E se l’It in Italia imparasse a contare di più?

Alla vigilia della nuova finanziaria, per il comparto Ict diventa preoccupante l’assenza di peso politico. E se si cominciasse a pansere in temrini di lobby?

16 ottobre 2003 La legge finanziaria si appresta ad affrontare l’esame del parlamento.
Già si parla di “assalto alla diligenza” intendendo con questa espressione la solita marea di emendamenti grandi e piccoli che cercheranno di premiare il collegio del tale onorevole o quel particolare settore economico.
Per questo nei palazzi romani sono già in fibrillazione i lobbisti che hanno il compito di fare approvare misure favorevoli ai loro clienti.
Fra questi non ci saranno quelli dell’Ict semplicemente perché l’Ict a oggi non ha ancora raggiunto l’unità che gli permetta di avere una linea comune e usufruire dei servizi di qualche lobbista.
L’eterno problema è sempre quello: l’Information & communication technology in Italia non conta nulla.
E’ un settore che non ha peso politico. Per questo le lamentele del presidente di Assinform cadono nel vuoto e le proposte di un’altra associazione come l’Anfov (l’associazione per la convergenza) vengono sistematicamente ignorate.
Ma a questo punto crediamo sia il caso di creare una vera lobby che non accetti supinamente ciò che il governo propone (meglio di nulla) ma anche all’interno delle associazioni industriali faccia pressione perché l’Ict venga presa seriamente in considerazione.
Se no bisogna accontentarsi di misure discutibili come il pc per i ragazzi di 16 anni o accontentarsi del facile unanimismo del manifesto di Smau.

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