nelle nostre soluzioni con i termini di business utilizzati normalmente dagli utenti, ma questo certamente non poteva bastare e abbiamo deciso che potevamo provare a stupire i nostri interlocutori”.
Come se fosse una vera e propria iniziativa per clienti esterni è stato quindi creato un marchio “eniWave” a cui è seguito il lancio di un sito che raccoglie sotto un’interfaccia unica tutte le applicazioni di UC&C disponibili per gli utenti, queste naturalmente presentate in un modo comprensibile alle persone di business.
“A nove mesi dall’avvio di eniWave abbiamo registrato un incremento di utilizzo degli strumenti UC&C pari al 55%, mentre le sessioni di collaborazione attivate mensilmente sono più che raddoppiate: da 560.000 a 1.240.000. Inoltre, ogni giorno sono circa 17.000 gli uteni che accedono a eniWave per recuperare uno dei servizi disponibili”. Una cosa di non poco conto è il fatto che la platea a cui si rivolge eniWave ammonta a circa 28.000 utenti abilitati presenti in 81 Paesi diversi.

Grazie all’adozione massiva delle tecnologie UC&C anche Microsoft, sta iniziando a studiare nuove possibilità di organizzazione del lavoro: “Quando arrivo nel nostro ufficio di Roma, io non trovo una mia scrivania – racconta Pierpaolo Boccadamo, platform strategy director della filiale italiana della società -, se un mio collaboratore ha un problema familiare urgente dovuto a una momentanea malattia di un figlio piccolo non deve correre come un matto per arrivare in ufficio a iniziare a lavorare. Grazie alle soluzioni UC&C implementate, ognuno di noi può entrare nel suo spazio lavorativo a prescindere dal posto di lavoro fisico vero e proprio”.
Per arrivare a questo risultato è stato però necessario non solo implementare delle tecnologie: “Abbiamo studiato la situazione sotto molto punti di vista e quindi abbiamo visto che è necessario cambiare diverse regole aziendali relative sia alla presenza che alla privacy; la chiave di volta però è capire che al centro di un progetto UC&C c’è la persona e non degli strumenti tecnologici”.

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